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IL VOLTO DEL DISSENSO. La protesta civile e il suo valore.

Di Antonella Randazzo

30 giugno 2007


Il dissenso o la protesta civile esistono quando non c'è una vera libertà; quando il sistema politico non tutela gli interessi di tutti, ma soltanto di alcuni, e quando si vuole imporre al popolo ciò che lo danneggia.
L'oligarchia occidentale dice di difendere i diritti umani, e professa propagandisticamente di aver costruito una "civiltà superiore", negando in tal modo la natura criminogena del sistema. Il dissenso mostra chiaramente qual'è la verità, e per questo le autorità si prodigano a minimizzarlo, etichettandolo negativamente ("antiamericani", "fanatici", "terroristi", "ribelli", "sovversivi", "estremista", ecc.).
Il dissidente viene ignorato o tollerato, fino a quando non riesce a fare proseliti. In tal caso diventa pericoloso e viene criminalizzato, denigrato o isolato. Chi sfugge al controllo sociale e fa emergere contraddizioni, crimini e soprusi del gruppo dominante, anticamente veniva gettato sul rogo, oggi viene distrutto con i mezzi mediatici.
Chi protesta perché ritiene immorale far morire di fame centinaia di bambini al giorno, o aggredire popoli inermi, appare oggi come un rompiscatole. Per constrastare la dissidenza il sistema, attraverso i media, ribalta i significati: chi vuole la pace diventa un violento, chi è solidale con chi soffre diventa un pericoloso sovversivo, e chi denuncia l'iniquità finanziaria diventa un personaggio ignorante e avido.
Il dissidente deve apparire come animato da motivi irrazionali o egoistici. Ad esempio, il quotidiano La Repubblica titolava così un articolo dedicato alla motivazione del successo di Beppe Grillo: "Critica il potere e avrai successo"(1). Si tratta del metodo propagandistico che mira a far apparire la questione della critica al potere all'interno di una visuale limitata, quale può essere quella del vantaggio personale. La stessa tecnica fu utilizzata per denigrare il lavoro dei magistrati del pool antimafia. Ad esempio, scriveva Sciascia sul Corriere della Sera: "Oggi per fare carriera basta un processo di mafia"(2).
Sandro Viola, su Repubblica, accusava: "Non si capisce come mai Falcone non abbandoni la magistratura... s’avverte l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste dei guitti televisivi"(3). Tale metodo mediatico tende a dare ad intendere che coloro che lottano contro il sistema, o che ne denunciano i crimini (il pool antimafia era "dissidente" perché stava realmente tentando di distruggere la mafia, che è parte del sistema), lo fanno per motivi personali o egoistici.
L'articolo su Grillo, scritto da Curzio Maltese, non affrontava il problema più importante: gli italiani apprendono dalla performance di un comico alcune verità fondamentali sul sistema politico ed economico. Non dovrebbe essere compito di un comico far capire qual'è la realtà politico-economica. Questa situazione basta a capire che il sistema in cui viviamo non ha nulla a che vedere con una "democrazia", in cui dovrebbe essere fondamentale l'informazione corretta da parte delle istituzioni, soprattutto sulle questioni fondamentali per tutti i cittadini. L'articolo concludeva dicendo: "Il grillo parlante non dice sempre la verità, a parte una sicura: "tutto quello che vedete in televisione è falso". La prima parte della frase non viene argomentata, e risulta un'accusa del tutto gratuita e ingiustificata, mentre la seconda parte indica una tendenza degli ultimi tempi, emersa in seguito alle numerose denunce dei cittadini contro i media spazzatura e ingannevoli. Gli stessi media di regime adesso denunciano la disinformazione, ma si guardano bene dallo spiegare a cosa essa è dovuta. Non può bastare dire "la Tv è falsa" oppure "i giornalisti non dicono la verità". Occorre far capire come mai fanno carriera i giornalisti più inclini alla sottomissione al potere, o quelli più mediocri e incapaci di fornire una vera e approfondita informazione. Si dovrebbe dire chiaramente che i mass media sono controllati dalla stessa oligarchia dominante che controlla la realtà economica e politica. Tale oligarchia non ha affatto interesse ad informare la gente, piuttosto preferisce nascondere quanto possibile gli aspetti inaccettabili del sistema. Se proprio alcuni di questi aspetti devono saltar fuori, preferisce farli dire da un comico piuttosto che da un'autorità. Ciò serve anche a deresponsabilizzare tutti, come se il sistema fosse dovuto ad una serie di casualità, e nessuno deve dare spiegazioni.
Per limitare il dissenso, i mass media tendono ad occultare le notizie allarmanti, come ad esempio quelle che riguardano il potere totalitario delle banche o le operazioni criminali attuate dall'élite statunitense in moltissime parti del mondo. Su questi argomenti i media tendono ad essere rassicuranti e semplicistici, nascondendo o mistificando gli aspetti più gravi e preoccupanti, oppure dando la colpa dei crimini a qualcun altro ("terroristi").
