lunedì

SCHEDE LIBRI DI ANTONELLA RANDAZZO


Di ogni pubblicazione sono riportati l'indice e l'introduzione. Per sapere come ordinarli andare in fondo a ogni scheda.



E' USCITA LA
NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA DEL LIBRO DI
ANTONELLA RANDAZZO

LA NUOVA DEMOCRAZIA. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa

EDIZIONI ESPAVO - Pagg. 519

Da quando è stata creata la zona euro, sembra che la potenza imperiale statunitense non abbia più potere sul nostro paese.
I mass media parlano poco degli Usa, e soltanto in alcune occasioni, ad esempio, in occasione dell’elezione del presidente o in casi di terrorismo, di interventi bellici o di visite diplomatiche.
Alcuni media, in particolare la rete Internet, parlano da tempo del presunto declino del potere Usa, e della perdita di valore del dollaro.
Ma è davvero così?
La superpotenza americana è in crisi?
E’ davvero lontana dai luoghi di potere dell’Unione europea?
Qual è la sua vera realtà e il suo potere nel mondo attuale? ...continua





Antonella Randazzo

STORIA DELLA LIBERTÀ
Grandi e piccole azioni, pensieri, speranze e progetti di libertà


Riusciranno gli italiani a liberarsi dall’oppressione dei “mercati” e dei governi di austerity?
Qual è il peggiore nemico della libertà degli italiani?
Ma cos’è la libertà? E’ uno stato dell’essere o un assetto sociale?
Viviamo in un sistema fondamentalmente libero?
Oppure ci illudiamo di essere già liberi per non affrontare il disagio di chi si accorge di essere schiavo?
Questo libro parla di libertà: di eventi, di idee, di speranze, di progetti e di percorsi di libertà. Parla di fatti concreti, ma anche di progetti di alcuni italiani, miranti a produrre libertà nel nostro paese.
E’ un libro adatto a chi crede di essere, o di poter essere, libero. A chi non ha paura di aprire gli occhi su realtà sgradevoli, la cui consapevolezza può consentire di avere una libertà che non sia pura illusione... continua





Antonella Randazzo

I SEGRETI DEL PALLONE
Passione, potere e calcio nella realtà italiana


Una tazza di tè “corretta” con droghe, una partita che è un appuntamento con la morte, strani movimenti, e non solo di muscoli, criminali da smascherare, cecità e paralisi, ma anche passione, emozioni forti e identificazione.
Elementi che formano un mix esplosivo, che rende questo libro coinvolgente come un romanzo.
Ma c’è una differenza: i fatti raccontati sono tutti veri.
Il calcio è uno sport che coinvolge e appassiona. Ma anche molto di più… Continua






Antonella Randazzo

HOMO GREX
Un viaggio dall’Humanitas al Grex e ritorno

Pur essendo venuto allo scoperto che circa l’1% sottomette e opprime il restante 99% della popolazione, il sistema è rimasto invariato. È evidente che non basta capire la realtà per cambiarla, ed è risultato inutile protestare contro chi non ha alcun interesse a cambiarla Lo scrittore Lev Nikolaevič Tolstoj, in riferimento all’oppressione coloniale inglese in India, ebbe a dire: “Una compagnia commerciale assoggettò una nazione di duecento milioni di persone! Raccontatelo ad un uomo libero dalla superstizione, ed egli non riuscirà a capire che cosa significhino queste parole, che cosa significa che trentamila uomini… ne hanno sottomessi duecento milioni?”
Cosa ci guadagnano i popoli a credere che lo stesso sistema dittatoriale darà loro la possibilità di scegliere la libertà?...continua





Antonella Randazzo

DAL FASCIO ALLO SFASCIO
Conoscere l’Italia per sapere cosa sta accadendo


Per molto tempo, le parole ricorrenti sui giornali stranieri che puntavano l’attenzione sull’Italia non erano affatto lusinghiere: c’era chi parlava di un pericolo “bancarotta dello Stato” , e chi invocava il “salvataggio”.
Cosa sta accadendo realmente in Italia?
Perché ci troviamo così bersagliati?
Perché gli italiani sono sempre più poveri?
Perché l'Italia dovrebbe svendersi o "sacrificarsi"?

Questo libro nasce per capire meglio la situazione in cui ci troviamo, e soprattutto per far emergere i modi possibili per uscire dalla situazione attuale... continua




Antonella Randazzo

DITTATURE. La Storia Occultata

Quante domande la Storia ufficiale lascia senza risposta: chi pagava le armi dei poverissimi rivoluzionari russi?
Chi rese forte in pochi anni la Germania di Hitler? Perché molti ebrei non furono salvati nemmeno quando chiesero asilo agli ebrei nei territori dell'attuale Israele? Cos'è veramente la globalizzazione? Chi paga le guerre africane? Quali sono le vere ragioni che costringono migliaia di persone a fuggire dal loro Paese rischiando la morte? Perché l'Occidente, che si professa evoluto e scientificamente avanzato, non è capace di salvare molti esseri umani dalla morte per fame?... continua




Antonella Randazzo

RIVOLUZIONI E GUERRE.
La verità sui conflitti del XX secolo


Non si può capire appieno il presente se non si conosce il passato. Gli equilibri e le egemonie di oggi dipendono dai conflitti del XX secolo. Questo libro offre una nuova chiave di lettura delle guerre rivoluzionarie e controrivoluzionarie, scoppiate in moltissimi paesi durante lo scorso secolo. In seguito all’analisi dei documenti resi accessibili a partire dagli anni Novanta, sono emersi nuovi fatti assai chiarificanti... continua




Antonella Randazzo

IL TRAVAGLIATO TRAVAGLIO.
Lo strano caso di un informatore disinformato


Sono ormai in molti a parlare della disinformazione imperante nei nostri media di massa attuali. Il paradosso è che alcuni di coloro che ne parlano dai canali ufficiali coincidono con gli stessi disinformatori. E' ovvio, se queste persone stanno scrivendo o parlando da quei canali, potrebbero essere proprio loro ad informare correttamente, dicendo tutte le cose importanti che i cittadini devono sapere. E invece non lo fanno... continua




Antonella Randazzo

PIRATI & MAFIOSI.
La vera Storia del crimine organizzato


Sono stati scritti molti libri sulla mafia, ma è stato detto tutto?
Gli italiani sanno cos’è davvero la mafia? E’ davvero "made in Italy" come alcuni credono?
Alcune regioni d’Italia sono soffocate dalle organizzazioni di tipo mafioso, e queste organizzazioni criminali incidono non poco sulla vita di molte persone. Eppure gli italiani ignorano molte cose sulla mafia... continua




Antonella Randazzo

OLTRE L’ERA DELL’INGANNO
Verità impietose sulle truffe che soggiogano i popoli


Il Premio Nobel Harold Pinter disse: “Ciò che ci circonda è un grande arazzo di menzogne su cui ci nutriamo”.
Negli ultimi anni, sempre più persone si stanno accorgendo dell’esistenza di questo “arazzo di menzogne”. Schiere di politici, giornalisti e pseudo-intellettuali, non bastano più a proteggere “l’arazzo”. Truffe e menzogne stanno emergendo, e da ciò deriva una maggiore consapevolezza.
Il libro “Oltre l’era dell’inganno” ha come obiettivo principale quello di fare il punto sulla consapevolezza raggiunta in tutti i settori importanti dell’esistenza umana: Scienza, Storia, Economia, Finanza, cultura e comunicazione... continua




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mercoledì

NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA! LA NUOVA DEMOCRAZIA. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa



E' USCITA LA NUOVA EDIZIONE DEL LIBRO DI

ANTONELLA RANDAZZO

LA NUOVA DEMOCRAZIA. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa

EDIZIONI ESPAVO - Pagg. 519



Da quando è stata creata la zona euro, sembra che la potenza imperiale statunitense non abbia più potere sul nostro paese.
I mass media parlano poco degli Usa, e soltanto in alcune occasioni, ad esempio, in occasione dell’elezione del presidente o in casi di terrorismo, di interventi bellici o di visite diplomatiche.
Alcuni media, in particolare la rete Internet, parlano da tempo del presunto declino del potere Usa, e della perdita di valore del dollaro.
Ma è davvero così?
La superpotenza americana è in crisi?
E’ davvero lontana dai luoghi di potere dell’Unione europea?
Qual è la sua vera realtà e il suo potere nel mondo attuale?

L’edizione aggiornata del libro LA NUOVA DEMOCRAZIA fa luce sulla situazione degli Usa, con riferimento al rapporto con l’Europa e il resto del mondo.
Conoscere lo Stato dell’Impero significa capire molti fatti poco comprensibili, in primis i continui allarmi del cosiddetto “mercato”, e il controllo politico-economico che ha determinato l’aumento della povertà anche nei paesi europei.
La conoscenza della situazione degli Stati Uniti rappresenta una chiave necessaria per comprendere i più importanti eventi geopolitici del nostro Pianeta.


Con la sconfitta del nazifascismo, i vincitori ci hanno fatto credere che i peggiori dittatori fossero stati spazzati via dalla Storia.
Ma oggi, con l'apertura di nuovi archivi storici, alla luce di nuovi documenti e di nuove testimonianze, siamo in grado di sostenere che non è così. I crimini sono stati soltanto spostati dall'Europa alle aree del Terzo Mondo, col pretesto di "portare la libertà" ai popoli. In nome della libertà e della democrazia vengono ad oggi attuati innumerevoli crimini e genocidi.
Il titolo "La Nuova Democrazia", riprende la definizione che il dittatore Augusto Pinochet dette alla nuova situazione cilena creatasi dopo il massacro di migliaia di persone e la soppressione del governo eletto democraticamente di Salvator Allende. La Nuova Democrazia è una "democrazia senza popolo". Le "Nuove Democrazie" sono oggi tantissime, attuate e ancora, tragicamente, da attuare. Il mondo di oggi è tutt'altro che liberato da coloro che si arrogano il potere di commettere crimini, nel nome di un'ideologia che trova nel profitto e nel potere il suo unico Dio.

Questa sconcertante realtà ci viene resa incomprensibile dai media, che mostrano immagini raccapriccianti di bambini in fin di vita per la fame e non ci spiegano a cosa tutto ciò è dovuto. Impediscono l'emergere del paradosso di un Occidente che si professa evoluto e scientificamente avanzato, ma che non è capace di salvare molti esseri umani dalla morte per fame.
E' arrivato il momento di mettere tutti i tasselli del puzzle al loro posto, per rendere possibile la totale comprensione della realtà. Per capire cosa è realmente il "terrorismo", cosa sono i "mercati" e che caratteristiche ha quel potere definito "finanza internazionale".
Questo libro è oggi pubblicato senza alcuna censura, e aggiornato fino ai giorni nostri,
per chiarire quali sono gli equilibri geopolitici, e perché in un mondo che esalta i progressi tecnologici si muore per fame ed esistono numerosi focolai di guerra.
Nonostante il libro faccia impietosamente luce sugli orrori di cui alcuni esseri umani sono capaci, le conclusioni non sono pessimistiche. Al contrario, l'idea di fondo è che scovare i crimini sia il primo passo per non renderli impuniti e per realizzare un mondo migliore. Il libro non individua soltanto i crimini del gigante imperiale, ma anche i suoi piedi d'argilla.



