venerdì

TERRORISMO DELLE AUTORITÀ STATUNITENSI E PAKISTAN

Di Antonella Randazzo


Dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, le autorità statunitensi decisero di utilizzare il Pakistan per formare un vero e proprio esercito di terroristi, e per preparare la distruzione dell'Afghanistan. A tale scopo crearono l'Isi (servizi segreti pakistani), e organizzarono le madrasse e i campi di addestramento militare.
Nel 1979 i servizi segreti statunitensi lavorarono per preparare l'ascesa al potere del dittatore Muhammad Zia-ul-Haq, in seguito alla deposizione del legittimo ministro Zulfikar Ali Bhutto. Zulfikar sarà arrestato e poi impiccato.
Il governo di Bhutto era salito al potere nel 1977, aveva realizzato un'importante riforma agraria e dato al paese una nuova Costituzione. Nel 1988 Zia-ul-Haq muore in un incidente aereo, e Benazir Bhutto, figlia di Zulfikar, vince le elezioni e diventa Primo ministro.

Nel 1978, il Partito Democratico del Popolo afghano (PDPA), filo-sovietico, iniziava la "rivoluzione d'aprile" e fondava la Repubblica Democratica dell'Afghanistan, sotto la guida di Nur Muhammad Taraki.
Il nuovo governo non era un governo fantoccio dell'Urss, come gli Usa volevano far credere. Giornali come "New York Times" e "Washington Post", riferirono che il nuovo governo era sostenuto dalla maggioranza degli afghani, e che "la lealtà degli afghani verso il governo è fuor di dubbio".(1)
Il governo di Taraki iniziò ad attuare riforme sociali importanti: introdusse l'assistenza medica gratuita per tutti e iniziò una grande campagna per l'alfabetizzazione. Inoltre, liberò 13.000 prigionieri e abolì il potere feudale nelle campagne, introdusse la libertà di religione e l'uguaglianza fra uomini e donne.
Per queste importanti riforme, il governo afghano si sentiva minacciato dagli Usa, e chiedeva all'Urss di essere aiutato militarmente. Il Cremlino temporeggiava dall'inviare truppe in Afghanistan, perché temeva le critiche dell'Occidente. Ci pensarono gli americani a "risolvere" l'impasse: nel luglio del 1979, senza chiedere il parere del Congresso, l'allora presidente Carter autorizzò un programma segreto per sostenere i mujaheddin, con lo scopo di abbattere il governo afghano. Anni dopo, lo stesso Zbigniew Brzezinski (2) , Consigliere per la Sicurezza Nazionale, confessò a "Le Nouvel Observateur" del 15 gennaio del 1998, che gli Usa avevano attuato in Afghanistan una serie di operazioni di sostegno dei mujaheddin, per alzare le probabilità di un intervento russo:

"Secondo la versione ufficiale della faccenda, gli aiuti ai mujaheddin da parte della Cia sono cominciati durante il 1980, ovvero, dopo che l'armata rossa aveva cominciato l'invasione dell'Afghanistan il 24 Dicembre 1979. La realtà, rimasta fino ad oggi strettamente celata, è completamente diversa: è stato il 3 luglio 1979 che il presidente Carter ha firmato la prima direttiva per aiutare segretamente gli oppositori del regime filo sovietico di Kabul. Quello stesso giorno ho scritto una nota al presidente nella quale si spiegava che a mio parere quell'aiuto avrebbe determinato un intervento armato dell'unione sovietica in Afghanistan... Non abbiamo spinto i russi ad intervenire, ma abbiamo consapevolmente aumentato le probabilità di un loro intervento... Il ruolo fondamentale è svolto dai servizi segreti pakistani (ISI) che ricevono intelligence e finanziamenti da USA e Arabia Saudita (sono questi gli anni dell'alleanza economica tra la famiglia Bush e la famiglia saudita dei bin Laden...). L'ISI gestisce autonomamente i fondi americani e la guerra contro la Russia non viene presentata al popolo afghano e ai volontari stranieri come una guerra pro-America, ma come una jihad islamica contro gli infedeli comunisti. I pochi ufficiali, che in realtà erano a conoscenza del vero ruolo americano, lo hanno silenziosamente accettato".(3)