Negli ultimi anni, nel nostro paese sono emersi problemi che denotano l'assenza di sovranità dei cittadini. I fatti più conosciuti riguardano la protesta "No Tav" in Val di Susa e quella "No dal Molin" a Vicenza. Si tratta di persone che stanno lottando per i diritti che una vera democrazia dovrebbe garantire e difendere: la salute, la pace e un mondo senza crimini. I media si sono accaniti contro questi cittadini, cercando di farli apparire come "antiamericani", "antiprogressisti" o addirittura "terroristi". Ad esempio, al presidente della Comunità Montana della Bassa Val di Susa e Cenischia, Antonio Ferrentino, il giornalista de La Stampa chiese: "Presidente è sicuro che il movimento sia immune dalla propaganda terroristica?"(4). La domanda metteva sotto accusa coloro che rivendicano i propri diritti. Si tratta di una tecnica che mira a distogliere l'attenzione dalla questione principale che ha causato il problema, per porla su coloro che hanno sollevato la questione, come se il colpevole fosse chi solleva il problema e non chi lo crea. Ferrentino rispose: "Abbiamo assistito a tentativi di strumentalizzazione della nostra protesta... Un mese fa qualcuno ha messo dei copertoni sotto un traliccio e poi ha appiccato il fuoco. I grandi giornali nazionali hanno dedicato pagine al fatto mentre se fosse accaduto in qualsiasi altro posto avrebbe trovato spazio in una breve. Se c'è un rischio è legato al fatto che qualsiasi cosa succeda sul nostro territorio ha un'eco mediatica esponenziale. E così qualsiasi cretino o qualsiasi criminale faccia qualcosa da noi è quasi certo di finire in prima pagina".
Il dissenso viene temuto dal sistema attuale, a tal punto che in molte parti d'Italia esiste una sorveglianza continua dei cittadini. Per giustificare il controllo, le città vengono rese sempre meno sicure, e i media tendono a mettere in allarme, generando paura e insicurezza. Le forze dell'ordine hanno la funzione, quando occorre, di reprimere il dissenso, e non di creare sicurezza nelle città. Infatti, esse non intervengono in caso di spaccio di droga (pur essendo in molte zone visibile a tutti i cittadini) e non rendono le città sicure e protette dalla piccola criminalità, come sarebbe loro compito.
Il sistema attuale si basa sul crimine e sulla paura, e dunque vuole condizionarci affinché sentiamo la necessità di doverci proteggere dagli altri, magari acquistando antifurti o armi. Le carceri vengono riempite soprattutto di persone che per la disperazione hanno commesso piccoli reati o da immigrati che talvolta non hanno commesso alcun reato. Grazie all'indulto escono dal carcere non soltanto gli immigrati e i disperati, ma anche i mafiosi e altri criminali pericolosi, che seminano altro panico fra la popolazione. I canali mediatici amplificano i reati commessi da cittadini comuni o da extracomunitari, gettandoci in un clima di diffidenza e preoccupazione. Viene utilizzato anche "l'allarme terrorismo", attraverso notizie allarmanti. Ad esempio: "è stato sventato un attentato di al Qaeda" o "minacce terroristiche di al Qaeda su un sito web". Nel novembre dello scorso anno i giornali pubblicarono titoli come "Bin Laden deve venire a Milano"(5) e "Al Qaeda colpirà a natale"(6). Queste notizie hanno lo scopo principale di tenerci nel panico, preoccupati dai rischi che potrebbero incombere su di noi. Col pensiero ai possibili pericoli (essere derubati, assaliti, uccisi o subire violenze di vario genere), i cittadini non cercheranno di capire la vera natura del sistema, e come esso stesso crea i pericoli di cui ci preoccupiamo. Per questo motivo sono assai più numerose le persone prese dal panico che quelle che lottano efficacemente contro il sistema.
Le libere manifestazioni di dissidenza vengono tenute sotto stretto controllo, cercando di minimizzare o annullare i loro effetti, attraverso il controllo mediatico.
Il 9 giugno scorso, in occasione della visita di Bush a Roma, si è cercato di "addomesticare" il dissenso all'interno di un evento organizzato dal governo stesso. Si trattava di un presidio "contro le guerre di Bush ma non contro il governo", come se l'attuale governo non stesse sostenendo le imprese belliche delle autorità statunitensi. Al presidio di regime si raccolsero soltanto poche centinaia di persone, mentre il corteo organizzato dai veri dissidenti attrasse almeno centocinquantamila persone, che sfilarono pacificamente esibendo vari striscioni.
I telegiornali cercarono di minimizzare l'evento oppure di denigrarlo. In un programma su La7 qualcuno utilizzò la parola "circo" per definire la manifestazione pacifista. Al telegiornale di Rai3 delle 19,00, Bianca Berlinguer disse "Il corteo no-war era quello che preoccupava di più", come dire che "quando scendono in piazza i pacifisti occorre preoccuparsi". Si tratta sempre del metodo del ribaltamento dei significati: non era Bush a dover preoccupare, quale rappresentante di un'élite che ha commesso ogni genere di crimine, ma i pacifisti che manifestavano contro questi crimini.
I giornalisti che seguivano l'evento di tanto in tanto, con tono concitato riferivano: "Per adesso le manifestazioni sono pacifiche", ad intendere che da un momento all'altro potevano scoppiare violenze.