INDICE

INTRODUZIONE.....................................................................7

CAPITOLO I - QUANDO IL NEMICO ERA COMUNISTA...21

CAPITOLO II - LA CIA E I SUOI CRIMINI.........................113

CAPITOLO III - RELIGIONE E IMPERO...........................153

CAPITOLO IV - FINZIONE E REALTA' ............................177

CAPITOLO V - UTILI ESTREMISMI E FONDAMENTALISMI..245

CAPITOLO VI - I RIBELLI ALL'IMPERO..........................295

CAPITOLO VII - AMICI E NEMICI DI OGGI...................359

CONCLUSIONI...................................................................463

BIBLIOGRAFIA..................................................................483



INTRODUZIONE

Tutti noi ci siamo chiesti almeno una volta perché al mondo tante persone siano costrette a vivere in condizioni di estrema sofferenza: la fame, la guerra, la miseria e lo sfruttamento riguardano miliardi di persone. Capire e trovare risposte è possibile, ma implica necessariamente il prendere atto che dietro queste sofferenze ci sono dei precisi responsabili. Persone che hanno il potere di imporre al mondo intero un sistema iniquo, in cui il privilegio e l'avidità di pochi corrispondono alla sofferenza e alla condanna di molti.
Nel 1948, George Kennan, un funzionario del Dipartimento di Stato Usa, confessava:
"Possediamo il 50 per cento della ricchezza mondiale, ma solo il 6,3 per cento della sua popolazione. In questa situazione, il nostro vero lavoro nel periodo a venire è di escogitare uno schema di relazioni che ci permetta di mantenere questa posizione di disparità. Per farlo, dobbiamo abbandonare ogni sentimentalismo... dovremmo smetterla di pensare ai diritti umani, all'innalzamento del tenore di vita e alla democratizzazione" (1).
Questa verità viene tenuta nascosta, mentre vengono propagandate presunte motivazioni "etiche" e "umanitarie" della politica americana. Nella propaganda mediatica non contano i fatti ma le percezioni. Come sostiene George Bush junior, la verità non è ma "si costruisce", e "le percezioni contano più dei fatti"(2) . I media spostano l'attenzione per nascondere fatti e responsabilità. Chi indica i fatti diventa "'antiamericano", oppure "antioccidentale" o "antipatriottico". Allontanare i fatti e i responsabili dalla realtà mediatica fa parte del progetto di nascondere la verità sul mondo.
Alla fine della Seconda guerra mondiale il mondo usciva dall'incubo della guerra, con una grande fiducia di poter ricostruire ciò che era stato distrutto e, soprattutto, con la certezza di aver eliminato il "mostro" nazista. Si inneggiava a un mondo migliore, poiché i "cattivi" erano stati sconfitti. In questo contesto gli Usa apparivano come gli eroi vittoriosi che avevano liberato i popoli dal tiranno.
Il nazismo, l'Olocausto e Hitler vennero raccontati come il "male assoluto" , ovvero come dovuti a una forza oscura che misteriosamente si era impossessata di un governo eletto democraticamente, spingendolo a compiere crimini inauditi. Definendo Hitler "mostro", e l'Olocausto "male assoluto" (3), gli eventi nazisti vennero posti al di fuori della Storia stessa, estraniati da altri fatti che appartenevano al tempo storico. Ciò rendeva ancora più inaccettabile il nazismo, inteso come dovuto ad una perversione rinnegata dalla stessa Storia occidentale. Così si impediva la consapevolezza di realtà più ampie e preesistenti, strettamente collegate al nazismo. Si nascondeva che crimini così efferati erano già stati compiuti dagli europei nelle terre coloniali. I nativi americani erano già stati a lungo obiettivo di sterminio; nelle colonie africane e asiatiche gli europei avevano commesso parecchi genocidi, che non figuravano come tali soltanto perché gli indigeni non godevano degli stessi diritti dei coloni, essendo considerati inferiori.
L'idea di dover purificare la "razza" e di dover sterminare un gruppo di persone considerate senza valore o pericolose, apparteneva già alla cultura occidentale. Ad esempio, nel maggio del 1898, il primo ministro inglese Robert Arthur Salisbury, molto attento alla politica coloniale inglese (4), in un suo discorso alla Albert Hall prendeva atto cinicamente che "possiamo sommariamente dividere le nazioni del mondo in quelle che vivono e quelle che stanno morendo". Il modello che Hitler aveva seguito, come lui stesso ammetteva, era quello dello sterminio dei nativi americani. Molti di coloro che massacrarono gli indiani ricevettero medaglie al valore dai presidenti americani. Il Generale Philip Henry Sheridan (1831-1888) sosteneva che "l'unico indiano buono che io conosca è l'indiano morto". Quasi tutti i presidenti americani agirono in perfetto accordo con lui. Negli anni Trenta alcuni scienziati americani trovarono un modo efficace per sopprimere definitivamente le "razze inferiori"(5) attraverso tecniche eugenetiche, che furono legalizzate e applicate in molti Stati. Hitler nutrì una profonda ammirazione per gli studiosi americani, che in quegli anni pubblicarono diversi studi sulla "difesa della razza bianca dalle contaminazioni delle razze inferiori".
Quello che non veniva perdonato a Hitler, secondo lo scrittore Aimé Césaire, era "il fatto che ha applicato in Europa le pratiche coloniali che in precedenza erano state applicate solo agli arabi dell'Algeria, ai coolies dell'India e ai negri dell'Africa" (6). Hitler era stato avulso dalla Storia perché, rendendo la stessa Europa una terra da colonizzare, aveva privato i fatti storici di quelle legittimazioni "morali" che l'Occidente utilizzava per sottomettere e schiavizzare gli altri popoli. In altre parole, le regole e le leggi applicate nel mondo occidentale dovevano continuare ad essere diverse da quelle applicate nelle terre coloniali. Le crudeltà coloniali non dovevano essere considerate alla stessa stregua delle medesime crudeltà commesse in Europa: le crudeltà coloniali erano "legittime" mentre quelle commesse in Europa erano "male assoluto al di là della Storia". Hitler doveva, quindi, essere demonizzato, e considerato assai diversamente da tutti gli altri potenti occidentali. La sua ferocia era "mostruosa" perché diretta contro gli europei. Era un "mostro", nato dal "male" stesso, e non dalla Storia.
Questo serviva anche a nascondere che Hitler non avrebbe mai potuto fare nulla di ciò che ha fatto senza appoggi da parte di quei paesi che ora lo demonizzavano. Come affermò Peter Calvocoressi, Procuratore a Norimberga: "Gli industriali erano il motore dello Stato tedesco. Il vero asse portante della Germania non erano le forze armate, o almeno non solo loro, bensì la potenza industriale e finanziaria. Senza di essa non ci sarebbe stato nessun esercito".
La Seconda guerra mondiale venne spiegata all'interno della dinamica dittatura/democrazia. La fine del fascismo e del nazismo venne festeggiata come il ritorno agli ideali di libertà, democrazia e giustizia. A tutt'oggi molti pensano alla Seconda guerra mondiale come ad un conflitto fra "valori" diversi, come se gli Alleati fossero stati completamente estranei all'ascesa di Hitler e al rafforzamento delle sue mire espansionistiche. Alcuni studi storici (7) ci fanno capire che non è così. Le imprese e le banche occidentali, soprattutto quelle americane, avevano ricavato dalla guerra profitti enormi. Avevano giocato bene le loro carte finanziando l'ascesa di Hitler e la sua preparazione alla guerra. Non era la prima volta, né sarebbe stata l'ultima, che il potere economico e finanziario americano utilizzava un dittatore mostruoso per realizzare i suoi progetti. Alcune grosse imprese Usa (come la Ibm, la Ford Motor Company, la General Motors e la Standard Oil) avevano continuato a produrre per il führer anche durante la guerra, dimostrando palesemente che per loro gli alti profitti contavano più della vita umana. Durante la guerra avevano utilizzato ampiamente lavoratori coatti, che trattavano alla stessa stregua di oggetti senza valore. Un lavoratore anonimo scrisse in una lettera: "L'Ibm è un mostro internazionale... come i nazisti" (8).
La Ford, anche dopo l'entrata in guerra degli Usa, continuò a produrre materiale bellico, che sarebbe stato utilizzato contro gli americani. Le fabbriche americane in Germania non vennero mai bombardate durante la guerra. Le banche e le imprese americane si erano dichiarate "neutrali", e avevano tratto parecchi vantaggi dalla sanguinosa guerra, che avrebbe indebolito gli imperi europei e rafforzato l'impero americano. Oggi quelle stesse imprese e banche sono più forti che mai, e fomentano guerre in diverse parti del mondo, per i medesimi motivi: rafforzare il proprio dominio e avere grossi profitti.
E' legittimo chiedersi se l'imperialismo sia stato davvero sconfitto, come ci hanno fatto credere, oppure se sia stato eliminato soltanto l'imperialismo tedesco di Hitler.
Se per imperialismo intendiamo un sistema politico-militare-economico di una particolare nazione che si pone come superiore a tutte le altre e compie impunemente crimini terribili, allora i fatti storici ci dicono che esso non è mai morto, e che ha continuato a commettere genocidi e a scatenare terribili guerre. La differenza è che, dopo la Seconda guerra mondiale, il crimine e il genocidio sono stati riportati fuori dall'Europa, in quelle terre considerate da saccheggiare e da sfruttare. Terre in cui la vita umana non ha lo stesso valore che viene dato nei paesi ricchi.
Dopo Hitler, divenne chiaro che l'imperialismo produceva crimini terribili, e lo stesso termine venne messo al bando (9). Alla parola infamante di "imperialismo" veniva sostituita, del tutto impropriamente, la parola "democrazia" (10), e per molti anni i crimini imperialisti sono stati mascherati da "lotte per la libertà dei popoli", e per la "democrazia".
Dalla fine della Seconda guerra mondiale, la potenza Usa si prodigò ad accrescere le proprie risorse energetiche e ad impedire ovunque la nascita di un modello alternativo a quello capitalistico occidentale. La scia di guerre, violenze e crudeltà è lunghissima. La dicotomia dittatura/democrazia venne riproposta attraverso il "pericolo rosso", con cui gli Usa legittimarono interventi bellici in molte parti del mondo. Le operazioni di guerra attuate dagli Usa per imporre la propria egemonia sono state almeno 60 dall'ultimo dopoguerra a oggi. Col pretesto di "difendere i popoli dai tiranni", gli Usa hanno devastato molti paesi, che avevano la "colpa" di voler attuare un sistema politico-economico alternativo a quello americano.
Nel secondo dopoguerra venne creata ad hoc una realtà in cui sembrava che i crimini e i soprusi del potere appartenessero al passato. Il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, nella Carta Atlantica (1941), parlò per la prima volta di riscatto dei popoli colonizzati, di libertà e di autodeterminazione. Ma erano soltanto belle parole, che nascondevano l'intento di soppiantare il proprio dominio a quello europeo.
Gli ulteriori sviluppi storici svelano un volto dell'Occidente, e in particolare degli Usa, assai diverso da quello che la propaganda mediatica mostra. Le guerre di ieri contro il nemico "comunista", oppure quelle di oggi contro il nemico "terrorista", hanno nascosto e continuano a nascondere i paradossi del mondo occidentale ad egemonia Usa. Un mondo che professa di possedere istituzioni democratiche che, ad un'analisi approfondita, non rispetta affatto.
I paradossi e le contraddizioni dell'Occidente di oggi, ad egemonia Usa, sono tantissimi. Pensiamo al principio costituzionale dell'uguaglianza dei cittadini, difeso dal XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Tale principio (come i valori di "Giustizia", "Tranquillità" e "Benessere generale"), sostenuto nel Preambolo della Costituzione americana, non è rispettato nella realtà. Esistono precise caratteristiche del sistema economico americano che escludono la possibilità che di fatto vengano tutelati i valori costituzionali. Negli Usa il potere economico è nelle mani di un gruppo assai ristretto di persone. Il potere di stampare la moneta è nelle mani di un gruppo privato di banche, definite Federal Reserve, una denominazione che induce i più a pensare che si tratti di un'istituzione di governo. I cittadini americani pagano una tassa per questo assurdo monopolio privato che assorbe molte delle loro ricchezze.
Un gruppo esiguo di persone, che spesso sono le stesse che posseggono le imprese, possono decidere il destino di molti paesi, attraverso la negazione o l'elargizione di denaro. Ad un sistema economico oligarchico non può che corrispondere un sistema politico con le medesime caratteristiche. I presidenti americani sono tutti appartenenti alla classe ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono, entrambi i candidati, finanziamenti dalle stesse imprese e dalle stesse banche. Il sistema politico americano si basa sulla personalità dei candidati come fosse uno spettacolo, e i media creano i personaggi politici alla stessa stregua delle star di Hollywood. La democrazia è stata ridotta ad un "rito", celebrato per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa. Osserva Michel Chossudovsky: "Nessuna alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della politica economica e sociale dello stato" (11).
Dopo la fine della Guerra Fredda, l'élite economico-finanziaria americana ha acquistato la sicurezza e la ricchezza necessarie per dominare il mondo intero. La fama di aver liberato dalle dittature e di portare "democrazia e libertà" ovunque, permette loro di propagandare la cultura americana come una cultura "moralmente superiore", da diffondere in tutto il mondo. Ma oggi stiamo vivendo in un mondo in cui la propagandistica contrapposizione dittatura/democrazia sta costando troppo a molti popoli. L'élite ricca americana, in particolare negli ultimi due decenni, sta attuando piani di dominio mondiale, e non si tratta di un dominio che possa favorire l'umanità. Il piano di dominio e di distruzione è nascosto da motivazioni difensive e umanitarie. Gli Usa dicono di avere dei nemici "terroristi", ma poi uccidono cinicamente popolazioni inermi; dicono di svolgere "missioni umanitarie", ma poi condannano milioni di persone a morire di fame a causa delle loro politiche economiche, imposte furbamente attraverso istituzioni apparentemente Internazionali (Fmi, Bm, Wto). L'élite Usa non desidera un mondo in cui la ricchezza possa essere maggiormente ridistribuita, e non ama che i popoli possano avere voce in capitolo nelle questioni politiche ed economiche. Ha quindi trovato la formula per istituire un'apparente "democrazia", che nasconde e copre il vero potere.
La stessa parola "democrazia", utilizzata fino all'abuso dai presidenti americani, è stata privata dei contenuti a cui dovrebbe necessariamente essere associata: la sovranità popolare in tutte le questioni che riguardano il popolo stesso, il rispetto dei diritti umani, in primis il diritto all'autodeterminazione.
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di comandare... Allo stesso tempo la Nuova Democrazia rende più semplice per le multinazionali incrementare la loro influenza e per i media 'globali' (vale a dire occidentali) orientare l'opinione pubblica. (In questo modo) avremo dei leader nel paese prescelto che 'vogliono ciò che noi vogliamo'. Per cui non ci sarà bisogno di usare il bastone" (12).
Per "Nuova Democrazia", si intende la "democrazia" esportata dagli Usa. Il mito della Nuova Democrazia è stato espresso dal dittatore Augusto Pinochet, che, dopo il massacro di migliaia di persone e la soppressione del governo eletto democraticamente di Salvator Allende, con queste parole definì la nuova situazione cilena. La Nuova Democrazia è una "democrazia senza popolo". Le "Nuove Democrazie" sono tantissime, attuate e ancora, tragicamente, da attuare. Il libro percorre tutti i momenti significativi del dominio americano dall'ultimo dopoguerra ad oggi. Ne individua i paradossi, le tecniche per imporre il potere e per rafforzarlo, e la propaganda mediatica che ribalta significati e modifica i fatti. Sullo sfondo c'è l'atroce sofferenza dei popoli, costretti a subire miseria, guerra, torture e massacri.
L'opera spiega anche l'ennesima menzogna di indicare nella "globalizzazione" la via per il benessere mondiale. Lunghe divagazioni nelle Università o nei Convegni in materia economica non sono ancora giunte ad una definizione univoca del termine "globalizzazione". E' impossibile definirlo senza scoprire le magagne dietro le quali si nasconde l'Occidente che si professa civile e democratico, senza considerare l'avidità dei paesi ricchi verso quelli poveri, e senza spiegare come i primi abbiano attuato stratagemmi "legali" per imporre un nuovo tipo di colonizzazione, nascosto dalle false politiche di "aiuto e sviluppo".
Secondo l'economista Boris Kagarlitsky, "globalizzazione non significa impotenza dello Stato, ma rigetto da parte dello Stato delle sue funzioni sociali in favore di quelle repressive, quindi la fine delle libertà democratiche" (13).
Il sociologo Ulrich Beck, con riferimento alla parola "globalizzazione", osserva: "Più che una parola si tratta di una nebbia, di una parola-spettro,...Chiamo globalismo la dittatura neoliberista del mercato mondiale, che, in particolare nel Terzo mondo, toglie le basi - comunque precarie - dell'autosviluppo democratico.... intendo per globalizzazione non soltanto la globalizzazione economica, ma anche quella politica, sociale e culturale" (14). La globalizzazione esigerà prima o poi repressione e guerra. Afferma Michel Chossudovsky: "Guerra e globalizzazione non sono questioni separate... All'alba del terzo millennio la guerra e il "mercato libero" avanzano di pari passo" (15).
La globalizzazione è l'imposizione del potere dell'oligarchia ricca al mondo intero. Attraverso i processi di globalizzazione, l'élite delle banche e delle grandi imprese è riuscita ad imporre le proprie regole piegando a sé i governi. Il mondo è stato reso un luogo desolante e misero per la maggior parte della popolazione. Le politiche dell'élite hanno prodotto disoccupazione, costretto milioni di persone a lavorare con salari bassissimi, hanno eliminato le politiche sociali a favore dei più deboli, e hanno tolto il reale potere dalle mani dei rappresentanti del popolo. Ponendo il profitto al di sopra di ogni cosa, hanno fomentato nuove guerre e nuovi genocidi. Gli Usa oggi si pongono al di sopra di ogni legge, e considerano la Dichiarazione dei Diritti dell'uomo del 1948 una "letterina a babbo natale", come disse l'ambasciatore di Reagan, Jeane Kirkpatrick, riferendosi in particolare all'articolo 25, che parla dei diritti economici dell'uomo.
Le banche le imprese si arricchiscono con le crisi economiche e con le guerre. Le crisi sono create dalle stesse banche, tagliando i crediti ed esigendo pagamenti. Le guerre sono un'ineguagliabile fonte di profitti per le banche e le imprese, in quanto permettono di accrescere il debito dei paesi e di esportare grandi quantitativi di armi.
Il mondo di oggi è dominato dal potere dell'oligarchia Usa, un potere avido e basato sulla menzogna. Come osserva crudamente Gore Vidal: "I loro cuori sono chiaramente altrove, a far quattrini, lontano dai nostri finti templi romani, dove, ahimè, ci rimangono solo le loro teste, che sognano la guerra, preferibilmente contro paesi deboli e periferici" (16).
Oggi molti studiosi sostengono che la condizione degli Usa dovrebbe preoccupare il mondo intero. Ad esempio, scrive la studiosa americana Carolyn Baker:

"Se vogliamo confrontarci con le tormentate verità della storia americana, che siano relative all'11/9 od al genocidio dei nativi americani compiuto dagli europei americani nel 17° secolo, od a qualsiasi delle atrocità perpetrate dal governo USA delle quali ho riferito, siamo obbligati a confrontarci con la nostra falsa credenza, profondamente indelebile, distintamente amerocentrica che America la bella sia anche l'"America pura come la neve", o l'”America oltre il basso comportamento delle nazioni 'minori'”.
Tutto nella nostra cultura e la nostra educazione instillano in noi un senso di specialità riempito di arroganza ed automoralità in relazione al resto del mondo. Le “altre” nazioni sono corrotte, guardiamo con soddisfazione, indicando alcuni moralmente degradati dittatori latino-americani. Le “altre” nazioni uccidono e torturano i loro cittadini senza riguardo per il valore della vita umana - ma non in America. Noi usiamo la frase, “teoria della cospirazione”, quasi come sinonimo di “schizofrenia” per descrivere (e calunniare) teorie che sentiamo troppo insopportabili per crederci. Forse qualche altro governo in qualche terra lontana, guidato da tiranni con nomi dal suono strano trafficano in droga e riciclano i profitti attraverso le loro borse valori. In qualche altra nazione, non vi è la supremazia della legge, ed il governo permette che i suoi cittadini vengano massacrati in un istante per fabbricare e continuare una guerra per guadagni monetari e politici o per riaccumulare risorse naturali in rapida diminuzione" (17).

La politica neoliberale, imposta dalla fine degli anni '70, ha raggiunto oggi livelli di devastazione incredibili in moltissimi paesi. Il Fmi, la Bm e il Wto vengono spacciati come organizzazioni che lottano per i "paesi in via di sviluppo". Ma i paesi poveri non sono affatto "in via di sviluppo" perché il loro possibile sviluppo viene soffocato sul nascere dai paesi ricchi, proprio attraverso queste organizzazioni. Dei 143 paesi membri del Wto, soltanto i ventuno più ricchi possono porre linee di condotta. E il Fmi decide univocamente le politiche economiche da imporre ai paesi poveri. Lo storico Mark Curtis, presente a Doha al vertice del Wto del 2001, dichiarò:

"(La) Crescita economica (è) una trama emergente di minacce e intimidazioni nei confronti dei paesi poveri. E' stato veramente scandaloso, i paesi ricchi sfruttavano il loro potere per appoggiare sfacciatamente gli interessi del grosso business. L'argomento delle corporazioni multinazionali quali causa di povertà non era proprio all'ordine del giorno; era come una conferenza sulla malaria in cui non si discute neanche della zanzara" (18).

Il "The Guardian", del 6 novembre 2001, raccontò di un delegato africano intimorito e soggiogato dal potere dei paesi ricchi: "Se esprimo giudizi troppo severi il mio ministro riceverà una telefonata dagli Stati Uniti. Gli diranno che sto creando problemi agli Stati Uniti. Il mio governo non chiederà nemmeno 'cosa ho detto?'. Il giorno dopo si limiteranno a mandarmi un biglietto... così non parlo, per paura di far arrabbiare il padrone".
Barry Coates, del World Development Movement, disse: "Le nazioni ricche stanno ancora negoziando in primo luogo negli interessi delle loro maggiori multinazionali. E stanno ancora sbattendo le nazioni povere fuori dal processo negoziale. Gli osservatori del mercato più cinici dicono che questo è il modo in cui i negoziati sul commercio sono sempre stati portati avanti."(19)
Mentre la disuguaglianza tra ricchi e poveri cresce come non mai, il potere capitalistico mondiale celebra il progresso economico in Cina, in India o in Brasile. Con la misurazione del Pil di ogni paese non viene data la stima degli stipendi medi dei lavoratori, della percentuale di persone sotto la soglia di povertà, o del livello di disoccupazione; così viene propagandato un mondo diverso da quello che è realmente, e si festeggiano "progressi" anche laddove la gente si sta impoverendo o lavora in condizione semischiavistica.
Le lotte dei movimenti sociali, le denunce delle associazioni umanitarie, e le proteste dei popoli indigeni, sembrano agli Usa soltanto piccoli fastidi. La Cia chiama "vampa di ritorno", o "effetti collaterali" gli effetti non attesi delle politiche Usa. Oggi questa "vampa di ritorno" è devastante, riguarda ognuno di noi, e non può essere più ignorata.
Il mondo del lavoro, il benessere della gente comune, il futuro dei bambini, la protezione delle diverse culture, la tutela dei diritti dei più deboli, ecc. sono stati barattati con altri "valori". Osserva William Blum:

"La macchina della politica estera americana è stata alimentata non da una devozione a qualsivoglia tipo di moralità, ma piuttosto dalla necessità di servire altri imperativi, che possono essere riassunti qui di seguito:
1) rendere il mondo sicuro per le multinazionali americane;
2) abbellire i rendiconti finanziari degli imprenditori della difesa a casa che hanno contribuito generosamente nei confronti di membri del congresso;
3) impedire il sorgere di qualsiasi società che possa fare da esempio riuscito di un modello alternativo a quello capitalista;
4) estendere l'egemonia politica ed economica su di un'area la più ampia possibile, come si addice ad una "grande potenza".
Tutto questo in nome di combattere una supposta crociata morale contro ciò che freddi guerrieri si sono convinti essere, e hanno convinto il popolo americano, l'esistenza di una malvagia Cospirazione Comunista Internazionale, che in realtà non è mai esistita, malvagia o no" (20).

