martedì

SINDROME ANTIEBRAICA E CONFUSIONE MEDIATICA - PARTE PRIMA

Di Antonella Randazzo


Nell'attuale sistema, una delle tecniche più utilizzate per impedire cambiamenti è quella di seminare confusione in vari modi, anche utilizzando termini ambigui o non esatti, oppure inducendo associazioni errate, per limitare le capacità del libero pensiero.
E' il caso di alcuni termini che riguardano la situazione palestinese, il sionismo, Israele e gli ebrei. Sono molti coloro che non conoscono l'esatto significato della parola "antisemita", oppure che confondono "antisemitismo" con "antigiudaismo". Molte altre persone confondono il termine "antisionismo" con "antisemitismo", oppure "razzismo" con "antisionismo".
I mass media, le autorità statali e alcuni intellettuali alimentano tale confusione in vari modi, direttamente e indirettamente, volontariamente o involontariamente. Ad esempio, molti sanno che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel gennaio del 2007, in occasione del "giorno della memoria", seminò parecchia confusione utilizzando come sinonimi i termini "antisionismo" e "antisemitismo". Napolitano sostenne, commettendo un errore colossale, che il sionismo sarebbe un "movimento di liberazione nazionale del popolo ebraico" e che "Ricordare la Shoah significa combattere... innanzitutto ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando esso si travesta da antisionismo".(1)
Il presidente non fece alcun cenno ai massacri dei palestinesi, voluti dalle autorità israeliane, né alle condizioni in cui il popolo palestinese versa attualmente. Napolitano, tanto attento ai crimini subiti dagli ebrei, risulta però un totale negazionista quando si tratta di considerare quelli subiti dai palestinesi. Il suo comportamento non può che dare la certezza della sua malafede.
La parola "antisionismo" indica l'avversare il progetto politico sionista, che vede la nascita di uno stato "razziale", ossia definito "ebraico", e discriminante verso i non ebrei. Essere antisionisti non significa discriminare gli ebrei, ma semplicemente rifiutare che in Palestina continui ad esistere uno Stato voluto non da tutti i suoi abitanti, ma da un gruppo di persone motivate da intenti di controllo politico ed economico. Confondere "antisionismo" con "antiebraismo" significa cercare di nascondere le ragioni di coloro che in seguito alla nascita di Israele hanno perduto i propri cari, le terre e le case. Non si deve confondere la lotta ai propri diritti con sentimenti di natura razzistica. Per tanto tempo gli arabi avevano convissuto pacificamente con gli ebrei, e soltanto con l'avvento del piano sionista questo sembra essere diventato impossibile.
La confusione mediatica riguardo ad Israele o agli ebrei spesso non è casuale, ma volta ad ottenere alcuni obiettivi, uno dei quali è quello di alimentare l'antiebraismo, per alimentare l'odio, che rappresenta l'emozione dell'impotenza e soddisfa il principio del "divide et impera", su cui si basa l'attuale sistema di potere. Alimentare l'odio significa depotenziare l'efficacia concreta che il pensiero e i comportamenti possono avere, e tenere i popoli subordinati ad un potere pressoché assoluto.
Alimentare l'antiebraismo significa anche sviare l'attenzione dei più attenti dall'eterogeneità del gruppo stegocratico (2) , e spingere ad utilizzare stereotipi atavici per costruire la figura del "nemico". Inoltre, alimentando l'odio contro una categoria si crea divisione, eliminando la naturale empatia e la solidarietà fra gli esseri umani. Tutto questo è essenziale al mantenimento del potere di pochi sui popoli.