I media misero in evidenza un evento che potrebbe essere stato opera di un solo personaggio o addirittura creato ad oc per indurre a credere che chi avrebbe manifestato quel giorno non aveva tutte le rotelle a posto. Si tratta di una frase scritta durante la notte sulla lapide di via Fani dedicata a Moro. La frase diceva: "Bush uguale Moro". La notizia è stata data insieme alle altre notizie sulla manifestazione, creando così il meccanismo dell'associazione degli eventi. La strumentalizzazione del fatto emerse chiaramente dalle parole del presidente della repubblica Giorgio Napolitano, che dette per scontato, senza alcuna prova, che si trattasse di un gruppo di dissidenti: "(sono indignato) per le vili espressioni di cieca faziosità e violenza... (che sono) propri di irresponsabili gruppi minoritari, ma debbono ugualmente suscitare allarme e vigilanza"(7).
Il dissenso viene mostrato dai media ufficiali come ridicolo. Se fra centomila persone ce ne fosse anche una sola vestita da clown o in modo carnevalesco, potete scommettere che tutte le telecamere inquadreranno quell'immagine e la manderanno in onda nei telegiornali. Il regime vuole mostrare le proteste come qualcosa che non appartiene all'intera società, come dovute a persone strane, emarginate oppure disadattate, e dunque le immagini di clown o di persone mascherate o strambe sono ben adatte ad indurre questo tipo di associazione. Queste immagini servono a veicolare il messaggio che chi protesta è un po' matto, svitato, fuori dal comune, anormale.
Quel giorno la polizia sequestrò alcuni striscioni, in particolare quelli che si riferivano al presidente Bush. Su uno di questi c'era scritto: "La vostra guerra è imperialismo. La vostra pace è sfruttamento. Bush vai a quel paese". Alcuni giovani che si sono visti sequestrare i loro striscioni hanno tirato fuori alcuni pennarelli e hanno scritto sulle magliette i loro slogan, sicuri di poter scrivere ciò che volevano dato che gli agenti non avrebbero potuto privarli delle loro magliette.
Alla fine della manifestazione ecco che arriva l'evento di cui parlare, per evitare di mettere in evidenza gli aspetti positivi della manifestazione. Un gruppo di giovani, indicati nell'ordine di 50/100, come fosse tutto preparato in anticipo, indossarono caschi e iniziarono a provocare i poliziotti, che rimasero impassibili. Il gruppo era trattato in modo ostile dal resto del corteo, come fosse a loro del tutto estraneo: molti urlarono contro "Fascisti", "Andate via". Il gruppo di teppisti cercò di creare scompiglio, tentando di distruggere vetrine, ma poi, dopo che gli agenti gettarono alcuni lacrimogeni, si allontanarono e cambiarono "divisa", togliendo caschi e felpe e indossando magliette colorate per mescolarsi alla folla e non essere riconosciuti come i teppisti del momento precedente. Se l'obiettivo era quello di fare in modo che i media avessero qualcosa da riferire che non fosse positivo per i manifestanti, esso è stato raggiunto: i Tg parlarono soprattutto dello sparuto gruppo di teppisti.
La conferenza stampa di Prodi e Bush è risultata una vera e propria sceneggiata, con tanto di affettuosità fra i due, che si chiamavano per nome di battesimo e si sorridevano a vicenda, ma non trattavano affatto gli argomenti che interessavano e riguardavano gli italiani: basi militari, armi chimiche e nucleari presenti sul suolo italiano, la futura base militare di Vicenza, il sostegno alla guerra in Afghanistan, denaro speso per le guerre di dominio americane, il caso Calipari, il caso Abu Omar, le torture della Cia, il massacro del popolo iracheno, ecc. Nulla di tutto questo è stato trattato nemmeno superficialmente, e si ebbero soltanto ringraziamenti, pacche sulla spalla e sorrisi d'intesa, come si trattasse di persone prive di responsabilità. Era l'incontro di due leader che si autodefiniscono "democratici" ma che hanno completamente ignorato la popolazione, agendo come se non dovessero rendere conto a nessuno del proprio operato.
Le autorità americane organizzarono un incontro con la Comunità cattolica di Sant'Egidio nell'ambasciata americana. Un cartellone con su scritto a caratteri cubitali "Comunità di Sant'Egidio" suggeriva il tipo di evento che si stava svolgendo. Con questo incontro, le autorità americane hanno voluto dare un segnale chiaro ai pacifisti e a tutte quelle persone che denunciano i crimini commessi dall'oligarchia americana in molti paesi, come l'Iraq, l'Afghanistan e la Somalia. La sceneggiata dell'incontro con l'Ong religiosa serviva a mettere in evidenza l'intenzione degli Usa di aiutare l'Africa e tutti i poveri del Terzo Mondo. Peccato però che se volessero davvero aiutare le aree povere basterebbe ritirare le loro truppe e smettere di saccheggiare le materie prime, senza alcun bisogno di incontrare associazioni di beneficenza. E' evidente che si trattava di un evento propagandistico, assai offensivo per la dignità di coloro che in Africa e in altre parti del mondo vengono privati dei loro beni e della libertà, e costretti a vivere in miseria proprio da chi opera dietro le quinte dell'amministrazione Bush.
Il giorno dopo Bush venne mostrato dai Tg fra un gruppo di cittadini albanesi che lo accoglievano in un clima di festosità, come a dire "vedete che soltanto voi italiani non avete saputo accoglierlo come meritava". I nostri Tg si sono ben guardati dal dire che il dissenso in Albania era stato del tutto oscurato.
Accettare un sistema basato sul crimine, sulla miseria e sulla guerra non è possibile, e chi protesta rappresenta la parte migliore della società, quella che non si rassegna al crimine e all'ingiustizia. Quella che ha conservato la sua umanità e che ha il coraggio di mostrarla.