Oggi il mondo è nelle mani di circa 200 principali imprese Multinazionali e Transnazionali, che detengono la quasi totalità della ricchezza. Per queste imprese conta soltanto il profitto, e tutto è merce: il cibo, la salute, la cultura, l'acqua, l'educazione e persino la vita. Mentre la popolazione mondiale si impoverisce e milioni di persone vivono in gravi situazioni dovute alla disoccupazione, allo scarso reddito, o alla fame, le Corporation festeggiano successi economici mai visti prima. Le fusioni, le concentrazioni e le ristrutturazioni permettono loro di aumentare i profitti. Le imprese e le banche hanno un potere assoluto, e decidono le loro politiche economiche nel totale cinismo, e all'oscuro dei lavoratori. Oggi si possono compiere genocidi senza costruire campi di sterminio, basta privare milioni di persone del necessario per la sopravvivenza, oppure impedire l'accesso ai farmaci. Come spiega Susan George: "La scandalosa proibizione della fabbricazione e della distribuzione dei farmaci generici (contro l'Aids, la malaria, la tubercolosi ecc.) con il pretesto che si tratti di sostanze brevettate dalle transnazionali farmaceutiche non è altro che un contributo al genocidio e conferma agli occhi del mondo la dottrina che pone il commercio, la proprietà e il profitto al di sopra di ogni cosa, compresa la vita umana" (21).
Il modello neoliberale, ormai imposto come l'unico possibile, ha devastato il mondo intero. Oggi la povertà colpisce quasi l'80% degli abitanti del pianeta, e getta il mondo intero in balìa di un'insicurezza che riguarda ogni paese, e che non ha precedenti.
I movimenti sociali denunciano crimini e ingiustizie in molti paesi del mondo. Spesso chi denuncia i crimini e lotta contro la globalizzazione viene etichettato come "terrorista" o "antiamericano", e accusato di perseguire una sorta di "teoria del complotto" contro il potere libero e democratico degli Usa. In questo modo si offuscano pericolosamente gli intenti di difesa dei diritti umani, e si cerca di criminalizzare chi denuncia il crimine e non chi lo fa. La potente propaganda mediatica è assai efficace, e noi stessi possiamo trovarci, senza volerlo, ad etichettare chi fuoriesce dai suoi contenuti.
Il potere Usa spera in un mondo in cui i poveri accettino passivamente di farsi sfruttare, senza lottare e senza reagire. Sogna un mondo in cui le masse rimangano passive verso i crimini e le ingiustizie, sorrette dalla fede religiosa, che dona una speranza ultraterrena, l'unica loro concessa. Negli ultimi venti anni le classi povere americane hanno subito gravi tagli nei fondi per l'assistenza, e le loro condizioni sono gravemente peggiorate. Tuttavia, il Corporate Welfare (22), che comprende sovvenzioni e tagli fiscali alle imprese, è stato rafforzato. Le imprese e le banche sono diventate molto più ricche mentre i cittadini comuni continuano ad impoverirsi.
Quando i media occidentali si occupano di povertà, di solito trattano casi particolari, senza fare riferimenti precisi alla vere cause del problema e ai suoi responsabili. I paesi poveri appaiono in televisione come vittime della loro stessa sfortuna, di catastrofi naturali; oppure la povertà viene attribuita all'esistenza di lunghi conflitti interni. Non si spiegano mai le vere motivazioni delle guerre, né chi le finanzi. I media fanno in modo che nessuno si chieda perché mai, se i paesi poveri sono stati saccheggiati dall'Occidente, oggi abbiano debiti e non crediti. Non siamo abituati a pensare che ci siano precise responsabilità dietro la povertà, le guerre e la fame nel mondo.
Questo libro tratta i crimini della povertà e della guerra facendo precisi riferimenti, e senza occultare responsabilità né efferate crudeltà, che ancora oggi vengono commesse, talvolta dagli stessi paesi che le denunciano.
Gli Usa sono diventati il gendarme del mondo intero, con licenza di uccidere e torturare chiunque, in nome di presunte motivazioni "etiche".
Il concetto di "interventismo democratico" o di "imperialismo etico", che tende a legittimare la guerra, è stato elaborato negli anni '30 da Max Von Baden, futuro cancelliere del Reich. Diceva Von Baden: "Se vuol resistere alle tempeste della democrazia e alla sua rivendicazione di un miglioramento del mondo, l'imperialismo tedesco deve darsi un fondamento etico. Ora possiamo tranquillamente scrivere sulle nostre bandiere: Il diritto è con noi" (23). Egli era convinto che con le guerre si potesse migliorare eticamente il mondo. La sua convinzione era sorretta dalla sicurezza che la cultura e il popolo tedesco fossero decisamente superiori a qualsiasi altra cultura e altro popolo.
Oggi i presidenti americani sostengono che il popolo americano è superiore a qualsiasi altro, e che la cultura americana ha una missione da compiere nel mondo, una missione "etica", che deve essere portata a termine con qualsiasi mezzo.
La motivazione principale della guerra al "terrorismo globale", deriva dalla convinzione espressa dal consigliere di Madeleine Albright, Thomas Friedman: "Washington sa che, senza la sua egemonia militare, l'America non può costringere il mondo a finanziare il suo deficit di risparmio, condizione essenziale per il mantenimento artificiale della propria posizione economica" (24).
Il mezzo per mantenere l'egemonia Usa è dunque l'uso della forza; una forza sorretta dall'idea che si è sempre e comunque nel giusto. I crimini americani sono sempre stati commessi impunemente, e continuano ad insanguinare il mondo.


NOTE

1) Cit. in Pilger John, "Agende nascoste", Fandango libri, Roma 2003, p. 54.
2) Molinari Maurizio, "A Fallujah vittoria mediatica del Pentagono. pianificato l'impatto della battaglia sull'opinione pubblica", "La Stampa", 6 giugno 2005.
3) Il termine venne utilizzato da Winston Churchill, che così definiva Hitler in alcuni documenti del periodo della Seconda guerra mondiale, che oggi si trovano alla National Archives di Kew.
4) Egli fu primo ministro nel 1885; nel periodo 1886-1892; e nel periodo 1895-1902). Salisbury rese possibile l'annessione della Birmania nel 1885, e la conquista del Transvaal e dell'Orange nel 1899-1901.
5) Hitler dichiarò di aver tratto lezione dal libro di Henry Ford L'ebreo internazionale, un problema mondiale, pubblicato in Germania nel 1921, in cui Ford sosteneva che gli ebrei erano molto pericolosi.
6) Aimé Césaire, "Discorso sul colonialismo", Lilith, Roma 1999, p. 12.
7) Sutton Antony C., "Wall Street and the Rise of Hitler, Press", Seal Beach (California) 1976, e "Wall Street and Franklin Delano Roosvelt", Arlington House, New York 1975. Vedi anche Sanguinetti Oscar, "Le fonti finanziarie del comunismo e del nazionalsocialismo", Cristianità, anno I, 1985 pp. 39-52.
8) Minoli Giovanni, "La Storia siamo noi", Rai3, 1 febbraio 2006.
9) Furedi Frank, nel suo libro "The New Ideology of Imperialism", Pluto, Londra, 2004, osserva che "Le pretese morali dell'imperialismo non venivano quasi mai messe in discussione in occidente. L'imperialismo, espansione globale dei poteri occidentali, veniva dipinto in termini schiettamente positivi". Ma quando si capì che il nazismo non era altro che imperialismo, il termine acquisì caratteristiche funeste e non venne più utilizzato. Oggi i processi di globalizzazione possono essere definiti come "espansione globale dei poteri occidentali", ma vengono sempre denominati in modo da apparire come favorevoli a tutti i popoli, mentre di fatto avvantaggiano soltanto il potere occidentale, e sono sicuramente imperialistici.
10) Spesso lo stesso Hitler nei suoi discorsi utilizzava alla stessa stregua di "nazismo" la parola "democrazia".
11) Chossudovsky Michel, "Globalizzazione della povertà e nuovo ordine mondiale", Ega Editore, Torino 2003, p. 347.
12) Cit. Pilger John, "Agende nascoste", op. cit., p. 64.
13) Cit. Pilger John, "I nuovi padroni del mondo", Fandango Libri, Roma 2002, p. 12.
14) Beck Ulrich, "Libertà o capitalismo", Carocci, Roma 2001.
15) Chossudovsky Michel, "Globalizzazione della povertà e nuovo ordine mondiale", Ega Editore, Torino 2003, p. 26.
16) Vidal Gore, "Le menzogne dell'impero", Fazi editore, Roma 2002.
17) Baker Carolyn, "Non è mai accaduto", http://www.psicopolis.com/PSIPOL/segnalaz.htm
18) Cit. Pilger John, "I nuovi padroni del mondo", op. cit., p. 116-117.
19) Da SchNews, n. 332, del 23 novembre 2001.
20) Blum William, "Una breve storia degli interventi degli Stati Uniti, dal 1945 al presente", http://emperors-clothes.com/interviews/dekkers.htm
21) George Susan, "Fermiamo il WTO", Feltrinelli, Milano 2002, p. 78.
22) Il sistema del Corporate Welfare permette ad imprese private di poter gratuitamente sfruttare le risorse naturali del paese. A questo proposito vedi Stigliz Joseph E., "I ruggenti anni Novanta. Lo scandalo della finanza e il futuro dell'economia", Einaudi, Torino 2003.
23) "Il manifesto", 28 luglio 1998.
24) Cit. Samir Amin, "La Strategia del pugno invisibile", "Il manifesto", 29 aprile 1999.
Vedi anche "Times", 28 marzo 1999.


ALCUNI ARGOMENTI TRATTATI NEL LIBRO:
- Assetto geostrategico successivo alla Seconda guerra mondiale.
- Cos'è davvero il "terrorismo".
- In cosa consiste il potere finanziario e come viene utilizzato contro i popoli.
- Chi sono i BRICS e quali sono i loro obiettivi.
- Caratteristiche economiche, finanziarie e politiche dell'Occidente ad egemonia Usa.
- Caratteristiche, scopo e obiettivi dei media di massa.
- Significato del fondamentalismo religioso.
- Metodi di guerra psicologica.
- Significato della Guerra fredda.
- Cause della povertà nel Terzo mondo.
- Obiettivi e ideologia delle autorità statunitensi.
- Crimini dei servizi segreti occidentali.
- Chi era davvero bin Laden e chi ha creato la rete terroristica detta al Qaeda.
- Vero significato dell'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 e di altri attentati terroristici.
- La Russia e gli equilibri geopolitici dei giorni nostri.



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giovedì

RIVOLUZIONI E GUERRE. La verità sui conflitti del XX secolo



Antonella Randazzo

RIVOLUZIONI E GUERRE
La verità sui conflitti del XX secolo


Non si può capire appieno il presente se non si conosce il passato. Gli equilibri e le egemonie di oggi dipendono dai conflitti del XX secolo. Questo libro offre una nuova chiave di lettura delle guerre rivoluzionarie e controrivoluzionarie, scoppiate in moltissimi paesi durante lo scorso secolo. In seguito all’analisi dei documenti resi accessibili a partire dagli anni Novanta, sono emersi nuovi fatti assai chiarificanti.
Nella vecchia storiografia le guerre appaiono per alcuni aspetti imprevedibili, e dovute a intenti egemonici o al tentativo, da parte del popolo, di realizzare un sistema più equo. Oggi sono stati portati alla luce altri elementi, che svelano nuovi aspetti delle guerre "rivoluzionarie" o "controrivoluzionarie", e ci permettono di cogliere le molteplici motivazioni che hanno spinto ad attuarle, e gli effetti scaturiti.
Questo libro risponde a domande a cui la vecchia storiografia non ha mai risposto:
Perché le ideologie social-comuniste, diffuse già a partire dal XIX secolo, non portarono alla nascita di un sistema favorevole al popolo? Quali furono i veri motivi delle due guerre mondiali? Se si doveva combattere contro i tiranni, perché fu dichiarata guerra soltanto alla Germania nonostante anche l'Urss avesse aggredito la Polonia? Perché i cittadini americani di origine italiana subirono arresti e persecuzioni ancor prima che l’Italia entrasse in guerra?
Cosa ebbero in comune i peronisti e i castristi che in alcuni casi lottarono insieme?
In questo libro, che si basa su documenti ufficiali e su testimonianze dei protagonisti, emergono le vere cause delle guerre, e i fatti salienti che consentono di comprenderle in maniera approfondita.
L’opera analizza in maniera approfondita gli eventi bellici più importanti avvenuti nel secolo scorso, anche quelli mai trattati nei libri di scuola, come le guerre coloniali e le rivoluzioni dell’America Latina.
Le guerre del XX secolo, nella loro verità, svelano una storia mai raccontata di crimini e di lucida crudeltà, che fa crollare molte certezze, ma che permette di capire la realtà di molti fatti apparentemente incomprensibili.
Questo è un libro sulla guerra che si propone di rendere possibile la pace. Infatti, soltanto comprendendo le possibilità inscritte nel cambiamento personale e sociale si può far emergere che la vera rivoluzione deve ancora esser fatta: chi inneggia alla violenza come modo per produrre cambiamenti ripropone quello che da secoli è stato fatto, ma non appieno compreso. Oggi il mondo è pronto per un’altra chance: capire la guerra per rendere possibile la pace. Chi sostiene che la guerra è inevitabile, o ripropone l’uso della violenza, non ha ancora capito cos’è davvero la guerra.