E' curioso come nei mass media vengano tenuti nascosti quanto possibile i crimini contro i palestinesi, e al tempo stesso di tanto in tanto emergono elementi che richiamano l'antiebraismo (definito dai media "antisemitismo") o addirittura lo alimentano. Ad esempio, il 30 aprile 2008 è stata trasmessa su La7 una puntata de "L'Infedele" di Gad Lerner, il cui titolo era "Ma cosa vogliono questi ebrei", facendo intendere che la categoria "ebrei" poteva essere sottoposta ad analisi critica. Per di più, nelle immagini scenografiche campeggiava un'immagine tratta da una vignetta antisemita: la classica immagine dell'ebreo nasuto e orripilante. Accanto a tale immagine risaltava un enorme poster che riportava la frase "La lobby ebraica", tratta dal titolo di un libro.
Una frase e un'immagine che davano da pensare, dato che si trattava di una trasmissione condotta da un personaggio che avrebbe in tutti i modi cercato di mistificare i fatti relativi ad Israele. Ci si chiede: perché alimentare o ricordare così insistentemente i pregiudizi verso gli ebrei? Chi ha interesse a mostrare tutti gli ebrei come cospiratori e personaggi inaffidabili e pericolosi? E perché?
Nella trasmissione di Lerner i personaggi "pro-Israele" venivano contrapposti a quelli "pro-palestinesi", facendo intendere l'esistenza di una separazione ideologica. In realtà, alla luce dei fatti, l'onestà intellettuale e morale dovrebbe far superare tale presunta separazione, dato che gli eventi riguardo alla nascita d'Israele non sono un'opinione, così come non lo sono nemmeno le persecuzioni di cui sono oggetto ad oggi i palestinesi. Rendere tutto ciò una realtà "ideologica" o opinabile significa di per sé occultare i fatti o mistificarli gravemente.
Si cerca di negare che far nascere uno stato "israeliano" ha significato creare una sorta di apartheid, in cui i non ebrei sono duramente discriminati, quando non trattati come sub-umani rispetto agli ebrei.

Al contempo i media cercano di far dimenticare gli accordi presi dalle autorità israeliane e palestinesi, che non sono mai stati rispettati dalle autorità israeliane. Nella trasmissione di Lerner è stato ospitato Avi Pazner, quale portavoce del governo israeliano, mentre nessuno è stato invitato in rappresentanza delle autorità palestinesi, facendo così intendere che non esisterebbe alcuna autorità o istituzione palestinese.
L'apparente imparzialità di Lerner veniva tradita dal continuo riferimento a fatti della Seconda guerra mondiale, e dal sollevare domande come "non c'è pericolo che gli occidentali si stufino delle pretese degli ebrei?". Come un burattino ben manovrato, Lerner alimentava ora l'antiebraismo, ora le gravi mistificazione dei crimini contro i palestinesi. In altre parole, faceva ciò che il sistema di potere richiede a tutti i suoi servitori mediatici. Egli non sollevava affatto questioni del tipo "come mai gli ebrei sono malvisti", oppure "perché gli ebrei devono essere per forza indotti all'isolamento". E quando qualcuno dice "I palestinesi vogliono soltanto la libertà, come gli altri popoli", Lerner sbotta: "E' impossibile, questo pone problemi troppo complessi". Come se lasciare libero il popolo palestinese fosse un dramma. Utilizzando le stesse categorie della propaganda mediatica, Lerner definiva "provocatore" Gianni Vattimo (che aveva sollevato le questioni dello Stato razziale e del genocidio palestinese), come ad intendere che si può essere pacati soltanto se si accettano i dettami del potere dominante.
Un altro metodo propagandistico utilizzato da Lerner e da molti altri è la questione "destra" o "sinistra". Si sposta l'attenzione dai fatti o dai veri problemi alla questione politica, ovvero se il rapporto positivo con gli ebrei e lo Stato d'Israele sia migliore a "destra" o a "sinistra". Ovviamente si tratta di una falsa questione, dato che oggi le autorità occidentali sono totalmente a servizio del gruppo dominante, e che ormai "destra" e "sinistra" sono soltanto vuote etichette utili alla propaganda elettorale o al teatrino dell'inganno politico.