Nel luglio del 1979, la Cia iniziò ad organizzare l'esercito dei mujaheddin, per realizzare una grande guerra per procura, sul modello di quella già organizzata nel Laos negli anni Sessanta e Settanta. Grazie all'appoggio del governo pakistano e dei servizi segreti (Isi), organizzati dalla Cia, furono addestrati, fra il 1982 e il 1992, 100.000 militanti islamici.
Il Pakistan continuò ad arruolare centinaia di migliaia di mujaheddin, indottrinati nelle madrasse (4) e addestrati nei campi militari afghani. Negli anni Ottanta gli Usa pagarono la gestione dell'Educational Center for Afghanistan. I libri di testo utilizzati nelle scuole furono stampati dall'Università del Nebraska (USA). In uno di questi libri, per la terza elementare, si leggeva: "Un gruppo di mujaheddin attaccano 50 soldati russi di cui 20 rimangono uccisi. Quanti russi riescono a fuggire?", per la quarta uno dei quesiti era: "La velocità di un proiettile sparato da un kalashnikov è di 800 metri al secondo. Se un russo è alla distanza di 3200 metri da un mujaheddin e il mujaheddin mira alla testa del russo, calcolate quanti secondi ci metterà il proiettile per colpire la fronte del russo".(5)
Il programma si concluse nel 1994, ma libri simili vengono ancora utilizzati, come osserva Pervez Hoodbhoy: "Testi finanziati dagli Stati Uniti che spingono i bambini afghani a strappare gli occhi dalle orbite dei loro nemici e a tagliargli le gambe sono ancora facilmente reperibili in Pakistan e in Afghanistan, a volte anche nella loro forma originale".(6)
I talebani rappresentavano la seconda generazione di mujaheddin. Molti di essi erano orfani di guerra, e nella loro vita non avevano visto altro che guerra e distruzione. Erano profughi in Pakistan, bambini senza futuro e senza infanzia, con una situazione psicologica alterata dalla durezza della guerra. Furono accolti nelle madrasse, dove l'indottrinamento degli imam fece credere loro di poter avere un ruolo messianico nel realizzare una società di "veri musulmani". Le predicazioni nelle madrasse pakistane non rispecchiavano le vere tradizioni islamiche di tolleranza e di solidarietà ma, al contrario, inculcavano vecchie tradizioni tribali di derivazione pashtun, che propugnavano un falso Islam, fatto di vendetta, odio, estremismo e usanze primitive. Le "riforme" che i talebani attuarono quando salirono al potere ricordavano le antichissime usanze delle zone più arretrate del paese: chiusero le scuole femminili, vietarono alle donne di uscire di casa anche per fare la spesa, vietarono l'ascolto della musica e ogni sport; agli uomini imposero di tenere la barba lunga e introdussero le mutilazioni del corpo per alcuni reati. Erano stati addestrati ad applicare regole disumane, che poco o nulla avevano a che fare con la vera religione. I talebani rimasero al potere in Afghanistan finché gli Usa non decisero di destituirli, nel 2001.(7)
Nel 1990 diventò Primo ministro pakistano Mohammad Nawaz Sharif, che rimarrà in carica fino al 1993, anno in cui ritornerà Benazir Bhutto. Il potere sarà ripreso da Sharif, in seguito alle accuse di corruzione rivolte alla Bhutto.
Nel 1999, Sharif sarà destituito da un colpo di stato, e condannato all'ergastolo in prima istanza, accusato di alto tradimento e corruzione. Nel 2000 sarà condannato all’esilio (fino al settembre 2007).
Salirà al potere il generale Parvez Musharraf, che, pur promettendo "democrazia", crea una forte dittatura, appoggiata e armata da Washington.
La dittatura ebbe un duplice compito: organizzare il terrorismo finanziato dagli Usa e tenere sotto controllo i gruppi politici islamici, che avrebbero voluto liberare il paese dal giogo statunitense. A questo scopo, nel 2000 vennero messi al bando gruppi come il Jaish-i-Mohamed e il Lashkar-i-Toiba, accusati di essere parte della rete di Al Quaeda. In realtà, dato che il terrorismo detto "islamico" è organizzato e finanziato soprattutto dall'Arabia Saudita e dagli Stati Uniti, altri gruppi potrebbero essere di resistenza pacifica o armata. Le autorità statunitensi hanno tutto l'interesse a creare confusione, per poter continuare ad utilizzare impunemente il terrorismo, a seconda dei propri interessi. Poter additare il "nemico arabo", quale causa di crimini e dittature, rappresenta per le autorità statunitensi uno strumento assai importante: in tal modo viene additato un nemico "reale", e viene creata una netta divisione fra cristiani e arabi. Divisione necessaria per nascondere le vere motivazioni delle persecuzioni contro gli arabi (8) , e per intervenire militarmente come e quando si vuole in qualsiasi paese.
Ad oggi a Karachi c'è una rete di madrasse che serve a fomentare l'integralismo più estremo. Nel Pakistan sarebbero almeno 12.000 le scuole religiose che insegnano l'Islam estremistico, e il governo, pur andando a braccetto con Washington per la "lotta al terrorismo", sembra non accorgersene, dato che non ne ha mai chiusa una. Le madrasse iniziarono ad aumentare negli anni Ottanta, da meno di 300, negli anni Novanta erano salite a 6.700.
Gli studenti sarebbero circa un milione e 400mila. I bambini delle classi popolari non hanno altra scelta che andare a studiare nelle madrasse, dato che la scuola pubblica gratuita è quasi inesistente. L'alternativa è rimanere analfabeti, come il 55% della popolazione. Per le famiglie più povere le madrasse rappresentano un importante sostegno, dato che, oltre a fornire istruzione gratuita, garantiscono anche vitto e alloggio.
Musharraf protegge i luoghi in cui avviene la formazione di terroristi, e incassa finanziamenti americani e sauditi, a sostegno della "Jihad americana".
Esistono numerose testimonianze che sostengono che il "terrorismo" è assai vicino al governo pakistano. Ad esempio, Khalid Kawaja, ex capo dell'Afghan Bureau all'Isi, in un'intervista al "Sole-24 Ore" del 10 ottobre 2007, disse: "Quella Jihad non è mai finita, continua ancora oggi". Kawaja spiegò che egli stesso organizzò cinque incontri tra Osama bin Laden e l'ex premier Nawaz Sharif, al fine di offrire finanziamenti a politici e generali filo-integralisti.
Lo stesso Musharraf, in una sua autobiografia sostenne che in Pakistan è stato creato un "mostro di Frankestein". Il governo pakistano è stato pensato da Washington come un sorta di "esecutivo ombra", che agisce per commettere omicidi, attentati, e per coordinare il traffico di droga e di armi.