INDICE


INTRODUZIONE...................................................................5

CAPITOLO I - CAUSE DELLE RIVOLUZIONI
E CONTROLLO DEI POPOLI …...................................…....13

CAPITOLO II - LE RIVOLUZIONI INGANNEVOLI.........34
Par. I - La rivoluzione in Cina
Par. II - L'ideologia nazifascista

CAPITOLO III – RIVOLUZIONI E CONTRORIVOLUZIONI
IN AMERICA LATINA .....................................…...............79
Par. I - Cuba
Par. II - Haiti
Par. III - Nicaragua
Par. IV - Guatemala
Par. V - El Salvador
Par. VI - Cile
Par. VII - Argentina

CAPITOLO IV – LE RIVOLUZIONI ANTICOLONIALI .134
Par. I - Rivoluzioni anticoloniali in Asia
Par. II - Vietnam
Par. III - Cambogia e Laos
Par. IV - Indonesia
Par. V - Timor Est
Par. VI - Rivoluzioni anticoloniali in Africa
Par. VII - Congo
Par. VIII - Ghana
Par. IX - Tanzania e Burkina Faso
Par. X - Angola
Par. XI - Algeria
Par. XII - Le Rivoluzioni anticoloniali dei popoli Islamici
Par. XIII - La Nakba Araba
Par. XIV - Iraq
Par. XV - Siria, Libano e Iran

CAPITOLO V – LE CONTRORIVOLUZIONI DELLE BANCHE
E DELLE IMPRESE NEL PRIMO MONDO.....................228
Par. I - La Prima guerra mondiale
Par. II - Il primo dopoguerra
Par. III - La guerra di Spagna
Par. IV - La Seconda guerra mondiale
Par. V - Il secondo dopoguerra
Par. VI - La guerra in Jugoslavia
Par. VII – I Veterani

BIBLIOGRAFIA.................................................................349




INTRODUZIONE


Questo libro racconta le guerre dello scorso secolo come nessuno le ha mai raccontate, considerando aspetti che sono stati tenuti nascosti, per non svelare responsabilità e crimini di chi le ha volute e organizzate.
Raccontare la verità sulle guerre, smascherando le mistificazioni, consente di capire gran parte della realtà di oggi, privandola delle gravi alterazioni che l'élite egemone ha interesse a creare per proteggere il suo potere.
Dire tutta la verità sui fatti storici significa anche distruggere molti luoghi comuni, e scoprire che spesso la realtà non è così lineare, semplice o evidente come i testi scolastici ci hanno insegnato. Nella vecchia storiografia, le guerre appaiono per alcuni aspetti imprevedibili, e dovute a intenti egemonici o al tentativo, da parte del popolo, di realizzare un sistema più equo. Oggi sono stati portati alla luce diversi elementi, che svelano nuovi aspetti delle guerre "rivoluzionarie" o "controrivoluzionarie", e ci permettono di cogliere le molteplici motivazioni che hanno spinto ad attuarle, e gli effetti, in gran parte previsti e voluti da chi le ha pianificate. In questo libro, che si basa su documenti ufficiali e su testimonianze dei protagonisti, emergono le vere cause delle guerre, e i fatti salienti che consentono di comprenderle in maniera approfondita.
La vecchia storiografia, oltre a non considerare adeguatamente i documenti emersi a partire dagli anni Novanta, non collegava opportunamente alle scelte militari alcuni fatti di natura politica, economica e finanziaria, privando importanti eventi della loro vera causa. All'interno di una prospettiva ampia, che tiene conto di tutti i fattori in gioco (finanziari, economici, politici, egemonici, ecc.), anche fatti incomprensibili acquistano il loro significato. Ad esempio, perché fu dichiarata guerra soltanto alla Germania nonostante anche l'Urss avesse aggredito la Polonia? Oppure, cosa ebbero in comune i peronisti e i castristi che in alcuni casi lottarono insieme? E ancora, perché i cittadini americani di origine italiana subirono arresti e persecuzioni ancor prima che l’Italia entrasse in guerra? Questo libro risponde a queste e a molte altre domande su enigmi rimasti senza risposta, chiarendo fatti mai raccontati dalla Storia ufficiale.
Il termine “rivoluzione” indica una serie di eventi straordinari, che causano cambiamenti radicali nell’ordine politico-sociale. Ciò può avvenire per effetto di nuove conoscenze, per l’emergere di una nuova sensibilità culturale o politica, oppure attraverso un atto violento precedentemente organizzato. Se la rivoluzione ha successo, produce cambiamenti anche di ordine giuridico ed economico.
L'etimologia della parola, che deriva dal latino "revolutio", "revolvere" o "rivolgere", indica il "volgere nuovamente", ovvero, un cambiamento di direzione. La rivoluzione non è dunque originariamente intesa come guerra, anche se la Storia moderna e contemporanea ha visto numerose rivoluzioni cruente. Ciò ha impedito, come questo libro spiega, reali modifiche nell'assetto politico-economico. La vera rivoluzione non è, dunque, armata, e le rivoluzioni armate servono ad impedire le vere rivoluzioni, fiaccando gli entusiasmi popolari e rendendo materialmente impossibile ogni vero cambiamento.
Secondo Persio Tincani, occorre distinguere la rivoluzione dal “colpo di Stato”, che consiste “nella presa del potere da parte di un gruppo attraverso un’azione militare”, mentre la rivoluzione è “un processo che conduce al sovvertimento traumatico dell’ordine politico attraverso una massiccia partecipazione popolare”.(1)
La differenza è che il colpo di Stato viene attuato all’interno delle stesse autorità statali, mentre la rivoluzione richiede l’operato del popolo, che è “esterno” al potere statale. Le rivoluzioni sarebbero dunque attuate dai popoli, tuttavia, i popoli, nella maggior parte dei casi, non hanno tratto alcun vantaggio da guerre considerate rivoluzionarie.
Dall’analisi delle rivoluzioni, a partire dalla Rivoluzione francese fino alle rivoluzioni social-comuniste, osserviamo che, a parte alcune eccezioni, il risultato è stato l’instaurarsi di un nuovo assetto elitario. Se durante queste rivoluzioni c’è stata la sollevazione popolare e la lotta contro il sistema precedente, cosa è avvenuto “dopo”? La partecipazione popolare poteva garantire di per sé risultati favorevoli al popolo?
Osserva lo studioso Herbert Hart: “Benché implichi sempre la violazione di alcune delle norme dell’ordinamento esistente, (la rivoluzione) può portare soltanto la sostituzione giuridicamente non autorizzata di un nuovo gruppo di individui al governo, e non una nuova costituzione o un nuovo ordinamento giuridico”.(2) In altre parole, anche se c’è l’intenzione popolare al cambiamento, esso non è garantito dalla guerra rivoluzionaria.
Questo libro prende in analisi le cause delle rivoluzioni armate, chiarendo i motivi che hanno convinto i popoli a lottare, e in che modo l'élite dominante ha reagito alle speranze di rinnovamento delle classi popolari.
Il libro distingue le rivoluzioni “ideologiche” o “ingannevoli” dalle rivoluzioni anticoloniali. Le “rivoluzioni ingannevoli” o “ideologiche” sono quelle che, pur partendo da ideologie apparentemente favorevoli alle classi popolari, non sono andate a vantaggio dei popoli che le hanno fatte. In queste rivoluzioni, le masse sono state attivate da motivazioni e promesse che non saranno affatto rispettate dal gruppo che salirà al potere.
Le ideologie che indussero i popoli alla guerra rivoluzionaria nacquero in seguito all’Illuminismo. A partire dal Settecento, i popoli diventarono sempre meno propensi ad accettare le ideologie (sangue blu, potere divino, ecc.) che giustificavano l’iniquo potere di un gruppo di persone. Nell’Europa dell’Ottocento si diffusero le idee social-comuniste, che convinsero sempre più i popoli della possibilità di poter cambiare la realtà a proprio favore, per eliminare lo strapotere delle classi alte. In realtà, numerosi documenti provano che alcune ideologie a favore delle classi deboli furono elaborate e utilizzate dall'élite ricca per ingannare e istituire un sistema di potere soltanto in apparenza diverso da quello precedente.
L'ideologia marxista creava odio fra le classi, e divisione sociale, per scatenare la guerra, che avrebbe avvantaggiato l'élite. Quest'ultima, esperta nel preparare e condurre guerre, in Russia e in Cina, utilizzerà la rivoluzione per imporre una dittatura.
Il successo del marxismo fra le classi povere era dovuto alle condizioni di miseria e di frustrazione delle masse europee, che videro in questa ideologia la possibilità di realizzare un futuro migliore. In seguito all’industrializzazione, si era formato un gruppo compatto di persone sfruttate e costrette a vivere in miseria (operai). Il marxismo puntò a contrapporre tale classe a quella degli sfruttatori, sostenendo la necessità storica della guerra rivoluzionaria. Molti operai non si interessarono granché allo studio approfondito del sistema elaborato da Marx, essendo attratti soprattutto dal messaggio di cambiamento, che dava loro speranza di essere liberati dall’oppressione e dallo sfruttamento.
Molti proletari europei, a partire dalla fine del Settecento, organizzarono sollevazioni e proteste contro il sistema iniquo. Nell’Ottocento tali lotte furono estese e organizzate in molti paesi, e subirono sanguinosissime repressioni ovunque. Le classi povere lottavano per ottenere risultati concreti: un salario più alto, orario di lavoro ridotto, situazioni lavorative più umane ecc., e le teorizzazioni filosofiche relative al “materialismo storico” oppure “dialettico”, non interessavano loro granché.
Le rivoluzioni “comuniste”, come quella sovietica e cinese, furono organizzate e dirette da persone che servivano l’oligarchia, e che da essa ricevevano finanziamenti.

Prima della diffusione dei sistemi social-comunisti, il popolo veniva di solito coinvolto emotivamente nelle guerre attraverso i simboli della Patria, della Nazione, e facendo leva sul concetto di dover difendere la libertà dallo straniero. Tutti gli inni nazionali pongono l’accento sul prendere le armi contro il nemico che vuole togliere la libertà: “All’armi cittadini, formate i battaglioni, marciate… si armano contro di noi… quei despoti sanguinari… Sacro amore per la Patria, guida, sostieni le nostre braccia vendicatrici. Libertà, cara libertà”.(3) Gli inni delle nazioni sono incitazioni alla guerra. Col formarsi delle masse diseredate tali argomenti risultarono secondari rispetto all’esigenza di combattere la miseria e non morire di fame. Occorrevano dunque altri argomenti, altre ideologie che presentassero le guerre come favorevoli agli interessi delle classi povere, e come decisive per cambiare la realtà di sfruttamento e miseria.
Il pericolo che le ideologie social-comuniste nascondessero un inganno è stato sostenuto da tutti i teorici di questi sistemi, Marx compreso. Alcuni teorici, come Pierre-Joseph Proudhon, notarono che anche dopo le rivoluzioni si insediavano governi a difesa del vecchio sistema:

"Se il popolo, a ogni rivoluzione, seguendo le ispirazioni del suo cuore, ha creduto di correggere i vizi del suo governo, è stato invece tradito dalle sue stesse idee: credendo di ripristinare il potere a suo favore, in realtà se lo è ritrovato sempre contro; invece che a un protettore, esso si è consegnato a un tiranno".(4)

