mercoledì

SANGUE E ORRORE IN PALESTINA - PARTE PRIMA - Colonizzare la Palestina

Di Antonella Randazzo



Che si creda o no all'esistenza di Gesù Cristo o alle tribù d'Israele, la Palestina rappresenta una terra importante nella Storia degli esseri umani. Eppure è un luogo in cui la popolazione ha subito le più crudeli persecuzioni, costretta ad oggi a vivere in guerra, controllata a vista dall'esercito.
In molti territori dell'attuale Stato di Israele, 2700 anni fa la situazione era più o meno la stessa, l'impero Assiro perseguitava gli abitanti, distruggendo e deportando.
La località di Megiddo, o Tell al-Mutesellim (in arabo), appariva nel Nuovo Testamento (nell'Apocalisse di Giovanni) col nome di Armageddon, in ebraico "monte di Megiddo", ossia il luogo in cui, secondo la mistica cristiana, dovrebbe avvenire una sorta di battaglia finale fra le forze del bene e quelle del male.
Megiddo è una collina che comprende un sito archeologico che nell'8° secolo a. C. fu un campo di battaglia. Gli Assiri uccisero buona parte della popolazione e deportarono parecchie persone in Mesopotamia. L'impero Assiro dominò per molto tempo, dividendo gruppi etnici e culture.
Paradossalmente, sembra che l'antico progetto di distruzione del popolo palestinese non sia mai sparito.
Nell'età contemporanea tutto iniziò con la fine della Prima guerra mondiale, quando gli inglesi avrebbero dovuto mantenere l'impegno preso di rendere la zona indipendente.
Durante la Prima guerra mondiale, le potenze occidentali sostennero con convinzione il principio di autodeterminazione dei popoli, e fornirono alle popolazioni arabe più che una speranza di poter costruire un assetto politico-economico liberamente scelto sulla base della loro cultura. Il presidente americano Thomas Woodrow Wilson, nei suoi 14 Punti, sosteneva: "Una sicura sovranità sarà garantita alle parti turche dell'Impero ottomano attuale (compresa la Palestina); ma le altre nazionalità che si trovano in questo momento sotto la dominazione turca dovranno avere garantita un'indubbia sicurezza di esistenza ed il modo di svilupparsi senza ostacoli, autonomamente".(1)
Dopo la Prima guerra mondiale, il problema del potere sui territori ex ottomani assunse caratteristiche diverse rispetto alle aspettative arabe. Per i paesi vincitori, la Gran Bretagna, la Francia e gli Usa, il problema principale era diventato quello di spartirsi la “torta”, senza alcuna considerazione per la cultura araba e per le promesse fatte agli arabi.

La Gran Bretagna avrebbe dovuto rispettare la dichiarazione di Balfour, e permettere agli ebrei di ottenere parte della Palestina, ma dovette esitare per evitare le proteste dei popoli arabi. Le autorità inglesi, anche se non avevano alcuna intenzione di rispettare i patti conclusi con gli arabi, volevano evitare di provocarli a tal punto da creare gravi disordini.
Le popolazioni arabe si accorsero ben presto che il discorso sull’autodeterminazione era caduto nel dimenticatoio, e a partire dal 1920 si ebbero numerose rivolte e sollevazioni contro il potere britannico.
Gli arabi della Palestina furono ingannati spudoratamente dagli inglesi e dagli americani. Essi avevano combattuto contro i turchi, con la convinzione che dopo la guerra avrebbero avuto una piena sovranità su tutte le loro terre. Thomas Edward Lawrence (Lawrence d'Arabia), che si era prestato a capeggiare la rivolta degli arabi, sospettando che le autorità inglesi non avrebbero mantenuto la promessa, confessò a Winston Churchill:

"Azzardai la frode poiché ero convinto che l'aiuto degli arabi fosse necessario per una nostra vittoria, veloce e a buon mercato, in Oriente, e che fosse meglio vincere e non mantenere la parola data, piuttosto che perdere... L'ispirazione araba fu il nostro strumento principale per vincere la guerra d'Oriente. Così assicurai loro che l'Inghilterra avrebbe mantenuto la promessa nelle parole e nei fatti. Sorretti da ciò, essi compirono le loro belle imprese; ma, ovviamente, invece di essere orgoglioso di ciò che facevamo insieme, provavo continua amarezza e vergogna."(2)