In seguito alle elezioni avvenute nell'ottobre scorso, in cui Musharraf è stato accusato di aver attuato brogli per poter vincere, la popolazione pakistana continua a dare segni chiari di rigetto del governo imposto.
Il 18 ottobre 2007 Benazir Bhutto rientrò in Pakistan, grazie ad un'amnistia, dopo otto anni di esilio. Fu accolta da più di 500 mila persone festanti. Durante la festa, a Karachi, si ebbe un terribile attentato, che uccise più di 140 persone e ne ferì 400, e la Bhutto si salvò miracolosamente.
La leader pakistana accusò dell'attentato i servizi segreti pakistani e dichiarò che nonostante l'intimidazione si sarebbe presentata alle elezioni con il Partito del Popolo Pakistano (Ppp). Spiegò i punti salienti del suo programma: "La nostra politica è basata su cinque punti: lavoro, istruzione, energia, ambiente e uguaglianza".(9)
Il marito della Bhutto, Asif Alì Zardari, dichiarò: "Sono in possesso di documenti che provano come elementi del governo abbiano compiuto gli attacchi".(10)
Dopo l'attentato, il portavoce degli Usa, Tom Casey, dichiarò: "Gli Stati Uniti sono a fianco del popolo del Pakistan per eliminare la minaccia del terrorismo e per la costruzione di una società aperta, pacifica e democratica".(11)
Ufficialmente, gli Usa sono sempre contro il "terrorismo" e per la "democrazia", e non si sentono affatto di dover giustificare il loro sostegno finanziario e militare alle dittature, né di dover provare il contrario rispetto alle tante prove esistenti sul fatto che essi stessi organizzano il terrorismo internazionale e lo utilizzano in moltissimi paesi contro la popolazione (Iraq, Afghanistan, Somalia, Etiopia, Birmania, Indonesia, ecc.) e per manipolare eventi. I metodi utilizzati dai gruppi terroristici finanziati dalle autorità statunitensi per mantenere salda una dittatura sono molteplici. Ad esempio, quando c'è un leader che il popolo acclama, vengono organizzati attentati dinamitardi per terrorizzare la popolazione e far capire che quel leader potrà portare soltanto rovina.
In Pakistan da molto tempo il popolo desidera liberarsi dalla dittatura, ma molti gruppi di opposizione vengono esclusi dalle elezioni, accusati di "terrorismo".
Gli Usa approfittano del potere di manipolare i mass media, e della credulità di molti cittadini occidentali, alcuni dei quali forse si accorgono che molte cose non quadrano ma scelgono di credere ai canali informativi ufficiali, che fanno apparire le autorità americane come difensori dei diritti umani e della democrazia.
La Bhutto era stata ministro dal 1988 al 1990 e dal 1993 al 1996. Per cacciarla dal governo, furono preparati "ad oc" scandali di corruzione. Per toglierla definitivamente dalla scena politica, nel 1999 era stata incriminata ancora per corruzione, ma esisterebbero alcune registrazioni che provano che i giudici erano tenuti sotto controllo dall’allora governo di Nawaz Sharif. In seguito all'incriminazione, la Bhutto si rifugiò a Dubai, con i tre figli.
Nel luglio scorso, la Bhutto aveva cercato il dialogo con Musharraf, per realizzare un governo misto, dato che la popolazione mostrava segni evidenti di non tollerare più un governo dittatoriale. L’accordo fu firmato il 5 ottobre scorso, fra il partito di governo PML-Q e il PPP, e prevedeva la rinuncia di Musharraf alla carica di capo delle forze armate, la cancellazione delle accuse infamanti rivolte alla Bhutto, e la condivisione del potere.
Dopo l'arrivo della Bhutto, nel paese era stata scatenata la furia militare e terroristica, volta a tenere impaurito il popolo, e a bloccare ogni tentativo di abbattere la dittatura. Musharraf proclamò lo stato di emergenza, e il 4 novembre furono arrestate almeno 1500 persone, fra queste, magistrati, avvocati, oppositori e attivisti per i diritti umani. Fra gli arrestati c'era anche Nadeem Anthony, membro del Consiglio della Commissione per i diritti umani del Pakistan, arrestato insieme ad altre 50 persone della Commissione.
Si susseguirono diversi attentati terroristici a Karachi e nella zona di Peshawar.
Il 5 novembre gli avvocati entrarono in sciopero per protesta contro il governo, e furono pestati dalla polizia. Raccontano l'ex presidente dell'associazione degli avvocati di Sindh e l'avvocato Akhtar Hussain: "La polizia ha preso gli avvocati a manganellate, appena sono arrivati questa mattina davanti alla Corte suprema. Molti di loro sono stati arrestati".(12)
Insieme agli arresti, agli attentati e alle repressioni del popolo, si ebbero le sceneggiate delle autorità statunitensi, che, come al solito, recitarono la parte del buon padre di famiglia che richiama alla saggezza e al buonsenso. Il presidente statunitense George W. Bush fece un appello al generale Musharraf, invitandolo a sospendere lo stato di emergenza e a "ripristinare la democrazia" (ma quale democrazia?). Bush disse: "Ci aspettiamo che le elezioni vengano tenute il prima possibile, e che Musharraf abbandoni l'uniforme".(13)

L'8 novembre la portavoce del Ppp, Farzana Raja, fece sapere che centinaia di attivisti del partito erano stati arrestati: "Hanno fatto irruzione nelle case dei nostri attivisti in tutto il Panjab, durante la notte. Il numero delle persone arrestate si aggira ora sulle migliaia".(14)
La stessa Bhutto venne messa agli arresti domiciliari il 9 novembre. Il governo le notificò un ordine di arresto della durata di 30 giorni.

La Bhutto era stata fatta rientrare allo scopo di limitare i poteri di Musharraf, "colpevole" di aver agito in modo non conforme ai diktat di Washington. Infatti, quello che i mass media occidentali non hanno reso noto, pur additando il dittatore, era che Musharraf, il 10 novembre scorso aveva firmato un accordo con l'Iran per costruire il "gasdotto della pace". Si tratta di un progetto per l'esportazione di gas, che è aperto alla probabile partecipazione dell'India. Il gasdotto Iran-Pakistan-India avrebbe l'obiettivo di trasportare il gas iraniano fino all'estremo Oriente. Il progetto era stato preparato oltre dieci anni fa, ma a causa della guerra in Kashmir era rimasto bloccato.
La proposta sembrerebbe non aver suscitato ancora l'adesione dell'India, per via di disaccordi sul prezzo di scambio. L'affare è vantaggioso per il Pakistan, che riuscirebbe ad avere accesso alle riserve di gas iraniane e a ricevere i diritti derivanti dal trasporto e dal transito verso l'India, stimati in 600/700 milioni di dollari l'anno. Il progetto "gasdotto della pace" avrebbe suscitato interesse anche da parte della Cina, che vede l'autostrada indo-pakistana come la via più veloce e più conveniente per far transitare il gas dal Golfo Persico all'Himalaya. Il gasdotto dovrebbe entrare in funzione nel 2009, con la probabile adesione della Cina.
Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, durante la sua visita in Asia, già nel 2005, aveva disapprovato il progetto, con la consapevolezza che avrebbe potuto sminuire il progetto americano del gasdotto che trasporta gas dal Turkmenistan al Pakistan via Afghanistan, e impedito alle autorità statunitensi di indebolire il governo di Teheran.
Il governo statunitense avrebbe cercato di boicottare il progetto, convincendo il governo indiano a non partecipare, e destabilizzando sia il governo iraniano che quello pakistano.
Le autorità statunitensi stanno facendo di tutto pur di continuare a controllare le risorse energetiche e le relative reti di gasdotti e oleodotti.
L'India, pur subendo le pressioni di Washington, mostra aperture verso l'Iran e la Russia, dimostrando così di capire che la costruzione di una rete di gasdotti al di fuori del controllo diretto americano equivale all’autonomia delle potenze asiatiche. Dunque, un Pakistan destabilizzato (e dotato di nucleare, come tutti sanno), potrebbe essere utile anche per indebolire eventuali governi troppo distanti dalle politiche Usa.
Secondo Al Jazeera, l'India vorrebbe incrementare i commerci con l'Iran, e a tale scopo avrebbe chiesto al Pakistan un aiuto per migliorare la rete di infrastrutture, viarie e ferroviarie, lungo il confine ad Oriente. Gli statunitensi sono preoccupati per la vicinanza dell'India e del Pakistan a Teheran, che permette al governo iraniano di avere notevoli vantaggi economici. Peraltro, sia la Cina che l’India hanno firmato con l’Iran contratti notevoli per la fornitura di gas naturale, e non è escluso che in futuro l’Iran diventi uno dei loro maggiori fornitori.
Dunque, come sostengono alcuni osservatori, Washington vorrebbe un Pakistan con un governo instabile e caotico, affinché si verifichino diversi attentati terroristici, per creare insicurezza e paura sia all'interno del paese che nelle zone vicine (India, Afghanistan, Khasmir).