A partire dall'Ottocento, i popoli iniziarono ad alimentare sentimenti assai negativi contro i sovrani o le autorità che prima avevano ammirato e invidiato, e coglievano la cattiveria e il dispotismo di un'oligarchia che li disprezzava ed era disposta ad uccidere per rimanere al potere. Il gruppo dominante doveva ormai nascondersi per poter continuare ad esercitare il suo potere totalitario e opprimente. Le autorità, siano esse religiose o secolari, si indebolirono notevolmente lungo il secolo XIX, e nel secolo XX avranno bisogno di mascherare il loro potere dietro governi fantocci, e parlamenti apparentemente eletti dal popolo. Nel corso del XX secolo, il gruppo egemone riuscirà ad acquisire nuovo potere grazie alla strumentalizzazione delle nuove ideologie, oppure scatenando sanguinosissime guerre controrivoluzionarie.
Nel XIX e XX secolo, moltissimi proletari europei furono attratti dal movimento anarchico. Tale movimento è da sempre trattato dai media come un tabù terribile. La stessa parola “anarchia” è stata gravata dei significati più nefasti, ancor più che il termine “comunismo”. Gli anarchici venivano descritti come sovvertitori dell’ordine, ribelli alle leggi, estremisti, violenti e pericolosi per il quieto vivere. Varie importanti personalità del movimento anarchico, come Bakunin, pur dotate di carisma, non diventarono mai delle icone popolari, come sarebbe accaduto a personaggi come Garibaldi o Che Guevara. La censura e la criminalizzazione contro di loro era massiccia, e proveniva in molti casi persino dalle stesse formazioni social-comuniste.
L’anarchismo, storicamente, appare come la vera ideologia del popolo e per il popolo. Non propugna necessariamente una lotta armata, ma fa sempre emergere un nuovo modo di intendere i rapporti politici e sociali. Un modo decisamente rivoluzionario, ma non bellico. Gli anarchici ritengono assai nefasto ogni rapporto di dominio, perché distrugge la libertà, la crescita e la vita stessa. Essi non accettavano la lotta teorizzata da Marx, in quanto essa risultava come una sostituzione di un sistema di potere con un altro. Se il potere rimane nelle mani di pochi, sarà istituito uno Stato repressivo, che continuerà a saccheggiare le ricchezze pubbliche e a proteggere se stesso anche con la guerra.
Il comunismo e l’anarchismo, tuttavia, non furono antitetici. Nella misura in cui il primo rinunciava allo statalismo e alla dittatura, poteva essere del tutto conciliato col secondo. Infatti, gli anarchici ritenevano che la distribuzione equa delle ricchezze fosse un requisito fondamentale per evitare che un determinato gruppo acquisisse talmente potere da dominare sugli altri.
Il comunismo, inteso come sistema di redistribuzione equa delle ricchezze, risulta essere, agli occhi di molti anarchici, il sistema economico ideale per una società libera e capace di autodeterminarsi. Gli anarchici non erano affatto contrari alle forme di organizzazione liberamente scelte dal popolo, ciò che avversavano era lo Stato come manifestazione del potere di un gruppo di persone che si trova a possedere la maggior parte delle risorse economiche e finanziarie. Tale gruppo non ha alcun interesse a che il popolo sia libero di scegliere ciò che vuole, poiché il loro potere e la loro ricchezza non avrebbero alcuna realtà senza la sottomissione e lo sfruttamento del popolo. Quindi, il gruppo egemone è sempre un gruppo di potere, e agisce sempre a favore del proprio interesse e per preservare il potere. Il militarismo e l’esercizio della forza appaiono agli anarchici come del tutto negativi. Scrive Errico Malatesta:

"Il terrore è sempre stato strumento di tirannia. In Francia servì alla bieca tirannia di Robespierre e spianò la via a Napoleone ed alla susseguente reazione. In Russia ha perseguitato ed ucciso anarchici e socialisti, ha massacrato operai e contadini ribelli, ed ha stroncato insomma lo slancio di una rivoluzione che poteva davvero aprire alla civiltà un’era novella. Il terrore… piuttosto che servire a difendere la rivoluzione serve a screditarla, a renderla odiosa alle masse e, dopo un periodo di lotte feroci… si arriva sempre alla costituzione di un governo forte, il quale assicura agli uni la pace a spese della libertà e agli altri il dominio senza troppi pericoli".(5)

Durante il XX secolo, il socialismo fu uno strumento per generare larghi consensi. Persino le formazioni nazifasciste lo utilizzarono per convincere le masse di avere a cuore i diritti dei lavoratori. Mussolini, Hitler e altri dittatori, utilizzarono termini e concetti tipici delle rivendicazioni socialiste. Ad esempio, “plutocrazia”, “potere ai lavoratori” o “cambiamenti rivoluzionari”. Il nazifascismo è stato l’esempio più evidente della strumentalizzazione delle idee socialiste per instaurare un regime occultamente dominato dall’élite. Nella logica paradossale della difesa ad oltranza del vecchio sistema, le controrivoluzioni diventarono rivoluzioni. Mussolini era convinto di realizzare una rivoluzione, che chiamava “rivoluzione fascista”. E anche il bolscevismo fece altrettanto, chiamando una guerra che avrebbe insediato un nuovo sistema tirannico, "rivoluzione comunista".
Rivoluzioni sono state anche quelle dei tanti patrioti africani e asiatici, che combatterono contro l’asservimento coloniale. Molte guerre rivoluzionarie hanno insanguinato l’America Latina: con innumerevoli colpi di Stato militari furono massacrate milioni di persone.
I rivoluzionari anticoloniali, anche quando erano disposti a percorrere vie pacifiche e civili, si trovarono all'interno di una spirale di persecuzioni, arresti, torture e morte. Furono accomunati da questa sorte molti politici del Terzo Mondo, che avevano come unico obiettivo il benessere del loro popolo, come Patrice Lumumba, Thomas Sankara, Achmed Sukarno, Salvator Allende e Aung San.
Le guerre controrivoluzionarie sono le guerre organizzate e dirette dall’élite dominante per piegare il popolo e indebolirlo politicamente ed economicamente. Questo libro spiega come le guerre controrivoluzionarie sono servite a rafforzare privilegi e potere. Anche le due guerre mondiali firono guerre controrivoluzionarie, come le più recenti documentazioni, che questo libro analizza, fanno emergere.
Per molti anni, le due guerre mondiali sono state raccontate in modo ingannevole, per insabbiare responsabilità e per mantenere la propaganda favorevole ai vincitori. Le due guerre mondiali sono state descritte all'interno della retorica della "difesa della libertà" o della lotta per i valori democratici, ma in realtà esse furono progettate anni prima dalle Imprese e dalle banche, per impedire cambiamenti in ordine alle idee social-comuniste e anarchiche e per accrescere il potere oligarchico.
Questo libro svela numerosi retroscena che permettono di capire il vero senso che le due guerre mondiali hanno avuto, e le vere motivazioni che le hanno provocate, facendo emergere fatti che nessun libro scolastico racconta.
L’oligarchia che progettò le due guerre mondiali, ebbe, grazie ai conflitti, vantaggi enormi, cambiando profondamente la società e acquisendo un potere che in precedenza non aveva. Dopo le guerre, la situazione cambiò a tal punto che l'élite poteva imporre il sistema elettorale partitico, attraverso cui tenere sotto controllo tutte le formazioni politiche. Come osservava Carlo Pisacane, “Finché la società verrà composta da molti che lavorano e da pochi che dissipano, e nelle mani di questi pochi sarà il governo, il popolo deriso col nome di libero e di sovrano, i molti non saranno che i vilissimi schiavi”.(6)
Le rivoluzioni e le controrivoluzioni del XX secolo, dunque, nella loro verità, svelano una storia mai raccontata di crimini e di lucida crudeltà, per impedire ai popoli l'autodeterminazione e la libertà, e affinché pochi gruppi si dividessero le ricchezze e il potere. Comprendendo in profondità cosa sono davvero le guerre è possibile confutare l’idea che esse siano fenomeni inevitabili.


NOTE

1) Tincani Persio (a cura di), "Viva la rivoluzione! Come dire no al potere. Da Robespierre a Che Guevara", Edizioni BUR, Milano 2006, p. 8.
2) Hart Herbert, "Il concetto di diritto", Einaudi, Torino 1965, p. 71.
3) La Marsigliese di J. Rouget de l’Isle, in Tincani Persio, op. cit. p. 185.
4) Proudhon Pierre-Joseph, "Critica della proprietà e dello Stato", Elèuthera, Milano 2001.
5) Malatesta Errico, "Il buon senso della rivoluzione", Elèuthera, Milano 1999.
6) Pisacane Carlo, "Saggio sulla rivoluzione", Einaudi, Torino 1944.


ALCUNI ARGOMENTI TRATTATI NEL LIBRO:
- Quali sono le ideologie che hanno motivato le guerre.
- Chi sono i gruppi che ricavano vantaggi dalle guerre.
- Caratteristiche storiche, economiche, finanziarie dello scorso secolo.
- Cosa sono il colonialismo e il neocolonialismo.
- Ruolo degli Istituti internazionali nel provocare le guerre.
- Significato delle “rivoluzioni” e delle “controrivoluzioni”.
- Significato delle lotte anticoloniali in Africa, Asia e Sudamerica.
- Eventi rimasti sconosciuti della Seconda guerra mondiale.
- Rivendicazioni dei popoli islamici.
- Cos’è la Nakba Araba.
- Situazione in Medio Oriente.
- Cos’è accaduto negli anni Novanta nei territori della ex Jugoslavia.
- Patologie psichiche prodotte dalla guerra.
- La situazione dei paesi trattati è aggiornata fino ai nostri giorni.

Antonella Randazzo si è laureata in Filosofia all’Università di Pavia, città nella quale ha insegnato. Si occupa da tempo di Storia Moderna e Contemporanea, Scienze dell’Educazione e Diritti Umani.
Ha vinto il Premio Ibiskos con il saggio "Se il futuro è nero. L'Africa che nessuno racconta", in cui analizza le caratteristiche più significative del colonialismo e del neocolonialismo, nel tentativo di trarre una maggiore comprensione dei problemi dell'Africa di oggi. Nel 2006 ha scritto il libro "Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943" (Kaos Edizioni), e nel 2009 ha pubblicato la ristampa del volume "Dittature. La Storia Occultata" (Espavo). Ha pubblicato anche "Il travagliato Travaglio. Lo strano caso di un informatore disinformato", "Pirati & Mafiosi. La vera Storia del crimine organizzato" e "Dissimulazioni Massoniche" (Espavo 2010).
Da alcuni anni si occupa anche di giornalismo d'inchiesta, con particolare riferimento alle violazioni dei diritti umani, e cura la pubblicazione del periodico NUOVA ENERGIA http://antonellarandazzo.blogspot.com/2010/01/campagna-abbonamenti-2010.html.


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martedì

L'AFRICA DEL DUCE. I Crimini Fascisti in Africa



Antonella Randazzo

L'AFRICA DEL DUCE
I crimini fascisti in Africa


Ed. Arterigere - Pagg. 365

Il libro ripercorre, dall'avvento del fascismo fino alla caduta di Mussolini, gli eventi più significativi del colonialismo fascista, attraverso documenti ufficiali, lettere, quotidiani e altre pubblicazioni dell'epoca. L’Istituto Luce si curò di mostrare soltanto gli aspetti piacevoli e rassicuranti di ciò che accadeva nelle colonie: soldati che aiutavano i bambini, che costruivano strade, ascari incolonnati che facevano il saluto fascista o che ammiravano le opere del genio italiano. Non furono mostrate le terribili immagini dei morti, delle operazioni di bombardamento con i gas, oppure i campi di prigionia. Tutto apparì agli italiani come un’avventura utile, una missione di “civiltà”. I retroscena furono nascosti e sarà difficile portarli alla luce anche dopo molto tempo.
Come nella propaganda di oggi, i soldati italiani apparivano buoni e altruisti, in "missione di pace e civilizzazione".
Le foto di ciò che realmente accadeva durante la guerra in Etiopia furono fatte circolare soltanto dopo il conflitto. Non erano foto del Luce, ma di soldati e di giornalisti stranieri. In queste foto si videro immagini agghiaccianti: corpi sventrati, bambini mutilati, la testa mozzata del degiac Hailù Chebbedé esposta sulle piazze di Socotà e Quoram, e altre atrocità commesse dai soldati italiani. I bombardamenti terribili con gas tossici avevano sterminato intere tribù, ma nulla si sapeva in Italia.
Il nazifascismo fu uno dei volti del potere del gruppo egemone, un volto che si era espresso così ferocemente, fino a quel momento, soltanto fuori dall’Europa, nelle terre considerate di nessuno, dove si poteva saccheggiare e sfruttare impunemente. Dove i crimini più terribili non venivano nemmeno conosciuti e la vita delle persone non valeva nulla.
Questo libro permette di capire profondamente le dinamiche distruttive proprie del colonialismo, e i metodi di dominio sui popoli.
E' una pubblicazione che parla di fatti del passato, ma che apre la mente alla comprensione dei metodi distruttivi utilizzati anche oggi nel Terzo Mondo.
Oggi, dopo più di sessant'anni, il problema del colonialismo è ancora tragicamente aperto. Dopo i recenti fatti riguardanti la Libia, si può dire che il neocolonialismo occidentale è ancora una tragica realtà, e continua a produrre sofferenza e morte. Analoghi a quelli del passato sono i tentativi di far credere nella missione filantropica e democratica delle autorità occidentali.
Le tecniche di dominio diventano sempre più sofisticate, in virtù del progresso scientifico e tecnologico, ma le motivazioni rimangono tragicamente le stesse.