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NOTE

1) La Repubblica, 2 aprile 2007.
2) Il Corriere della Sera, 10 gennaio 1987.
3) http://www.crimelist.it/index.php?option=com_content&task=view&id=442&Itemid=2 4) La Stampa, 15 febbraio 2007.
5) La Repubblica, 28 novembre 2006.
6) La Repubblica, 12 novembre 2006.
7) Epolis Milano, 10 giugno 2007.

LIBRO "LA NUOVA DEMOCRAZIA. ILLUSIONI DI CIVILTA' NELL'ERA DELL'EGEMONIA USA"

Con la sconfitta del nazifascismo abbiamo creduto di esserci liberati dai più pericolosi criminali. Ma oggi, alla luce di nuovi documenti e di nuove testimonianze, possiamo sostenere che così non è. I crimini sono stati soltanto spostati dall'Europa alle aree del Terzo Mondo, col pretesto di "portare la libertà" ai popoli. In nome della libertà e della democrazia sono stati commessi innumerevoli crimini e genocidi.
Il titolo "La Nuova Democrazia", riprende la definizione che il dittatore Augusto Pinochet dette alla nuova situazione cilena creatasi dopo il massacro di migliaia di persone e la soppressione del governo eletto democraticamente di Salvator Allende. La Nuova Democrazia è una "democrazia senza popolo". Le "Nuove Democrazie" sono oggi tantissime, attuate e ancora, tragicamente, da attuare. Il mondo di oggi è tutt'altro che liberato da coloro che si arrogano il potere di commettere crimini, nel nome di un'ideologia che trova nel profitto e nel potere il suo unico Dio.

Questa sconcertante realtà ci viene resa incomprensibile dai media, che mostrano immagini raccapriccianti di bambini in fin di vita per la fame e non ci spiegano a cosa tutto ciò è dovuto. Impediscono l'emergere del paradosso di un Occidente che si professa evoluto e scientificamente avanzato, ma che non è capace di salvare molti esseri umani dalla morte per fame. Corpi di immigrati vengono mostrati galleggianti, senza vita, nello Stretto di Gibilterra, ma non ci spiegano le ragioni politiche ed economiche che costringono queste persone a fuggire dal loro Paese rischiando la morte. I media ci mostrano guerre e guerriglie ma non ci dicono chi produce e vende le armi che rendono possibile tutto ciò.
E' arrivato il momento di mettere tutti i tasselli del puzzle al loro posto, per rendere possibile la totale comprensione della realtà. E per dire chi sono i responsabili dei crimini.
Questo libro fa luce sulle cause dei problemi più gravi che vessano l'umanità. Senza reticenze indica le cause e i suoi responsabili.
Nonostante il libro faccia impietosamente luce sugli orrori di cui alcuni esseri umani sono capaci, le conclusioni non sono pessimistiche. Al contrario, l'idea di fondo è che scovare i crimini sia il primo passo per non renderli impuniti e per realizzare un mondo migliore. Il libro non individua soltanto i crimini del gigante imperiale, ma anche i suoi piedi d'argilla.


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