Gli Stati Uniti, nel luglio scorso, avevano persino organizzato le trattative fra Islamabad e Londra (dove si trovava la Bhutto), allertati da un personaggio che temevano diventasse loro "infedele". Nel giro di poche settimane Musharraf fu descritto dai media occidentali come il personaggio che era sempre stato: un dittatore feroce. Quello che si ometteva era che egli era sempre stato al soldo di Washington, e se le autorità statunitensi ora lo additavano, quale dittatore, c'era un motivo. Il motivo è sempre il solito, com'era stato anche nel caso di Saddam Hussein: il dittatore non si stava piegando completamente alla volontà di chi lo aveva messo al potere.
Inoltre, la popolazione pakistana era sull'orlo del collasso, piegata da anni di miseria e di dittatura. Richiamare in patria la Bhutto significava sedare in parte le sollevazioni, e ridare speranza al popolo. Tutto questo però non poteva durare a lungo perché la Bhutto non garantiva agli Usa una sottomissione acritica e totale, e lo dimostra il fatto che nella sua campagna elettorale stava denunciando le scuole per terroristi, le coperture al terrorismo del governo e altri crimini. Donna di estrema intelligenza e carisma, la Bhutto non aveva risparmiato stoccate, dicendo, dopo l'attentato a Karachi: (il responsabile) "non è un musulmano", (perché uccidere innocenti è) "contro la nostra religione".(15)
La Bhutto, il 23 dicembre scorso, aveva denunciato le scuole coraniche come luoghi in cui si "trasformano i bambini in assassini". Senza alcun timore, denunciò anche gli impliciti appoggi del governo al terrorismo, dicendo ad una congregazione di almeno 25.000 persone: "Hanno sempre cercato di bloccare le forze democratiche, ma non hanno fatto nulla per prendere estremisti, terroristi e fanatici".(16)
Per questo suo modo di parlar chiaro e schietto, la Bhutto era amatissima dal suo popolo e all'estero, e per l'attuale sistema di potere rappresentava un serio pericolo.
Il suo ritorno è stato accompagnato da terribili attentati, attuati con lo scopo di intimorire la popolazione e di scoraggiare la stessa Bhutto, che però non si è piegata e ha pagato con la vita il suo coraggio.
Con l'uccisione della Bhutto a Rawalpindi (mentre stava tenendo un comizio per la campagna elettorale per le elezioni parlamentari dell'8 gennaio), in seguito ad un attentato suicida, il 27 dicembre, è scomparsa una persona che rappresentava la speranza del Pakistan di liberarsi dalla morsa del terrorismo e dalla dittatura.
Tutte le autorità hanno condannato l'attentato, anche quelle americane, ma è evidente che l'uccisione della Bhutto è stata preparata da chi aveva interesse a non rischiare di vedere il trionfo del suo partito e il suo ritorno al potere.
Dopo l'attentato, la folla si è sollevata a Peshawar, ed è stata duramente repressa con gas lacrimogeni e manganelli. Il popolo pakistano sa cosa effettivamente accade nel paese, e come il controllo degli Usa impedisce la nascita di governi realmente scelti dai cittadini.
Gli statunitensi hanno mostrato tutta la loro ambiguità e malafede verso la Bhutto, utilizzandola per indebolire i poteri di Musharraf e per tenere buono il popolo, mentre dietro le quinte architettavano una sua uscita di scena, in quanto troppo pericolosa. Infatti, la Bhutto, avendo il sostegno della maggior parte dei pakistani, e volendo realizzare un governo assai più democratico di quelli amati da Washington, poteva rappresentare un serio ostacolo ai piani degli Usa di mantenere il controllo sul paese.

Nell'ottobre scorso, il consigliere politico di Benazir, Israr Shar, egli stesso vittima di un attentato terroristico in cui perse le gambe, aveva dichiarato:

"La strage di Karachi con i suoi 140 morti è una sorta di 11 settembre alla pakistana, ma qui i terroristi non hanno bisogno di venire da fuori: sono infiltrati e con forti appoggi nei servizi di sicurezza... Con il suo ritorno Benazir rischia la pelle.(17) ... Benazir è l'erede del padre, l'uomo che quando salì al Governo fece un gesto simbolico e decisivo: assegnò una carta di identità nazionale a tutti i pachistani, a decine di milioni di persone che avevano appena un nome, privati di ogni diritto di parola. Decise che l'istruzione per i poveri era gratis, fece nazionalizzare le scuole e le industrie più importanti, parlò e agì in nome del popolo e non di un'élite che lui conosceva bene. Erano idee socialiste, che poi attuò con le nazionalizzazioni e la riforma del latifondo: le gente ignorava le ideologie ma pensava che Zulfikar venisse incontro ai loro bisogni. Il generale Zia ul Haq lo fece impiccare nel '79, due anni dopo il colpo di stato, perché sapeva che con lui vivo non avrebbe potuto trascinare il Paese verso l'islamismo e la deriva autoritaria... Sono un laico, un secolarista, e credo che ce la faremo ancora una volta, Benazir ci salverà".(18)

La stessa Bhutto, dopo l'attentato a Karachi, aveva detto: "Più delle minacce dei radicali islamici temo il governo, le sue strutture parallele di ex generali e agenti dei servizi che potrebbero eliminarmi. Neppure io credo che siano stati gli integralisti il 17 luglio a farci saltare in aria: per noi sono un minaccia ma non la principale".(19)