Nel programma di Lerner, la scritta ben evidente della frase "La Lobby ebraica" dava ad intendere che c'è il pericolo di far acquisire potere agli ebrei. Esistono diverse lobbies ebraiche, di ogni credo politico, religiose o laiche. Ad esempio, l'American Jewish Congress, l'American Jewish Committee, la Jewish National Fund, la Benè Berith ecc. Le lobby sono associazione che fanno pressione affinché si dia la priorità ad interessi di parte. Esistono moltissime lobby (non soltanto ebraiche) negli Stati Uniti, in rappresentanza di moltissimi interessi particolari.
L'esistenza di gruppi di interessi sarebbe da considerare nemica della democrazia (che dovrebbe far prevalere gli interessi di tutti), e dunque semmai si dovrebbe lottare per sopprimere tutte le lobby, anziché additare tutti gli ebrei come avidi di potere.

Gad Lerner, come molti altri personaggi che hanno ampio spazio nei mass media, ha cercato di rafforzare l'associazione fra "Shoàh" e nascita di uno Stato ebraico, come se ciò potesse giustificare qualsiasi crimine. La morte degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale viene ammantata di un non so che di mistico, come se durante la guerra fossero morti soltanto ebrei, oppure come se ad ucciderli fossero stati i palestinesi, ora costretti a morire per la creazione di uno Stato "ebraico".
Lerner, come altri, ha paragonato la quantità dei morti ebrei dell'Olocausto ai morti palestinesi, come se si trattasse di una gara a chi ha ucciso di più o di meno.
Utilizzare i morti ebrei per giustificare il massacro palestinese, e persino i morti futuri, è moralmente ripugnante e non può essere che fonte di ulteriore sofferenza per entrambe le parti in guerra. Tutti si dovrebbero chiedere perché mai i fatti storici del passato, relativi agli ebrei, dovrebbero offuscare il cervello a tal punto da giustificare i crimini contro i palestinesi, che non hanno mai scelto di iniziare una guerra.
Eminenti storici accademici descrivono l'Olocausto come "un genocidio senza riscontro nella storia"(3) . Ma questi storici sanno benissimo che non è così, che la Seconda guerra mondiale fu tutta intera un "Olocausto", e che molti altri genocidi erano già stati perpetrati in Africa, in Asia e in America. Ogni guerra è un Olocausto per l'umanità, e non ha senso commemorare soltanto i morti ebrei, come se le altre vittime innocenti della guerra non avessero altrettanto valore.
Si cerca di nascondere, tramite l'Olocausto, che le sofferenze del popolo palestinese traggono origine dall'idea che la Palestina dovesse rinascere come "democrazia" portata dagli antichi suoi abitanti, gli ebrei. In realtà, il forte senso di superiorità dell’élite occidentale ha indotto a ritenere che le terre palestinesi dovessero essere amministrate da persone non arabe, e che si dovesse imporre dall'esterno un sistema politico-economico. Inoltre, c'era l'idea assurda e inaccettabile che la Palestina non fosse proprietà dei suoi abitanti, ma di coloro che l'avevano abitata millenni prima! Un nuovo tipo di colonizzazione veniva spacciato per grande impresa democratica e filantropica, di salvezza per il popolo ebreo vessato dall'antisemitismo.
Alla base del sionismo c'era l'idea che la Palestina fosse un territorio da 'modernizzare' e 'civilizzare', termini da intendere con un'accezione colonialistica. In altre parole, gli autoctoni palestinesi sono stati considerati dai fondatori di Israele come una popolazione inferiore geneticamente e culturalmente, e per questo bisognosa di essere colonizzata dagli ebrei europei.
Il sionismo nacque ufficialmente nell'agosto del 1897 da un progetto di Theodor Herzl, esposto a Basilea durante il Primo Congresso Sionista Internazionale. Non si trattava di un progetto improvvisato o dettato da fatti storici, ma di un piano razionale, la cui realizzazione prevedeva tappe ben organizzate. Il primo passo era quello di puntare sui fattori emotivi e affettivi legati al "focolare domestico", termine spesso utilizzato dai Rothschild, che finanziarono il progetto. Si doveva cioè indurre a credere che il progetto fosse del tutto privo di violenza contro i palestinesi, e prevedeva semplicemente l'insediamento di famiglie ebree nella loro antica terra. Il progetto sionista era basato sull'assurdità che un popolo dovesse tornare ad occupare la propria terra millenni dopo, e che ciò potesse essere "legittimo".(4)
Peraltro, la maggior parte degli ebrei di oggi non ha alcun legame con gli ebrei del Vecchio Testamento, essendo discendenti dai Khazars, una popolazione convertita al giudaismo intorno all'VIII secolo. Ovviamente, i Khazars non hanno mai vissuto in Palestina.