Quando gli arabi si accorsero che gli inglesi avevano fatto il doppio gioco, organizzarono il congresso generale dei nazionalisti arabi, che si riunì a Damasco nel luglio del 1919. I progetti sionisti e la spartizione delle regioni islamiche, progettata dai paesi occidentali, vennero decisamente rifiutati.
L’allora segretario di Stato alle colonie Winston Churchill, per tranquillizzare i palestinesi, scrisse un memorandum (Memorandum Churchill), in cui sosteneva che sarebbe stata limitata la possibilità di creare uno Stato ebraico in Palestina, anche se gli ebrei continuavano a giungere sul territorio palestinese. Da 83.790 (nel 1922) divennero, nel 1929, 156.481. Nel 1929, fu creata un’Agenzia ebraica per la Palestina, che si occupò anche di costruire ospedali, scuole e l'Università di Gerusalemme. Mentre gli arabi venivano indeboliti anche da divisioni interne (fra sostenitori degli Husseini e degli Nashashibi), gli ebrei della Palestina si organizzavano e diventavano sempre più numerosi, grazie ai notevoli finanziamenti di Rothschild e all’appoggio politico degli Usa.
La formazione dello Stato d'Israele è stata fatta contro gli interessi degli stessi ebrei, e fomentando l'antisemitismo.
Nel 1881 la Palestina era un'area tranquilla, popolata da mezzo milione di abitanti, di cui 20.000 ebrei. C'era una notevole tolleranza religiosa, e le caratteristiche culturali arabe si manifestavano anche attraverso il calore e l'ospitalità del popolo palestinese. Con la nascita del sionismo le cose sarebbero drammaticamente cambiate.
Il sionismo nasce ufficialmente nell’agosto del 1897, anno in cui si svolge il Primo Congresso Sionista Internazionale. Il promotore è Theodore Herzl, un giornalista austriaco ebreo non praticante, che l’anno precedente aveva scritto il libro "Der Judenstaat" (Lo Stato Ebraico), in cui promuoveva l’idea di creare uno Stato Ebraico. All’epoca il suo progetto risultava sconcertante, perché equivaleva a privare migliaia di palestinesi della loro terra. Le idee sioniste facevano parte di un ampio progetto politico per colonizzare la Palestina, finanziato dal Barone Edmond de Rothschild che, dagli anni Ottanta del XIX secolo, aveva organizzato diversi insediamenti di ebrei russi e polacchi in Palestina.
Il progetto di Herzl, sostenuto dagli Usa, procederà con cautela, e inizialmente non menzionerà nemmeno la parola “Stato”, ma l’eufemismo “focolare”. Tuttavia, dopo la dichiarazione di Balfour, il progetto avanzava, e con l'insediamento degli ebrei iniziò un percorso caotico di separazioni, razzismo e prevaricazione a danno dei palestinesi.
Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, nacquero movimenti armati sionisti per il controllo del territorio, come Lehi (chiamato anche Stern dal nome del suo fondatore Avraham Stern), l’Haganà, e l’Etzel. Queste formazioni organizzeranno molti attentati terroristici, per uccidere i palestinesi o costringerli a fuggire dalle loro terre.
Negli anni Trenta del secolo scorso, i sionisti si appoggiarono ai nazisti per riuscire a far arrivare in Palestina molte famiglie tedesche di ceto medio-alto. Racconta l'ex capo della Federazione Sionista tedesca, Hans Friedenthal: "La Gestapo fece di tutto in quei giorni per dare impulso all'emigrazione, in particolare verso la Palestina. Ricevemmo spesso il loro aiuto qualsiasi cosa ci fosse richiesta da altri enti a proposito dei preparativi per l'emigrazione".(3)
Nello stesso anno in cui Hitler salì al potere, fu siglato l'Accordo di Trasferimento, che permise a decine di migliaia di ebrei tedeschi di emigrare in Palestina. L'Accordo, detto anche Haavara, venne firmato nell'agosto del 1933, da funzionari tedeschi e da Chaim Arlosoroff, segretario politico dell'Agenzia ebraica, centro palestinese dell'Organizzazione Mondiale Sionista.
Ogni ebreo, che decideva di emigrare in Palestina, doveva depositare il proprio denaro in un conto speciale. Il denaro sarebbe stato utilizzato per comprare in Germania materiali da costruzione o prodotti agricoli, che poi sarebbero stati venduti alla compagnia ebraica Haavara, e il ricavato sarebbe stato restituito ai coloni. Tutto questo aveva lo scopo di portare in Palestina coloni e capitale, per sviluppare rapidamente l'economia del futuro Stato.
Gli inglesi pretendevano il pagamento di 1000 sterline per ogni immigrato giunto ad Haifa o in altri porti, e per provvedere a questi pagamenti venne creata la Banca Anglo-Palestinese, che aveva sede a Londra. I sionisti puntavano a portare in Palestina le famiglie ebree benestanti, per incrementare i capitali del futuro Stato d'Israele. Osserva lo storico Edwin Black:

"Farla finita con l’embargo antitedesco era uno dei traguardi dei sionisti. Il Sionismo doveva far uscire il capitale degli Ebrei tedeschi e i beni commerciali erano l’unico mezzo a disposizione per ottenere questo scopo. Ma ben presto i leaders sionisti capirono che le possibilità di successo per l’economia del futuro Stato ebreo di Palestina erano indissolubilmente connesse con la sopravvivenza dell’economia tedesca. Per questo la dirigenza sionista ebbe motivo di andare ancora oltre: l’economia tedesca andava difesa, stabilizzata e se necessario rafforzata. Quindi il partito nazionalsocialista e l’organizzazione sionista avevano un comune interesse al risanamento della Germania".(4)

I sionisti, dunque, sostenevano l'economia tedesca per pagare l'emigrazione ebraica, ma avevano anche bisogno di propagandare il regime nazista come crudele e sanguinario, per spaventare gli ebrei e convincerli ad emigrare. Fra il 1933 e il 1941, emigrarono in Palestina circa 60.000 ebrei tedeschi, attraverso l'Haavara e altri accordi con i nazisti; si trattava di circa il 10% della popolazione ebraica della Germania. Fu trasferito dalla Germania alla Palestina un capitale di 139 milioni e 57.000 marchi tedeschi (oltre 40 milioni di dollari).(5) Accordi commerciali con la Germania nazista portarono in Palestina altri 70 milioni di dollari. Grazie all'Haavara furono costruite industrie, aziende e imprese commerciali, che svilupparono l'economia del futuro Stato israeliano.
I sionisti erano d'accordo nel discriminare gli ebrei, e utilizzarono l'antisemitismo per convincere che fosse necessario far nascere uno Stato ebraico. Stephen S. Wise, presidente dell'American Jewish Congress e del World Jewish Congress, ad un raduno, nel giugno del 1938, disse: "Io non sono un cittadino americano di religione ebraica, io sono un ebreo. Hitler ha ragione su un punto. Egli definisce il popolo ebraico una razza e noi siamo una razza".(6)
Le idee e i progetti dei sionisti furono condivisi e appoggiati dal governo nazista, che li aiutò ad organizzare in Germania quaranta campi e centri agricoli, dove trovarono rifugio temporaneo i futuri coloni. Nei campi sventolava la bandiera ebraica, in violazione alle Leggi di Norimberga.
Alla fine degli anni Trenta, il governo britannico cercò di limitare l'immigrazione ebraica in Palestina, ma Hitler aveva stipulato un accordo segreto con i sionisti capeggiati da Mossad le-Aliya Bet, per portare gli ebrei in Palestina in modo clandestino.
Sia il nazismo che il sionismo partivano dal presupposto che gli ebrei non dovessero integrarsi nella società tedesca. Scriveva il "Jüdische Rundschau", giornale della federazione sionista:

"Il Sionismo riconosce l'esistenza di un problema ebraico e desidera una soluzione costruttiva e di vasta portata. A tal fine il Sionismo desidera ottenere l'assistenza di tutti i popoli, sia favorevoli che contrari agli ebrei, perché, dal suo punto di vista, noi qui siamo affrontando un problema concreto e non di sentimenti, alla soluzione del quale tutti i popoli sono interessati".(7)

Il governo di Hitler sostenne il sionismo e l’emigrazione degli ebrei tedeschi in Palestina dal 1933 fino al 1940. Grazie all’aiuto da parte del governo nazista, la federazione sionista guadagnò molte adesioni, e attraverso numerose pubblicazioni fece ampia propaganda per convincere i tedeschi ad emigrare in Palestina.
All’inizio degli anni Trenta erano molto pochi gli ebrei tedeschi che volevano andare in Palestina, ma dopo l’ondata di propaganda antisemita da parte del governo, molti iniziarono a convincersi, soprattutto perché impauriti dalle conseguenze che l’antisemitismo diffuso dal nazismo avrebbe potuto avere. Secondo alcuni storici, come Walter Laqueur, gli ebrei tedeschi, prima che Hitler salisse al potere, non erano inclini a considerare i sionisti come i loro leader politici e non avevano nemmeno lontanamente l'idea di dover emigrare in Palestina per risolvere i problemi ebraici.
Il giornalista Klaus Polkehn ritiene che le autorità sioniste desiderarono che il nazismo andasse al potere per essere aiutati a portare ebrei in Palestina.(8) Di fatto, Hitler collaborò attivamente e fu grazie al suo aiuto che i sionisti riuscirono a far trasferire il 10% degli ebrei tedeschi in Palestina. Secondo Black, il sionismo puntava a far emigrare soprattutto le famiglie ebree di classe medio-alta, per costruire l’economia capitalistica in un’area non sviluppata:

"Il Sionismo doveva far uscire il capitale degli Ebrei tedeschi e i beni commerciali erano l’unico mezzo a disposizione per ottenere questo scopo. Ma ben presto i leaders sionisti capirono che le possibilità di successo per l’economia del futuro Stato ebreo di Palestina erano indissolubilmente connesse con la sopravvivenza dell’economia tedesca. Per questo la dirigenza sionista ebbe motivo di andare ancora oltre: l’economia tedesca andava difesa, stabilizzata e se necessario rafforzata. Quindi il partito nazionalsocialista e l’organizzazione sionista avevano un comune interesse al risanamento della Germania."(9)

Al contrario delle autorità sioniste, molti ebrei si opposero al nazismo, e in tutto il mondo protestarono quando, nel 1933, Hitler salì al potere. Il 27 marzo del 1933, i capi della Comunità Ebraica internazionale organizzarono manifestazioni di protesta a Londra, Chicago, Philadelphia, Boston, Baltimore, Cleveland e in altre 70 località.(10) Gli ebrei capivano che il nazismo non sarebbe stato loro favorevole, e cercarono in tutti i modi di far capire al mondo intero la pericolosità della Germania di Hitler, auspicando sanzioni contro il regime, ma né le autorità inglesi né quelle americane vollero adottare misure economiche penalizzanti. Al contrario, le banche e le società anglo-americane fecero grossi affari con Hitler, anche durante la guerra.
Il governo di Hitler fece una forte pressione affinché gli ebrei tedeschi non si sentissero accettati, e riscoprissero la loro identità ebraica. Le Leggi di Norimberga, approvate nel 1935, proibivano le relazioni fra ebrei e non ebrei, e consideravano la minoranza ebraica come straniera. Ciò incoraggiava gli ebrei ad avvicinarsi alle teorie sioniste, che sostenevano l’importanza di emigrare nella terra di “Sion”.
Già negli anni Venti dello scorso secolo, il sionista Jacob Klatzkin aveva cercato di convincere gli ebrei tedeschi ad emigrare in Palestina, appoggiando l'idea che essi fossero stranieri: "Noi ebrei siamo stranieri, un popolo straniero in mezzo a voi e desideriamo continuare ad esserlo. Un ebreo non sarà mai un leale tedesco; chiunque chiama questa terra straniera la propria patria è un traditore del popolo ebraico".(11)
L’antisemitismo era funzionale ai progetti sionisti, come fece notare Ben Gurion: "Non sempre e in ogni luogo io mi opporrò all'antisemitismo. I sionisti giocheranno regolarmente la loro utile carta razziale antisemita". Lo stesso Theodor Herzl aveva istigato l'odio verso gli ebrei per indurli ad emigrare: "E' fondamentale che le sofferenze degli ebrei diventino peggiori perché questo favorirà la realizzazione dei nostri piani. Io ho un'idea eccellente e indurrò gli antisemiti a liquidare le ricchezze degli ebrei, gli antisemiti inoltre ci assisteranno quando rafforzeranno la persecuzione e l'oppressione degli ebrei. Gli antisemiti saranno i nostri migliori amici".(12) Il rabbino sionista Yosef Klausner, alla Conferenza Ebraica Americana del 2 maggio 1948, sostenne:

"Sono convinto che il popolo deve essere forzato ad andare in Palestina. Per loro, un dollaro americano appare come il più alto degli obiettivi. Con la parola "forzare", io voglio suggerire un programma. Esso è servito per l'evacuazione degli Ebrei in Polonia, e nella storia dell'Exodus. Nell'applicare questo programma noi dobbiamo, invece di dare conforto ai profughi, fornire loro il più grande disagio. Nella fase successiva dobbiamo chiedere aiuto all'Haganah per tormentare gli ebrei".(13)

I sionisti cercarono ovunque di spingere gli ebrei ad emigrare, utilizzando l’antisemitismo e il terrorismo. Ad esempio, nel periodo 1949-1950, il sionista Mordechai ben Porat, attuò un piano per convincere funzionari iracheni ad approvare leggi che inducessero gli ebrei a lasciare l'Iraq. Facevano parte del piano anche diversi attentati terroristici contro le sinagoghe di Baghdad, attuati nel marzo del 1950.(14)
Finché la Gran Bretagna ebbe il protettorato in Palestina, non tutti gli emigranti ebrei furono accolti in Palestina. Nel luglio del 1947, fu rimandata indietro la nave Exodus, che dall’Europa portava in Israele 4500 ebrei sopravvissuti all’Olocausto.
Nel novembre del 1947, l’Assemblea Generale dell’Onu decise la spartizione della Palestina in uno Stato ebraico e uno Stato palestinese.
Quell'anno gli ebrei in Palestina erano 600.000, e possedevano circa il 6% della terra palestinese coltivabile, mentre i palestinesi erano 1.250.000. La risoluzione dell'Onu, votata il 29 novembre 1947, dava agli israeliani il 55% delle terre palestinesi, nonostante la popolazione israeliana costituisse soltanto un terzo degli abitanti della Palestina.
Nel 1948 venne proclamato lo Stato d’Israele, riconosciuto immediatamente dal presidente americano Harry Truman, e poco tempo dopo anche dall'Urss.
Il 14 maggio del 1948, la Lega Araba dichiarò guerra al nuovo Stato, ma fu sconfitta, e l'anno successivo Israele firmò l'armistizio con l'Egitto, il Libano, la Giordania e la Siria.
Nonostante le autorità israeliane avessero ottenuto molto di più di ciò che avrebbero dovuto, iniziarono una vera e propria guerra per occupare altri territori e per impedire il costituirsi di uno Stato palestinese. Con la violenza, riuscirono ad occupare l'81% dell'area totale della Palestina, costringendo alla fuga un milione di arabi. Occuparono 524 città e villaggi arabi, distruggendone 385. Sulle rovine dei villaggi, costruirono nuovi edifici e insediamenti. Lo storico Benny Morris racconta il massacro del popolo palestinese:

"I massacri compiuti dagli israeliani furono molto più numerosi di quanto pensassi in precedenza. Con mia sorpresa, ci furono anche molti casi di stupro. Nell’aprile e maggio del 1948 unità della Haganah (la forza di difesa che esisteva prima della fondazione dello stato di Israele) ricevettero ordini operativi in cui si affermava esplicitamente che dovevano cacciare gli abitanti dalle loro case e distruggere i villaggi. Al tempo stesso è emerso che l’Alto comitato arabo e i leader palestinesi diedero ordine di allontanare da alcuni villaggi bambini, donne e anziani… il 31 ottobre 1948, il comandante del fronte settentrionale, Moshe Carmel, emanò un ordine scritto in cui comandava alle sue unità di accelerare l’allontanamento della popolazione araba. Carmel intraprese quell’azione immediatamente dopo la visita di Ben-Gurion al comando settentrionale, di stanza a Nazareth. Per me non c’è alcun dubbio che quell’ordine provenisse proprio da Ben-Gurion… A partire dall’aprile del 1948 Ben-Gurion si orientò verso i trasferimenti forzati di popolazione… Lo stato ebraico non sarebbe nato senza la cacciata di 700mila palestinesi dalle terre che abitavano".(15)

Nell’aprile e nel maggio del 1948, l'Haganah ricevette ordini dal governo di Ben-Gurion di cacciare i palestinesi dalle loro case e di distruggere i villaggi. Almeno 800.000 palestinesi furono cacciati dalle loro terre. Durante i trasferimenti forzati si ebbero massacri, violenze e stupri contro la popolazione palestinese. Molti villaggi furono dati alle fiamme, e oltre 800 persone persero la vita. Gli arabi definirono tutto questo Nakba (catastrofe).
Nel dicembre del 1948, in seguito alla visita di Menachem Begin negli Usa, Albert Einstein e altri scienziati ebrei fecero pubblicare una lettera sul "New York Times", che diceva:

"Fra i fenomeni più preoccupanti dei nostri tempi emerge quello relativo alla fondazione, nel nuovo stato di Israele, del Partito della Libertà (Tnuat Haherut), un partito politico che nella organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e nell’azione sociale appare strettamente affine ai partiti Nazista e Fascista. E’ stato fondato fuori dall’assemblea e come evoluzione del precedente Irgun Zvai Leumi, una organizzazione terroristica, sciovinista, di destra della Palestina. L’odierna visita di Menachem Begin, capo del partito, negli USA è stata fatta con il calcolo di dare l’impressione che l’America sostenga il partito nelle prossime elezioni israeliane, e per cementare i legami politici con elementi sionisti conservativi americani. Parecchi americani con una reputazione nazionale hanno inviato il loro saluto. E’ inconcepibile che coloro che si oppongono al fascismo nel mondo, a meno che non sia stati opportunamente informati sulle azioni effettuate e sui progetti del Sig. Begin, possano aver aggiunto il proprio nome per sostenere il movimento da lui rappresentato.
Prima che si arrechi un danno irreparabile attraverso contributi finanziari, manifestazioni pubbliche a favore di Begin, e alla creazione di una immagine di sostegno americano ad elementi fascisti in Israele, il pubblico americano deve essere informato delle azioni e degli obiettivi del Sig. Begin e del suo movimento.
Le confessioni pubbliche del sig. Begin non sono utili per capire il suo vero carattere. Oggi parla di libertà, democrazia e anti-imperialismo, mentre fino ad ora ha apertamente predicato la dottrina dello stato Fascista. E’ nelle sue azioni che il partito terrorista tradisce il suo reale carattere, dalle sue azioni passate noi possiamo giudicare ciò che farà nel futuro.
Un esempio scioccante è stato il loro comportamento nel villaggio Arabo di Deir Yassin. Questo villaggio, fuori dalle strade di comunicazione e circondato da terre appartenenti agli Ebrei, non aveva preso parte alla guerra, anzi aveva allontanato bande di arabi che lo volevano utilizzare come una loro base. Il 9 Aprile, bande di terroristi attaccarono questo pacifico villaggio, che non era un obiettivo militare, uccidendo la maggior parte dei suoi abitanti (240 tra uomini, donne e bambini) e trasportando alcuni di loro come trofei vivi in una parata per le strade di Gerusalemme.
La maggior parte della comunità ebraica rimase terrificata dal gesto e l’Agenzia Ebraica mandò le proprie scuse al Re Abdullah della Trans-Giordania.
Ma i terroristi, invece di vergognarsi del loro atto, si vantarono del massacro, lo pubblicizzarono e invitarono tutti i corrispondenti stranieri presenti nel paese a vedere i mucchi di cadaveri e la totale devastazione a Deir Yassin. L’accaduto di Deir Yassin esemplifica il carattere e le azioni del Partito della Libertà.
All’interno della comunità ebraica hanno predicato un misto di ultranazionalismo, misticismo religioso e superiorità razziale. Come altri partiti fascisti sono stati impiegati per interrompere gli scioperi e per la distruzione delle unioni sindacali libere. Al loro posto hanno proposto unioni corporative sul modello fascista italiano. Durante gli ultimi anni di sporadica violenza anti-britannica, i gruppi IZL e Stern inaugurarono un regno di terrore sulla Comunità Ebraica della Palestina. Gli insegnanti che parlavano male di loro venivano aggrediti, gli adulti che non permettevano ai figli di incontrarsi con loro venivano colpiti in vario modo. Con metodi da gangster, pestaggi, distruzione di vetrine, furti su larga scala, i terroristi hanno intimorito la popolazione e riscosso un pesante tributo. La gente del Partito della libertà non ha avuto nessun ruolo nelle conquiste costruttive ottenute in Palestina. Non hanno reclamato la terra, non hanno costruito insediamenti ma solo diminuito la attività di difesa degli Ebrei.
I loro sforzi verso l’immigrazione erano tanto pubblicizzati quanto di poco peso e impegnati principalmente nel trasporto dei loro compatrioti fascisti.
La discrepanza tra le sfacciate affermazioni fatte ora da Begin e il suo partito, e il loro curriculum di azioni svolte nel passato in Palestina non portano il segno di alcun partito politico ordinario. Ciò è, senza ombra di errore, il marchio di un partito Fascista per il quale il terrorismo (contro gli Ebrei, gli Arabi e gli Inglesi) e le false dichiarazioni sono i mezzi e uno stato leader l’obbiettivo.
Alla luce delle soprascritte considerazioni, è imperativo che la verità su Begin e il suo movimento sia resa nota a questo paese. E’ maggiormente tragico che i più alti comandi del Sionismo Americano si siano rifiutati di condurre una campagna contro le attività di Begin, o addirittura di svelare ai suoi membri i pericoli che deriveranno a Israele sostenendo Begin. I sottoscritti infine usano questi mezzi per presentare pubblicamente alcuni fatti salienti che riguardano Begin e il suo partito, e per sollecitare tutti gli sforzi possibili per non sostenere quest’ultima manifestazione di fascismo".

Le autorità israeliane, che erano le stesse che capeggiavano o avevano capeggiato i gruppi terroristici, perseguitarono la stessa cultura araba, cercando di cancellarla uccidendo e distruggendo luoghi, moschee e persino alberi d'ulivo, simboli della Palestina.
Si trattava di personaggi crudeli e spietati, che consideravano gli arabi come inferiori e ritenevano di avere diritto a cacciarli dalle loro terre per far posto agli ebrei. Ad esempio, Ben Gurion sosteneva: “Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti… Dobbiamo usare il terrore, l'assassinio, l'intimidazione, la confisca delle terre e l'eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba”.(16)

Secondo un altro primo ministro israeliano, Menachem Begin (1977-1983), “(I palestinesi) sono bestie che camminano su due gambe”.(17)
Anche altri capi di governo israeliani mostrarono profondo disprezzo per i palestinesi. Ad esempio, Golda Meir negava persino che i palestinesi esistessero: “Non esiste una cosa come il popolo palestinese. Non è come se noi siamo venuti e li abbiamo cacciati e preso il loro paese. Essi non esistono.(18)
Ariel Sharon, in qualità di Ministro degli Esteri disse: "Non c'è sionismo, colonizzazione, o Stato Ebraico senza lo sradicamento degli arabi e l'espropriazione delle loro terre”.(19) E quando diventò Primo Ministro dichiarò: “Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo, ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato d'Israele”.(20)
(CONTINUA - SECONDA PARTE)


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