INDICE


INTRODUZIONE.......................................................7

CAPITOLO I - Dallo Stato liberale al fascismo........21

CAPITOLO II - Il duce e la politica estera..............73

CAPITOLO III - La pacificazione della Libia.........107

CAPITOLO IV - Le guerre in Somalia...................147

CAPITOLO V - La costruzione dell'Impero..........163

CAPITOLO VI - L'Apartheid di Mussolini............235

CAPITOLO VII- La caduta del fascismo e la perdita delle colonie..269

CONCLUSIONI....................................................307

DOCUMENTI......................................................317

BIBLIOGRAFIA..................................................357



INTRODUZIONE

Ancora oggi, dopo più di sessant'anni, esistono diversi luoghi comuni sul periodo coloniale e sul periodo fascista, che non trovano alcun riscontro nella realtà storica dei fatti. Ad esempio, molti italiani abbracciano ancora il punto di vista proposto, dopo l'armistizio, da monsignor Domenico Tardini, che in un promemoria destinato agli americani sosteneva che gli errori di Mussolini erano iniziati alleandosi con la Germania di Hitler. Secondo Tardini, l'alleanza con la Germania aveva allontanato Mussolini dalla tradizione italiana e della Chiesa. Il duce "agendo di testa sua" era stato indotto ad entrare in guerra. Le argomentazioni di Tardini omettono e negano una serie di fatti storici ormai accertati e documentati. Il regime fascista aveva già portato l'Italia alla rovina (prima ancora dell'alleanza con Hitler) con la sua politica economica da saccheggio e con la guerra d'Etiopia. Tardini non fa emergere il carattere violento e bellico dell'ideologia fascista, che spinse Mussolini, appoggiato dai suoi complici e dal re, prima ad avvicinarsi ai paesi imperialistici, che vedeva come i più forti, e poi ad entrare in guerra al loro fianco presagendo una vittoria eclatante e vantaggiosa. Non era stato soltanto Mussolini a volere la guerra, ma tutti i fascisti (industriali, banchieri, agrari e parte del popolo) e anche il re, lo testimoniano parecchi documenti e giornali dell'epoca che inneggiavano alla "guerra lampo". Un altro elemento che confuta l'idea di Tardini è l'aggressione brutale che Mussolini aveva già attuato contro l'Etiopia. In Etiopia era stata praticata una politica imperialistica e violenta, che era la natura stessa del fascismo, da cui derivò l'avvicinarsi a Hitler. Quindi, l'imperialismo e la scelta della guerra erano già insite nella politica espansionistica del duce e non furono affatto dovute all'imposizione o all'influenza di Hitler.
La tesi di Tardini, pur essendo del tutto errata, è ancora presente nella coscienza degli italiani, anche per i fatti successivi all'armistizio, cioè il voltafaccia del re e l'arresto di Mussolini. Questi fatti spinsero molti a prendere le distanze dal duce e a cercare delle giustificazioni, dato che fino a poco prima si erano dichiarati suoi devoti sostenitori. Si affermò così il mito del duce che era stato traviato dal diabolico Hitler.
Ma la verità, sempre più dura e spiacevole dell'illusione, è che il regime fascista fu un sistema politico-economico criminale, sostenuto attivamente da molti italiani.
Questo libro tratta dei crimini commessi nelle colonie africane, parecchi crimini, che possono competere con la cattiveria e la criminalità di Hitler.
Il colonialismo italiano è una parte di storia poco conosciuta, soprattutto perché per molti anni si è attuato un vero e proprio insabbiamento degli eventi più crudeli. I motivi dell'insabbiamento istituzionale e politico sono dovuti a diversi fattori, politici ed economici. L'Italia intraprese il percorso coloniale senza una razionalità ben precisa, motivata da ragioni legate al periodo storico, cioè dal prestigio e dal desiderio di imporsi come grande potenza europea. L'impresa coloniale non è stata un affare conveniente per il paese (sia nel periodo liberale che fascista), e richiese un costo molto alto, sia economico che di vite umane (italiane ma soprattutto africane). Un altro motivo dell'oblio è che il colonialismo non fu una parte di storia per noi onorevole. Abbiamo anche noi, come gli altri paesi europei, seguito la logica del profitto e della sopraffazione, con la pretesa assurda di rimanere comunque 'brava gente'. In Italia si è affermato un altro luogo comune non suffragato dai fatti: che avessimo realizzato nelle nostre colonie una sorta di 'colonialismo buono e quasi pacifico'. Nel periodo coloniale, e anche successivamente, si diffuse l'idea che la nostra indole di persone socievoli e cordiali si fosse manifestata anche in ambito coloniale, e avessimo realizzato una sorta di paradiso per gli indigeni. Ma non andò così. Il potere coloniale italiano inflisse agli indigeni ogni sorta di violenza e sopruso: dalla deportazione alla giustizia sommaria, dall'espropriazione delle terre alla decimazione del bestiame, dal lavoro forzato alla segregazione razziale. Le repressioni, il razzismo e le espropriazioni erano già ampiamente praticati anche nel periodo liberale, ma sotto il fascismo si ebbero diverse leggi che autorizzarono la segregazione razziale, e una serie di provvedimenti che per gli indigeni equivalevano alla morte o alla miseria. Il fascismo impedì con ogni mezzo la formazione di una borghesia indigena, non permise agli indigeni di acquisire conoscenze, se non quelle basilari e rudimentali, e li estromise da tutte le posizioni di potere, rendendoli esclusivamente sudditi, completamente sottomessi al potere italiano.
L'uso dei gas mortali fu per molto tempo negato. Mussolini cercò di cancellarne le tracce documentarie, e anche dopo la sua caduta era difficile parlarne senza essere accusati di calunnia o di avere poco rispetto per le forze armate.
Anche negli anni '60 le documentazioni sulle guerre coloniali omisero parecchi elementi e non mirarono a fare chiarezza sui fatti. Ad esempio, un libro di Vincenzo Lioy sulle operazioni dell'Aeronautica in Eritrea e in Libia, pubblicato nel 1964 dal "Comitato per la documentazione dell'opera dell'Italia in Africa", non spiega e non chiarisce la lotta della resistenza libica, limitandosi a parlare di "ribelli", proprio come si faceva durante il fascismo per nascondere che il popolo libico non voleva il dominio italiano. Sotto il fascismo la propaganda si prodigò a diffondere l'idea che gli indigeni delle colonie si sottomettessero con entusiasmo alla superiore civiltà italiana, ricevendo non pochi benefici. Negli anni '60 ormai si poteva conoscere la verità storica. Tuttavia, Lioy non cita nemmeno l'uso dei gas, pur avendo a disposizione documenti e telegrammi che lo testimoniavano inconfutabilmente. Ammettere l'esistenza di un popolo che rifiutava il dominio italiano, come avverte Salerno, equivaleva ad ammettere che la terribile repressione attuata dal governo fascista era diretta a tutto il popolo libico, cioè "riconoscere che in molti casi, forse nella maggioranza dei casi, gli aviatori italiani gettarono le loro bombe su concentramenti di civili e non, invece, su gruppi di soli armati". (1)
Negli anni '70 il presidente libico Muhammar Gheddafi parlava di gravi crimini commessi dall'Italia contro i libici. Quello che raccontava, cioè l'uso dei gas, le uccisioni arbitrarie, il genocidio della popolazione del Gebel e i campi di concentramento, apparvero come esagerazioni. L'Italia non aveva conoscenza dei veri fatti accaduti e conservava ancora le notizie date dalla propaganda, cioè notizie di "lavoro italiano", di miglioramento della situazione delle colonie e di fiere coloniali in cui venivano mostrati soltanto gli aspetti commerciali e superficiali della situazione nelle colonie. Ma alcuni autori, come Eric Salerno, Angelo Del Boca o Giorgio Rochat, fecero studi approfonditi e trovarono telegrammi, documenti e lettere che testimoniavano che in Libia erano avvenuti fatti criminali gravissimi. La "missione civilizzatrice" e le belle immagini del "lavoro italiano" avevano nascosto il genocidio del popolo libico, attuato soprattutto per fare spazio ai coloni italiani.
Per realizzare i suoi obiettivi Mussolini si valse di collaboratori che condivisero con lui completamente i disegni criminali, e a volte lo superarono in crudeltà. Uno di questi fu il Maresciallo Rodolfo Graziani, che nel 1937 attuò in Etiopia una repressione senza limiti di crudeltà. Fu troppo persino per il duce, che volendo migliorare l'immagine del fascismo, decise di sostituirlo con il più mite Duca D'Aosta.
Mussolini si occupò di reprimere definitivamente la lotta partigiana in Libia, e poté sperimentare la potenza dell'Aviazione italiana contro la popolazione inerme, su cui fece gettare una grande quantità di gas mortali.
La propaganda fascista parlava di gruppi fanatici e bande criminali che venivano sconfitti dalla civiltà evoluta dell'Italia, che portava pace e benessere ovunque.
Si arrivò a comandare agli aviatori di bombardare ovunque vedessero qualcosa che si muoveva nei luoghi non soggetti al dominio italiano. Lo scopo era quello di terrorizzare la gente, per indurla alla totale sottomissione. Un altro scopo era quello di studiare attentamente gli effetti dei gas sulla popolazione. Uno dei tanti protagonisti, l'aviatore Vincenzo Biani, nel suo libro "Ali sul deserto", scrisse:

“Gli occhi degli aviatori, raccolta la visione dello spettacolo, riprendevano la fissità scrutatrice della indagine fredda, quando si trattava di guidare di nuovo la propria macchina sul folto della massa nemica.
(...) Una carovana di un centinaio di cammelli, terrorizzati dalle prime esplosioni, si erano allontanati in gran fretta, dondolando sulle groppe i loro carichi malfermi, ma due Romeo, che li avevano visti, volsero da quella parte.
Il primo passo sputando addosso alle bestie una spruzzata di pallottole che nella maggior parte andarono a vuoto, poi l'Arma s'incantò e non volle più saperne di sparare.
Il pilota si arrampicò per aria lasciando libero il campo al compagno che sopraggiungeva, rasente a terra, dalla coda verso la testa della carovana, mettendo a segno un intero caricatore sui fianchi dei cammelli.
Molti stramazzarono a terra, scoprendo i ventri obesi e annaspando nell'aria con le zampe lunghissime, unico mezzo a loro disposizione per dire che erano dispiacenti di morire. Ma nessuno li compianse.
(...) Una volta furono adoperate alcune bombe ad iprite, abbandonate dal tempo di guerra in un vecchio magazzino ed esse produssero un effetto così sorprendente che i bersagliati si precipitarono a depositare le armi”. (2)

Gli appelli delle comunità islamiche a denuncia dei crimini che l'Italia stava attuando non servirono a nulla. Eppure erano appelli chiari e ben documentati. Uno di essi, ad esempio, diceva:

“La gente ha appreso che l'Italia ha diretto ottantamila arabi del Gebel el Akdar e li ha posti nel deserto di Sirte togliendo loro i propri terreni col pretesto di volerli colonizzare per mezzo degli italiani i quali sanno fare meglio degli arabi. Il mondo ha appreso che l'esercito italiano ha occupato Cufra ed ha ucciso una quantità di arabi che difendevano il proprio paese. (...) La storia dell'umanità, anzi la storia dei barbari, non ha mai registrato fin adesso maggiori atrocità né più vili, né più selvagge di quanto hanno fatto, questa volta, gli italiani in Tripolitania e nella Cirenaica.
(...) Gli italiani si sono incamminati verso Cufra preceduti dagli aeroplani i quali incominciarono a lanciare bombe sulle abitazioni uccidendo gran numero di donne, bambini e vecchi. Quando poi gli italiani hanno occupato Cufra estenuando i disgraziati arabi con la superiorità delle loro armi, hanno permesso il massacro in Cufra per la durata di tre giorni nei quali hanno commesso atti a cui nessuno può pensare.
(...) hanno squarciato il ventre delle donne (...). Della popolazione di Cufra furono uccisi in combattimento duecento martiri mentre essi difendevano le loro abitazioni e il loro onore.” (3)