I media occidentali, dopo la notizia dell'attentato a Rawalpindi, ripeterono pappagallescamente "Il Pakistan è il maggiore alleato degli Stati uniti contro il terrorismo di al Qaeda",(20) ma nessun giornalista si è chiesto come mai il terrorismo ha il potere di uccidere chi vuole, in paesi in cui i governi filoamericani controllano a tappeto ogni centimetro del territorio. La logica risposta è che quello che accade in Pakistan è quasi sempre organizzato dallo stesso governo, e che le strategie di Washington volevano dare un avvertimento a Musharraf e destabilizzare l'area, ma non intendevano affatto, pur avendola illusa, mettere al potere una persona non completamente controllabile, e per di più amatissima dal popolo. Musharraf, odiato dal popolo, non sarebbe oggi più utile agli Usa, che di solito destituiscono chi non serve più a mantenere sottomessi i popoli o chi non obbedisce ai loro diktat.
Il Pakistan è oggi un paese in cui il popolo è tenuto in miseria, in cui il 73% dei cittadini vive con meno di due dollari al giorno. Vivendo in condizioni di miseria, repressi da un governo militare, i pakistani si ribellano e chiedono condizioni di esistenza più dignitose e un governo che pensi realmente a governare il paese.
Negli ultimi anni l'economia è cresciuta del 7-8% l'anno, ma come osserva lo scrittore Zahid Hussein: "Questa rimane una società divisa in due: ci sono quelli che accendono l'aria condizionata e quelli che non hanno mai visto l'elettricità in casa".(21)
Le Forze armate pakistane ricevono dagli Usa almeno un miliardo di dollari all'anno, per essere più efficaci nelle repressioni e nel controllo del territorio. Il popolo pakistano, al contrario degli europei, non crede alla favoletta degli americani che chiedono alleanza per la "guerra al terrorismo", e sa molto bene che le armi vengono impiegate per tenere sottomessa la popolazione e per organizzare il terrorismo.
Ora che le speranze sono state così duramente spezzate, il popolo pakistano è ancora più inferocito di prima, e occorrerà una durissima repressione militare per sedarlo. Forse le autorità statunitensi riusciranno a trovare un personaggio a loro fedele che possa anche riscuotere consensi fra il popolo (ovviamente attraverso l'inganno). Forse continueranno a sostenere Musharraf, oppure destabilizzeranno ulteriormente il paese, attraverso il terrorismo e le repressioni militari, per tenere l'intera zona nel caos (Kashmir, Afghanistan, India e Pakistan), e cercare di manipolare i governi, in vista di possibili scelte non gradite.


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PER APPROFONDIRE

Ahmed Nafeez Mosaddeq, "Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione "Indipendente" Usa sull'11 settembre e su Al Qaeda", Fazi Editore, Roma 2004.
Arundhati Roy, "Guida all'impero per la gente comune", Tea, Milano 2006.
Mamdani Mahmood, "Musulmani buoni e cattivi. La guerra fredda e l'origine del terrorismo", Laterza, Bari 2005.



NOTE

1) "Washington Post", 1 giugno 1979.
2) Ahmed Nafeez Mosaddeq, "Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione "Indipendente" Usa sull'11 settembre e su Al Qaeda", Fazi Editore, Roma 2004, p. 14.
3) Intervista di Zbigniew Brzezinsky a "Le Nouvel Observateur" , 15 Gennaio 1998.
4) In arabo significa "scuola", le madrasse sono le scuole religiose islamiche.
5) Cit. Mamdani Mahmood, "Musulmani buoni e cattivi. La guerra fredda e l'origine del terrorismo", Laterza, Bari 2005, p. 156.
6) Hoodbhoy Pevez, "The genesis of Global Jihad in Afghanistan", relazione presentata alla Conferenza The Civil War and Cold War, 1975-1990, presso l'Institute of African Studies della Columbia University, il 14-15 novembre del 2002.
7) A questo proposito si legga:
http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm
8) A questo proposito si legga: http://www.disinformazione.it/iran_sceneggiate_per_invadere.htm
9) http://news.excite.it/estero/491482
10) Fonte: Adnkronos/Ign, 19 ottobre 2007.
11) Fonte: Adnkronos/Ign, 19 ottobre 2007.
12) http://www.peacereporter.net/default_news.php?idn=44361
13) http://www.peacereporter.net/default_news.php?idn=44402
14) http://www.peacereporter.net/default_news.php?idn=44488
15) http://www.peacereporter.net/default_news.php?ndata=2007-10-19&idn=43767
16) http://news.excite.it/estero/498273
17) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2007/10/pakistan
18) "Il Sole 24ore", 18 ottobre 2007.
19) "Il Sole 24ore", 18 ottobre 2007.
20) Telegiornale di Raidue, 27 dicembre 2007, ore 18,30.
21) "Il Sole 24ore", 7 ottobre 2007.

mercoledì

GLI ANGELI FERITI DEI PARADISI TURISTICI

Di Antonella Randazzo


Negli ultimi anni, con l'abbassarsi delle tariffe aeree e la nascita di Resort e villaggi turistici nelle più belle località del Terzo Mondo, è stata creata una situazione paradossale quanto inquietante. Attraverso il turismo di massa, le persone già svantaggiate e depauperate da secoli di colonialismo, vengono ulteriormente danneggiate, e in molti casi ridotte a schiavi o a merce.
Secondo l'Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2010 saranno un miliardo le persone che faranno viaggi turistici all'estero. Dunque il turismo è un mercato in crescita. E' emerso che i turisti appartengono a 20 Paesi, tutti nel Nord del mondo. Chi vive in un Paese povero non può viaggiare, se non clandestinamente, rischiando la vita. E in quel caso non si tratta di turismo.
Gli abitanti dei paesi poveri non soltanto non fanno turismo, ma a causa del turismo sono costretti a subire regimi dittatoriali e miseria. Infatti, nei paesi del Terzo Mondo, la ricchezza portata dal turismo finisce quasi completamente nelle tasche degli imprenditori stranieri e dei dittatori dei regimi-fantoccio.
La quantità di europei che si recano nei cosiddetti paradisi turistici è in aumento. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di persone che ignorano completamente le condizioni politiche, sociali ed economiche dei paesi in cui vanno.
Dalle statistiche risulta che l'Italia è uno dei paesi che più pratica il turismo sessuale. Sembrerebbe che ogni anno centinaia di migliaia di pensionati, padri di famiglia, impiegati, imprenditori, e altre persone del tutto insospettabili, si rechino nei paradisi del turismo sessuale per avere rapporti sessuali con ragazze giovanissime, talvolta bambine di 12 o 13 anni.
I governi di questi paesi sanno benissimo cosa accade, e perché c'è un flusso così alto di turisti, ma, anche quando approvano leggi che proibiscono la pedofilia e la prostituzione, chiudono entrambi gli occhi di fronte al turismo sessuale. Si tratta di governi-fantoccio, che permettono lo sfruttamento delle risorse da parte dalle grandi imprese straniere, costringendo la maggior parte della popolazione a vivere in condizioni di miseria tali da essere costretta allo sfruttamento lavorativo o sessuale.
La propaganda occidentale nasconde o mistifica la vera situazione del turismo di massa, e parla di "globalizzazione" e di "sviluppo delle aree povere".
Gli europei sono indotti a credere che il turismo nei paradisi turistici sia tutto sommato conveniente per le popolazioni indigene, che non possono non trarre vantaggio, dato che i turisti portano denaro. La parola "colonialismo" non viene affatto associata al turismo, eppure se si analizza bene la situazione di questi paesi si comprende come tale termine spieghi esattamente la situazione in cui queste popolazioni vivono.
A partire dalla fine degli anni Settanta dello scorso secolo, il Fondo Monetario Internazionale ha imposto le "ristrutturazioni", che miravano a sfruttare le bellezze naturali di questi luoghi, sviluppando il turismo. L'obiettivo principale era quello di indebitare i paesi e costringere le autorità locali ad approvare leggi che dessero alle imprese straniere il potere di costruire alberghi e Resort, sapendo di poter avviare un lucroso turismo, senza pagare tasse, e potendo sfruttare le risorse naturali. Si tratta, in altre parole, di saccheggio coloniale, che mira a privare le popolazioni dei loro diritti e, impoverendole, costringerle a lavorare per salari da fame o a prostituirsi. La globalizzazione ha seminato miseria e ha rafforzato regimi dittatoriali senza scrupoli. Il processo di globalizzazione non è altro che un modo "legale", utilizzando il perverso meccanismo del debito e imponendo condizioni favorevoli soltanto alle imprese.
Per molti anni in Occidente i mass media hanno fatto credere nella menzogna che l'Fmi e la Bm agissero per incrementare lo sviluppo economico dei paesi poveri, mentre invece facevano tutto il contrario. Spiega l'economista Joseph Stiglitz:

"Oggi, pochi difendono l’ipocrisia nel pretendere di aiutare i paesi in via di sviluppo nel forzarli ad aprire i loro mercati ai buoni e avanzati paesi industriali i quali d’altro canto mantengono protetti i loro prodotti, politiche che rendono i ricchi più ricchi e i poveri più poveri e incrementando la rabbia.... (i funzionari dell'Fmi) cambiano il mandato e gli obiettivi, mentre dovrebbero starsene tranquilli, in modo sottile, dal servire gli interessi economici globali, sono passati a servire gli interessi della finanza globale... La mentalità coloniale – la certezza di conoscere cosa sia meglio per i paesi in via di sviluppo - persiste... La globalizzazione oggi non sta lavorando per i poveri del mondo. Non si sta occupando molto dell’ambiente. Non sta lavorando per la stabilità dell’economia globale."(1)

I paradisi turistici sono tali soltanto per i turisti occidentali, mentre per la maggior parte della popolazione locale sono luoghi in cui si vive come all'inferno.
Le mete più ambite sono proprio quelle in cui ci sono feroci regimi mascherati da democrazia, e in cui molti bambini e ragazzine sono costretti a prostituirsi per poter mangiare. Fra queste mete troviamo l'arcipelago delle Maldive, la Thailandia e le isole dell'arcipelago di Capo Verde. Il turismo sessuale, che è in crescita, viene praticato anche nell'Est europeo e in America Latina.
In questi paesi, la globalizzazione ha distrutto le economie locali, e costretto alla miseria e alla fame milioni di persone, facendo aumentare ancora di più il divario fra Primo e Terzo Mondo, e inducendo gli abitanti del Primo Mondo a sfruttare ulteriormente le persone più povere, considerandole alla stessa stregua di oggetti. Il più povero diventa un oggetto privo di diritti, e le aree del turismo sessuale diventano luoghi in cui c'è la possibilità di superare i normali tabù, in cui anche la depravazione più criminale, come la pedofilia, diventa lecita. Tutto ciò avviene nella rivendicazione di una presunta superiorità dell'uomo bianco occidentale, atavico conquistatore e sfruttatore di schiavi.
In molte di queste località il popolo è stato ulteriormente impoverito dall'arrivo delle grandi imprese straniere, che si sono appropriate dei loro beni e sfruttano le risorse locali con enormi agevolazioni legali e fiscali.
In molti di questi paradisi turistici i bambini non hanno scuole e non ci sono ospedali per la popolazione.
Le persone che vivono in questi luoghi vengono considerate prive di valore, e i governi-fantoccio, per avvantaggiare gli investitori, sono disposti a qualsiasi cosa.
Alle Maldive, molte persone percepiscono che il nuovo assetto li vede privi di valore: "non valiamo niente, siamo solo un fastidio... Dio quando ha creato le Maldive è stato generoso, ma ora sono un paradiso solo per voi, per noi invece c'è solo fame, disoccupazione, disperazione, e se qualcuno protesta se la passa davvero male"(2) , dicono.
In Occidente viene diffusa una falsa percezione di ciò che realmente è la globalizzazione e di cosa è accaduto nei luoghi in cui sono sorti i paradisi turistici. In realtà le "democrazie" che gli occidentali portano nei paesi del Terzo Mondo non sono altro che sistemi di dominio economico-finanziario, mascherati dal pluralismo partitico. Le popolazioni diventano "sovrane" soltanto nella scelta di un partito piuttosto che un altro, e siccome tutti i partiti sono controllati dal gruppo egemone, la situazione di governo vedrà comunque il prevalere degli interessi di pochi, mentre la popolazione sarà tenuta sottomessa attraverso le forze militari o il terrorismo. Nelle Maldive, da ben ventinove anni, c'è lo stesso presidente-fantoccio, Maumoon Abdul Gayoom. Nel 2003 Amnesty International, in un rapporto, ha denunciato gravi violazioni dei diritti umani da parte del regime di Gayoom. In particolare, si tratta di torture, maltrattamenti nelle carceri, arresti arbitrari di intellettuali, militanti politici dell'opposizione e di persone che difendono i diritti umani.
Nello stesso anno tre persone arrestate morirono misteriosamente in carcere, e la popolazione si sollevò. Gayoom, dopo questi fatti promise generiche "riforme", che non sono mai state attuate. Ad oggi la popolazione si ribella contro la dittatura mascherata da democrazia, e si sono avuti arresti in massa.
Così il capo della vera opposizione politica delle Maldive racconta la situazione del paese:

"Mi hanno torturato più volte negli ultimi venti anni. Sono stato nelle loro prigioni speciali sei o sette volte e ho trascorso cinque anni in carcere semplicemente perché avevo espresso le mie opinioni a favore della democrazia... In questo paese ci sono pochissime persone, non più di 50, che si prendono tutti i soldi e beneficiano di tutte le ricchezze delle Maldive, mentre la nostra gente vive nella miseria. Allora alcuni di noi, tempo fa, avevano preparato una lista di Resort da boicottare, dove voi occidentali non dovreste più andare perché sono di proprietà dei dittatori, e andandoci li arricchite e consentite loro di restare al potere. Se continuerete ad andarci sarete contro la nostra gente perché è una vergogna che voi veniate qua e facciate il bagno nel nostro mare, vi sdraiate al sole sulle nostre spiagge mentre nelle isole vicine noi siamo arrestati, torturati e massacrati. E' una vergogna".(3)

L'arcipelago di Capo Verde, che comprende dieci isole e otto isolotti, si trova nell'Oceano Atlantico, 450 km al largo del Senegal e 1200 km a sud delle Canarie. Dal 1995, il Governo iniziò a fare riforme per avvantaggiare le imprese straniere, su pressione degli organismi internazionali. Fra il 1995 e il 2000 fu attuata una politica di liberalizzazione e privatizzazione della maggior parte delle imprese pubbliche. Le imprese che si contendono gli affari sono oggi principalmente spagnole, italiane, portoghesi, inglesi e statunitensi.
L'isola di Sal è la più frequentata dai turisti occidentali, e a causa del turismo di massa l'assetto economico è stato distrutto quasi completamente. Racconta un cittadino capoverdiano:

"Il turismo porta ricchezza solo a pochi... alla gente di Capo Verde la ricchezza non arriva perché c'è una politica che favorisce le imprese straniere. Tutti gli alberghi... non comprano niente qua, anzi entrano in concorrenza con le piccole imprese locali. Noi capoverdiani cominciamo ad avere difficoltà a sopravvivere nel nostro paese... un umile lavoratore capoverdiano non riesce a competere con le multinazionali del turismo, e così una parte della popolazione sta pagando... per l'arrivo del turismo di massa".(4)

I turisti rimangono spesso chiusi nei villaggi, dando profitto soltanto alle imprese straniere. I Resort, pur sfruttando le risorse locali, non pagano tasse e sfruttano i lavoratori dando stipendi medi di 150/200 euro mensili.
Nel nostro paese esiste la Legge 269/98, che negli articoli 5 e 7 condanna e punisce come reato il turismo con scopo sessuale, anche se praticato all'estero. Eppure sono diverse le imprese italiane che si prodigano a costruire villaggi e Resort nelle località del turismo sessuale, e sono centinaia di migliaia gli italiani che ogni anno viaggiano per praticare lo sfruttamento sessuale di ragazzine e bambini. Coloro che promuovono il turismo sessuale o che praticano la pedofilia nei paesi poveri, hanno un senso di impunibilità, dato che è assai raro che qualcuno venga perseguito dalla legge. Le aree povere del pianeta sono considerate come zone in cui tutto è lecito, e sono assai scarsi i controlli e le indagini da parte delle autorità occidentali.
Alcune località della Thailandia sono diventate centri del turismo sessuale. Ad esempio, il villaggio di Pattaya, fino ad alcuni anni fa un semplice villaggio di pescatori, è stato trasformato in un centro di prostituzione in seguito all'arrivo di soldati statunitensi in cerca di "svago".
Secondo le stime delle organizzazioni umanitarie, soltanto in Thailandia ci sarebbero circa 350.000 prostitute tailandesi e birmane, la maggior parte poco più che ragazzine, che si esibiscono nei locali notturni, e per pochi euro offrono i loro corpi ai turisti. Secondo alcune ricerche, almeno il 50% di queste ragazzine sarebbe sieropositivo HIV. Quelle che si ammalano di solito vengono fatte sparire nel nulla.
"Sono soltanto puttane" dice un turista europeo al giornalista Silvestro Montanaro. "Ma lei ha mai parlato veramente con loro?" chiede il giornalista. Risponde il turista europeo: "Non ne vale la pena... raccontano tutte le stesse storie. Dicono che lo fanno per soldi... che qualcuno è malato, morto o in ospedale".(5)

Le ragazzine raccontano storie di miseria, di ingiustizie, o di agghiaccianti violenze. Ad esempio, una ragazzina birmana raccontò:

"Sono venuta in Thailandia con mia madre, da noi non potevamo più vivere, eravamo ridotte alla fame. Mamma si è trovata un lavoro ma la pagavano pochissimo, e allora ho provato a cercare lavoro anch'io. Un uomo mi ha detto che conosceva un bar in cui avevano bisogno di una ragazza. Ho chiesto se non era un problema che fossi appena una ragazzina, lui mi ha sorriso e ha detto 'no anzi è ancora meglio'. (Disse) che cercavano una bambolina come me. Quando sono arrivata lì ho visto tante ragazze seminude che intrattenevano i turisti. Ho detto a quell'uomo che quel posto non mi piaceva, che mi faceva paura e volevo andare via. Lui mi ha trascinata in una stanzetta e mi ha violentata. Poi è andato via e ha chiuso la porta. Qualche ora dopo è entrato un uomo, era un turista. Mi sono buttata fra le sue braccia (dicendo) 'mi aiuti la prego', ma quello ha cominciato a toccarmi. Ho provato a scappare ma lui mi ha buttata sul letto. Piangevo, urlavo 'sono solo una bambina'. 'Lo so' ha detto lui, ho pagato tanti soldi per averti... Mi ha usata tutta la notte e credo sia andato via soltanto quando sono svenuta... mi sono svegliata in uno strano ospedale, tenuto da dottori amici dei miei padroni. Si perché ora ero una cosa, avevo dei padroni. Dopo due mesi mi hanno riportata a quel bar, ho detto che non avrei fatto più certe cose e i padroni hanno detto che potevo andare via. Anzi, uno di loro ha detto che mi accompagnava, e invece mi ha portato in una casa dove c'erano tanti uomini, dieci o forse di più. Ci sono rimasta tre giorni, tre giorni da incubo. Ho passato un altro mese in ospedale e quando mi hanno riportata in quel bar ero un'altra persona. Da allora faccio tutto quello che vogliono loro. Vado con clienti, rido, li soddisfo. I turisti dicono che sono brava, che sono sexy, la loro bambolina sexy. Giocano con il mio corpo ma a me non importa più niente, tanto sono morta. Sono morta un venerdì di tre anni fa, sotto nessun cielo, invocando mia madre, fra braccia violente e sconosciute che pretendevano amore. Che schifo di amore, mentre il mio cuore si velava per sempre di orrore".(6)