Paradossalmente, proprio l'idea di dover per forza creare uno Stato razziale appare decisamente antiebraica, poiché induce a ritenere gli ebrei come un gruppo che può vivere soltanto in uno stato creato apposta per loro, lontano dagli altri popoli e discriminando gli altri popoli.
Il fulcro dell'antiebraismo consiste proprio nel ritenere che gli ebrei siano un popolo "a parte", non integrabile con gli altri popoli, come fossero alieni. Ciò fu compreso dagli ebrei americani che si opposero strenuamente al sionismo. Fra questi c'era il rappresentante della comunità ebraica americana, Cyrus Adler, che insieme ad altre persone cercò di far capire che il sionismo avrebbe di sicuro accresciuto l'antiebraismo in tutto il mondo, rafforzando lo stereotipo dell'ebreo come di un “corpo estraneo” rispetto agli altri. Col sionismo si negava la possibilità che gli ebrei potessero vivere ovunque volessero, o che fossero persone come altre, "assimilabili" in quanto tali.
Nonostante i gravi pericoli posti dal sionismo, le autorità occidentali appoggiarono tale progetto e cercarono in tutti i modi di diffonderlo e di farlo apparire come la soluzione migliore al "problema ebraico". Durante la Grande Guerra, il 2 novembre 1917, il ministro degli esteri britannico Arthur Balfour scrisse la cosiddetta Dichiarazione di Balfour, una lettera che avallava il progetto del “focolare nazionale ebraico” in Palestina. Intanto anche negli USA i sionisti venivano appoggiati e rafforzati dalle autorità, penetrando e prevalendo anche nell'American Jewish Committee. Nel 1918 fu ufficialmente fondata la Zionist Organization of America.
Autorità statunitensi e personaggi di grande rilievo, come Henry Ford, alimentarono a lungo l'antiebraismo. Ford pubblicò nel 1921 il libro "The international Jew" (L’ebreo internazionale), che fu stampato in mezzo milione di copie e tradotto in sedici lingue. Nel libro si legge: "il potere del parassita ebreo è costantemente aumentato. Il pericolo ebraico, che oggi si chiama sionismo, minaccia non solo una nazione, ma tutta l'umanità". Ovviamente, non si spiegava che non tutti gli ebrei potevano essere partecipi a questo presunto complotto, e che anzi molti di essi erano invisi al gruppo di potere perché troppo ricchi e indipendenti (e dunque pericolosi) oppure perché poveri e social-comunisti. Sarebbero stati proprio le persone di queste categorie le vittime delle persecuzioni, e non certo quelli che facevano parte degli stegocrati, che rimasero comodi nelle loro cariche istituzionali o nelle loro banche, a fare soldi grazie alla guerra e allo sfruttamento dei prigionieri nei lager. Alcuni banchieri ebrei non furono affatto perseguitati, ma furono dichiarati "ariani d'onore".(5) Molti altri furono espropriati e imprigionati, in seguito al processo di "arianizzazione" delle banche. Secondo lo storico Goetz Aly, i motivi principali dello sterminio degli ebrei furono economici: "L'Olocausto resta inspiegabile finché non si analizza come la più grande rapina di massa della storia moderna. (...) Dal 1939 al 1945, due terzi del bilancio del Terzo Reich furono coperti attraverso l'esproprio degli ebrei e il saccheggio dei paesi occupati".(6)
Sta di fatto che gli ebrei espropriati, perseguitati o uccisi, com'è evidente, non avevano alcun potere e non facevano parte degli stegocrati, mentre altri avevano potere, e lo accrebbero grazie alla guerra e ai crimini contro gli stessi ebrei (e molti altri). Ciò conferma che non è la categoria "ebreo" a rappresentare un pericolo per il pianeta, ma un gruppo di persone eterogeneo, di cui fanno parte persone che si professano ebree, cristiane o di altre religioni.