L'Italia del fascismo era un'Italia repressa duramente dalle leggi fasciste, un'Italia che sempre più veniva soggiogata dall'unico punto di vista fascista, nell'incapacità di capire le tante insidie della propaganda. Il re e la Chiesa si mostravano sempre più entusiasti del fascismo e delle sue politiche coloniali.
Il re, grazie a Mussolini, avrà la Corona imperiale, mentre la Chiesa, oltre ai vantaggi dei Patti Lateranensi, avrà la garanzia di vedere tutelati i suoi interessi economici. Il Banco di Roma, come altre banche e imprese, sarà protagonista di prima grandezza nelle vicende coloniali italiane. La spinta delle banche e delle imprese è stata sempre molto forte nell'appoggiare le guerre coloniali, era stato così anche per la guerra italo-turca di conquista della Libia, nel 1911-1912, così sarà anche per la guerra etiopica. Nel mondo capitalistico italiano erano molti i settori, ad esempio quello armatoriale, quello cantieristico o navale, che traevano enormi profitti dalle vicende coloniali.
Caratteristiche proprie del colonialismo fascista furono la massiccia propaganda e la rigida censura, che crearono consensi e nascosero gli aspetti più terribili dei fatti coloniali, impedendo denunce e indignazioni, che furono presenti nel periodo liberale. Nel fascismo la guerra all'Etiopia venne propagandata come una guerra nazionale, che avrebbe permesso all'Italia di salire un primo scalino per riaffermare la sua antica grandezza. Mussolini, attraverso l'aggressione all'Etiopia, tenterà di sollevare le sorti di un paese economicamente distrutto, in cui la gente iniziava ad accorgersi che il fascismo non era dalla parte delle persone comuni, e in cui molti giovani erano disoccupati e annoiati dalle restrizioni del regime. La guerra d'Etiopia permetterà a tutti di sentirsi protagonisti. Scrisse Indro Montanelli:

“Ognuno voleva passare alla Storia come il conquistatore di qualcosa: Starace fece il diavolo a quattro per entrare per primo a Gondàr. E Badoglio ebbe il suo daffare per tenere in freno iniziative spericolate e per dirimere gelosie e rivalità. Per la marcia su Addis Abeba, dopo l'ultima conclusiva battaglia, si dovettero contingentare i posti d'imbarco sugli automezzi della colonna: volevano andarci tutti.
(...) Non era un'altra Italia che nasceva in Abissinia, ma la stessa Italia, coi suoi gerarchi, i suoi uggiosi rituali, la sua jungla di regolamenti contraddittori, le sue clientele, le sue fazioni.” (4)

Non erano pochi quelli che sapevano, ma per molti anni anche i protagonisti della guerra d'Etiopia negarono la crudeltà praticata nelle colonie. Del resto, anche altri crimini del fascismo apparivano inesistenti. Il mondo intero osannò il governo antidemocratico e repressivo del fascismo. Ad esempio, nell'America del 1932, un sondaggio che chiedeva chi è "il più grande uomo del mondo" vide vincitore Mussolini, e il "New York Times" lo definì "l'uomo di Stato più chiaroveggente del momento". Negli anni '30, nessuno più si ricordava o diceva come quel governo era salito al potere.
Il nazifascismo fu uno dei volti del potere capitalistico, un volto che si era espresso così ferocemente, fino a quel momento, soltanto fuori dall'Europa, nelle terre considerate di nessuno, dove si poteva saccheggiare e sfruttare impunemente. Dove i crimini più terribili non venivano nemmeno conosciuti e la vita delle persone non valeva nulla. Lo studioso Ali A. Dawi fa notare come alcune caratteristiche del diritto internazionale hanno permesso che il colonialismo fosse legale:

“Il diritto internazionale tradizionale, di origine europea, è largamente fondato sulla distinzione tra le nazioni civilizzate (europee) e quelle che non lo sono (non-europee). Questo diritto riserva alle prime i benefici del 'diritto pubblico europeo' e consacra il loro diritto di porre le seconde sotto la dominazione coloniale. Inoltre, il diritto internazionale e coloniale non costituiva altro se non delle regole adottate dagli Stati colonialisti per limitare la loro competizione coloniale. D'altro canto, il diritto interno dello Stato colonizzatore non può, evidentemente, arbitrare i propri rapporti con il paese colonizzato. In effetti, questo diritto non è che l'espressione della forza bruta del vincitore”. (5)

Fino a quando una cultura si sentirà superiore alle altre avverrà una sorta di "dualismo morale", che farà coesistere due aspetti contrastanti: quello del rispetto della persona umana e dei suoi diritti nello Stato di Diritto, e quello delle persone appartenenti ad altre terre, considerate inferiori e, quindi, devono sottostare alla volontà degli appartenenti alla cultura che ha formulato il diritto stesso, nella doppia legislazione.
Tutte le potenze europee, anche quelle che si dichiarano democratiche, hanno attuato nelle colonie una crudeltà senza limiti, con la giustificazione della presunta superiorità culturale dell'Europa. Solo per fare qualche esempio, gli inglesi massacrarono i mahdisti del Sudan, i tedeschi gli Herero in Namibia e i belgi i congolesi.
Mussolini, con la guerra d'Etiopia, suscitò indignazione da parte dell'opinione pubblica inglese perché negli anni '30 stava emergendo una nuova sensibilità verso le terre non europee. L'opinione pubblica occidentale induceva a pensare che il periodo coloniale, con i suoi crimini e le terribili repressioni, stesse tramontando. Ma così non sarà, e anche dopo la Seconda guerra mondiale avverranno parecchi massacri contro i popoli che lottavano per la loro libertà. Ricordiamo, ad esempio, i Mau Mau del Kenya, che furono considerati dagli inglesi "feroci e selvaggi terroristi" soltanto perché volevano le loro terre, e furono repressi ferocemente fino alla sconfitta. I Mau Mau, alla fine della guerra, avevano ucciso complessivamente 100 inglesi, mentre questi ultimi avevano massacrato e deportato almeno 130.000 indigeni, praticando torture nei campi di concentramento appositamente creati. Anche in Algeria avvenne un genocidio tra il 1954 e il 1961. I francesi, pur di conservare il dominio sulla colonia, uccisero un milione e mezzo di patrioti algerini.
Le potenze europee furono ambigue e di fatto condiscendenti verso la ferocia coloniale dell'Italia fascista, e dopo la Seconda guerra mondiale i vincitori aiutarono l'Italia a insabbiare i crimini commessi contro l'Etiopia. Non potevano certo permettere che un paese africano istituisse una Norimberga contro un paese europeo, altrimenti quante Norimberga avrebbero potuto essere istituite per i crimini commessi in Africa!
La violenza espressa dal regime fascista era stata accettata e ritenuta utile: il cosiddetto "biennio rosso" aveva terrorizzato l'intera Europa dei privilegi, e aveva spinto le autorità ad accogliere con favore sistemi politici rigidi e autoritari, in cui il potere era concentrato nelle mani di poche persone. Si crearono stretti legami, sin dai primi attacchi squadristi, fra industriali incattiviti dai continui scioperi, imprenditori agricoli e fascisti.

L'appoggio del potere economico capitalistico fu dato a Mussolini, così come a Hitler, e quest'ultimo seguì tutti i passi già fatti dal primo per realizzare un sistema di potere analogo, che permettesse l'egemonia assoluta della classe che deteneva il potere economico-finanziario-industriale. Quando Hitler ebbe il potere, la politica finanziaria ed economica era già tutta stabilita e il führer non la modificò affatto. Il quadro era stato posto dalla Reichsverband, che era l'Associazione degli industriali tedeschi, successivamente diventata Wirtschaftslenkung, "imprese private guidate", ma, al contrario di ciò che si faceva intendere, non era lo Stato a guidare le imprese ma erano le imprese ad avere il potere statale. Queste associazioni non furono create da Hitler, e i programmi finanziari ed economici furono stilati da persone di alto livello nella preparazione finanziaria: da grandi banchieri e da industriali.
Il 14 Febbraio del 1929, papa Pio XI, felice per la firma dei Patti Lateranensi, in un discorso all'Università Cattolica di Milano, così parlava di Mussolini: "Siamo stati nobilmente, abbondantemente assecondati dall'altra parte. E forse occorreva un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare".(6)
Mussolini era stato l'uomo della Provvidenza anche per gli industriali, che il 7 Marzo del 1920, al Congresso della Confindustria, approvarono un documento in cui si affermava che: "Il Congresso fa voti per un indirizzo di governo che realizzi la disciplina nel potere. (...) Porti alla direzione dello Stato uomini e metodi nuovi". In Mussolini videro uno di questi "nuovi" uomini. Fin dall'inizio il fascismo fu improntato alla sopraffazione e all'ideologia della prevalenza del più forte. I metodi violenti si imposero prima della Marcia su Roma, e il 28 Ottobre del 1922 il fascismo, come in una grande manifestazione propagandistica, ottenne una legalità che non ebbe mai nella sostanza.
In politica internazionale il fascismo non poteva che abbracciare un nazionalismo ad oltranza, e dopo la proclamazione dell'impero prese inizio un percorso atto a riscattare il malcontento nazionalista del primo dopoguerra. La sete di potere di un esiguo gruppo era insita al fascismo e, insieme al mito della forza, ne rappresentò la caratteristica essenziale.
Con le conquiste africane affiorò in Mussolini lo spettro della mescolanza delle razze e la paura che gli indigeni coloniali potessero pretendere l'uguaglianza con gli italiani. Da queste paure derivò una legislazione volta a rassicurare il duce e i gerarchi fascisti che la superiorità della razza italiana si sarebbe imposta sulla nera, e che le due razze sarebbero state tenute separate e distinte in difesa dell'"orgoglio di razza" del dominante.
Nel periodo liberale l'Italia non era stata meno crudele con gli indigeni coloniali: identica era la sete di conquista, il saccheggio delle ricchezze e lo sfruttamento della manodopera. Tuttavia, il duce attuò un vero e proprio "apartheid", progettato da scienziati di regime che teorizzarono "l'ibridismo" come un pericolo per la supremazia del bianco. Le leggi razziali del fascismo furono approvate a partire dal 1937, e non furono dirette soltanto contro gli ebrei, ma riguardarono soprattutto indigeni e zingari.
Il libro ripercorre, dall'avvento del fascismo fino alla caduta di Mussolini, gli eventi più significativi del colonialismo fascista, attraverso documenti ufficiali, lettere, quotidiani e altre pubblicazioni dell'epoca.
Oggi, dopo più di sessant'anni, il problema del colonialismo italiano è ancora tragicamente aperto. La Libia non ha ottenuto nemmeno che venissero rispettate le minime richieste, cioè che venissero aiutati a sminare i campi riempiti da mine durante la Seconda guerra mondiale, e conoscere il destino delle persone libiche deportate nelle isole italiane di Ponza, Ustica, Favignana e Tremiti, di cui non si è saputo più nulla. Secondo alcune stime le mine terrestri erano circa 10 milioni, molte delle quali hanno già prodotto gravi incidenti, nella maggior parte dei casi a bambini. I libici chiedono all'Italia di risarcire le vittime delle mine e di ottenere le mappe necessarie allo sminamento.
L'Italia non ha mai chiaramente e approfonditamente fatto i conti col passato coloniale, e la perdita di tutte le colonie dopo la Seconda guerra mondiale fece si che quel passato venisse considerato già concluso, senza bisogno di capirlo e di rigettarlo in modo critico e cosciente.
Un sintomo di rimozione immediata senza conoscenza critica è il divieto di proiettare nelle sale italiane il film “Il Leone del deserto”, che rappresenta alcuni tragici episodi della resistenza libica e della lotta di Omar el-Mukhtàr, il capo eroico fatto impiccare da Graziani nel lager di Soluch.
Anche l'inchiesta televisiva “Fascist Legaci” di Ken Kirby e Michael Palumbo sui crimini di guerra italiani in Africa e nei Balcani non è mai apparsa sugli schermi della televisione di Stato, nonostante la Rai-Tv avesse acquistato il filmato diversi anni fa.
Ci chiediamo, con Angelo Del Boca: "A quando i processi postumi ai Badoglio, ai Graziani, ai De Bono, ai Lessona, ai Cortese, ai Maletti e a tutti gli altri responsabili dei genocidi africani rimasti impuniti?"


NOTE

1) Salerno Eric, "Genocidio in Libia", Manifestolibri, Roma 2005, pp. 57-58
2) Salerno Eric, op. cit., pp. 63-64
3) Salerno Eric, op. cit., pp. 39-40
4) Montanelli Indro, Cervi Mario, "L’Italia Littoria", Milano 1979, pp. 347-349.
5) Dawi Alì A., “Alcuni aspetti giuridici della colonizzazione italiana della Libia”, in Angelo Del Boca (a cura di), “Le guerre coloniali del fascismo”, Laterza, Roma-Bari, 1991, p. 361.
6) Chabod Federico, “L’Italia Contemporanea 1918/1948”, Einaudi, Torino 1961.


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