Sono queste le storie orrende che i turisti non vogliono sentire, per usare i corpi delle ragazzine e continuare ad essere i paladini della "democrazia" e di una presunta alta civiltà.
"Goditi la vita" è il motto di questi turisti. E alla domanda sgomenta di Montanaro: "ma come è possibile godersi la vita sfruttando delle ragazzine?", un anziano turista europeo rispose: "Perché no?... basta avere soldi... le compro tutte, compro tutto ciò che voglio".(7)

Alcuni studiosi hanno ravvisato nelle persone che praticano il turismo sessuale delle affezioni patologiche individuali e un notevole atteggiamento di disprezzo verso le persone dei paesi poveri. C'è anche il pregiudizio dovuto all'ideologia diffusa dalla cultura di massa, secondo la quale il valore delle persone dipende dai soldi che hanno, e chi ha soldi può tutto.
Nessuno dei turisti del sesso si interroga su come la prostituzione distrugga la vita di quelle ragazzine, e sul degrado morale e sociale che la mercificazione del corpo produce in chi si vende e in chi compra.
Quello che di sicuro caratterizza queste persone è la doppia morale gravemente impregnata di razzismo. Molte di queste persone hanno avuto figli, forse hanno anche nipoti, e non vorrebbero di certo che qualcuno dei loro familiari vendesse il proprio corpo per denaro, eppure senza alcuno scrupolo usano i corpi di ragazzine straniere come fossero oggetti. Considerano quelle ragazze, per il semplice fatto che non sono nate in Europa, in modo nettamente diverso rispetto alle donne dei loro paesi. Le percepiscono "puttane", senza alcuna considerazione per quello che esse raccontano: storie di miseria, sofferenza e violenza. Vogliono che esse stiano zitte, per poter credere di essere quasi dei benefattori, dando loro pochi euro, con cui compreranno da mangiare. Quelle ragazzine con gli occhi a mandorla, sono per loro oggetti, private della loro umanità e dignità, per offrire piacere sessuale senza rimorsi.
Fa parte del razzismo, più o meno inconscio, credere che in paesi non europei siano così arretrati nei costumi da praticare comunemente la prostituzione o lo sfruttamento sessuale dei bambini, e che dunque, dato che fa parte della "cultura" del posto, diventi lecito per chiunque praticare questi crimini.
Alcuni turisti occidentali, cresciuti con l'idea che gli europei sono moralmente superiori perché "portano democrazia e benessere", credono davvero che ragazzine o bambine provino piacere a fare sesso con uomini europei, spesso anziani, e credono che offrire loro denaro in quelle circostanze possa essere un atto di generosità. Non si chiedono perché quelle ragazze sono costrette a prostituirsi, né quale sia la reale situazione del loro paese, né chi ha la responsabilità del degrado morale e materiale che, specie negli ultimi decenni, ha colpito il loro paese. Non sono interessati a capire chi ha distrutto la loro semplice economia, chi ha sottratto le loro ricchezze e ottiene lauti profitti dalla miseria e dal degrado. Trovare risposte a tutto questo equivale a scoprire gli altarini criminali di chi oggi impone il proprio dominio. Significa scoprire che gli europei sono tenuti nell'ignoranza rispetto a ciò che il gruppo dominante fa nei paesi del Terzo Mondo. Significa capire che i mass media hanno l'obiettivo principale di stimolare le aree meno evolute del nostro cervello, per indurci a credere che l'esistenza umana possa essere ridotta al piacere sessuale mercificato o all'avidità. O che si debba credere che il denaro possa essere l'arbitro dei destini umani, e costringere alcuni alla sofferenza e altri alla sopraffazione.
Quelle ragazzine, come angeli feriti, hanno perduto il contatto con se stesse, strette nel dolore della loro quotidiana, degradante esistenza. Hanno attivato le difese che le estraniano da ciò che è lontano da quello che davvero vorrebbero.
Ma il degrado non riguarda soltanto quei popoli impoveriti e assoggettati con la forza. Riguarda anche quegli occidentali che sfruttano situazioni di degrado per soddisfare i loro istinti più bassi. Quegli occidentali che credono che nascere in una determinata zona geografica possa essere determinante nel decretare il rispetto dei diritti umani o il degrado a merce senza valore. Queste stesse persone, a parole, ritengono importante la loro cultura cristiana e i valori democratici, ma nei fatti non sono disposti a rispettare la persona umana sempre e in ogni luogo, e si fanno complici di gravissimi crimini contro l'umanità. La cultura di massa ha fatto credere loro che si possa mercificare tutto. Questa cultura è distruttiva e degradante, e contrastarla è dovere di ogni persona che crede nel rispetto dei diritti e della dignità umana.


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PER APPROFONDIRE

Beyala Calixthe, "Gli alberi ne parlano ancora", Epoché edizioni, 2007.
Canestrini Duccio, "Andare a quel paese. Vademecum del turista responsabile", Feltrinelli, 2003.
Dell'Agnese Elena, Ruspini Elisabetta, "Turismo al maschile, turismo al femminile. L'esperienza del viaggio, il mercato del lavoro, il turismo sessuale", Edizioni Cedam, 2005.
Miller Alice, "Il Bambino Inascoltato", Bollati Boringhieri, 1992.
Monni Piero, "L'arcipelago della vergogna. Turismo sessuale e pedofilia", Edizioni Universitarie Romane, 2001.
Monzini Paola, “Il mercato delle donne. Prostituzione, tratta e sfruttamento.”, Donzelli, 2002.
O' Grady Ron, "Schiavi o Bambini? Storie di Prostituzione Minorile e Turismo Sessuale in Asia", Edizioni Gruppo Abele, 1995.



NOTE

1) Stiglitz Joseph , "Globalization and Its Discontents", W.W. Norton, New York 2002.
2) Montanaro Silvestro, "C'era una volta", RaiTre, novembre 2007.
3) Montanaro Silvestro, "C'era una volta", RaiTre, novembre 2007.
4) Montanaro Silvestro, "C'era una volta", RaiTre, novembre 2007.
5) Montanaro Silvestro, "C'era una volta", RaiTre, novembre 2007.
6) Montanaro Silvestro, "C'era una volta", RaiTre, novembre 2007.
7) Montanaro Silvestro, "C'era una volta", RaiTre, novembre 2007.