Ford si prodigò a diffondere i “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” in America, scatenando una forte reazione antiebraica. Adler e Schiff si resero conto di come le autorità statunitensi, alimentando il sionismo e facendo apparire la comunità israelitica americana come un "corpo separato" all'interno del paese, fomentassero l'antiebraismo. E la campagna fordiana di incitamento all'antiebraismo rafforzava il sionismo, facendo credere agli ebrei che soltanto con la fondazione di un proprio Stato avrebbero avuto "sicurezza" e non sarebbero più stati discriminati e perseguitati.
Negli anni Trenta le cose sfuggirono di mano agli ebrei antisionisti, travolti dal potere e dalla forza che il sionismo acquisiva. Molti di essi però non persero mai di vista la portata antiebraica del sionismo, e il suo intento di controllare gli ebrei relegandoli su una terra strappata ad altri. Nel 1937 Adler scrisse: “L'intera faccenda è complicata dal fatto che i sionisti... non hanno mai voluto considerarsi potenzialmente uno Stato... Sono un movimento. Piacerebbe loro possedere le anime di tutti gli ebrei in tutti i paesi del mondo, plasmare la loro educazione, il loro pensiero, e in effetti ciò li qualifica come un organismo totalitario diffuso, basato teoricamente su di una democrazia che è tassata uno schekel anno dopo anno e [che è] governata da un'oligarchia".(7)

Oggi i comuni cittadini ebrei vengono indotti all'odio e al desiderio di distruzione di un presunto "nemico" arabo. Anni di guerra hanno provocato una gravissima desensibilizzazione alla distruttività. Come osserva Khalid Amayreh, gli ebrei, nel contesto di odio e apartheid, rischiano di diventare "una società moralmente desensibilizzata che ha quasi perso la sua umanità soccombendo ad una psicosi collettiva che non è dissimile dalla cecità morale che colpì il popolo tedesco quasi sessant'anni fa".(8)

Anziché dissuadere gli ebrei dall'idea di uno stato "razziale", è stato fatto l'opposto, stimolando il loro senso di appartenenza religiosa e cercando in molti modi di farli sentire insicuri con la minaccia di un nuovo Olocausto. Le autorità israeliane hanno stimolato l'identificazione degli ebrei con lo Stato d'Israele, in modo tale che essi non fossero più in grado di essere obiettivi di fronte ai crimini contro i palestinesi e non potessero vedere nulla di negativo all'interno del "focolare" che presumono li protegga dal "male". Sin da piccoli, gli ebrei studiano la narrativa sull'Olocausto, che li mostra come vittime di un odio mostruoso quanto assurdo. Il museo dell'Olocausto, a Gerusalemme, è assurto ad una sorta di tempio mistico, in cui risuona perpetua la frase "mai più", che suscita allo stesso tempo speranza e timore. Indotti a soffermandosi sui fatti che li vedono vittime, gli ebrei non tengono conto che quel territorio è stato invaso dalle loro autorità con la stessa cieca violenza diretta contro i loro avi. Il vittimizzarsi fa dimenticare che i loro fratelli palestinesi hanno sofferto e soffrono per crimini analoghi a quelli commemorati nel museo. La differenza è che i morti uccisi dai nazisti non possono essere riportati in vita mentre molte vite palestinesi potrebbero essere salvate se si ponesse fine alla furia distruttiva delle autorità israeliane. Il gruppo dominante si prodiga per fare in modo che l'attenzione venga posta soltanto sui crimini del passato, per poter continuare ad uccidere impunemente nel presente e nel futuro.

Il cittadino comune ebreo oggi viene indotto a vivere in uno stato di ansia e paura, con i continui messaggi che lo fanno sentire "diverso" dagli altri e una potenziale vittima di razzismo.
Già durante la Seconda guerra mondiale, le autorità statunitensi misero in risalto le persecuzioni naziste contro gli ebrei, allo scopo di continuare a rafforzare l'idea che gli ebrei dovessero lasciare il paese e popolare un futuro nuovo Stato. I leader sionisti, nel 1942, organizzarono una serie di conferenze per denunciare in modo sempre più allarmante l'operato dei nazisti.
Fu creata una situazione di panico, a tal punto che il 15 marzo 1943 le principali organizzazioni ebraiche degli Stati Uniti, sioniste e non sioniste, formarono una Joint Emergency Committee on European Jewish. In realtà i sionisti non avevano affatto l'intento di salvare vite umane, piuttosto quello di rafforzare il loro progetto. Infatti, il sionista Nathan Schwalb era convinto che fosse giusto far morire una certa quantità di ebrei, in quanto ciò risultava utile al progetto sionista: "Per quanto riguarda le grida che arrivano dal vostro paese, dovremmo sapere che le nazioni Alleate stanno spargendo molto del loro sangue, e se noi non sacrificheremo alcun sangue, per quale diritto dovremmo meritarci di comparire davanti al tavolo dei negoziati quando dividono paesi e terre alla fine della guerra? … Perché solo col sangue potremo ottenere la terra".(9)
Il 21 luglio 1942, ventimila ebrei si riunirono al Madison Square Garden di New York per la vigilia della commemorazione della distruzione del Tempio di Gerusalemme, e in quell'occasione il presidente Roosevelt disse: "Cittadini, indipendentemente dalla confessione religiosa, condividiamo il dolore dei nostri connazionali ebrei per la ferocia mostrata dai nazisti verso persone inermi. I nazisti non riusciranno a sterminare le loro vittime, così come non riusciranno ad asservire l'umanità. Il popolo americano non solo è solidale con tutte le vittime dei crimini nazisti, ma inchioderà gli esecutori di tali crimini alle loro responsabilità nel giorno della resa dei conti, che sicuramente verrà".

In realtà, come ebbe a dire il rabbino Irving Miller dell'American Jewish Congress, il 31 dicembre 1943, agli anglo-americani "non gliene importava un accidente di quanto accadeva agli ebrei".
Infatti, le autorità di Washington e quelle di Londra non avversarono affatto la brutale uccisione di social-comunisti (ebrei e non ebrei), di zingari o di altre minoranze, al contrario, esse stesse fecero in modo che nei lager vi fossero quanti più morti fosse possibile. In alcuni rapporti della Croce Rossa risulta che alcuni campi nazisti erano gestiti umanamente e i prigionieri ricevevano da mangiare a sufficienza. Ma anche in questi campi, a causa dei bombardamenti massicci degli Alleati, che impedivano l’approvvigionamento di viveri e di medicine, morirono migliaia di persone. La Croce Rossa lamentò spesso di essere intralciata nel suo lavoro dai blocchi imposti dagli Alleati. In un Rapporto si legge:
"La situazione caotica in Germania, durante gli ultimi mesi di guerra, quando i campi di concentramento non ricevevano più rifornimento di viveri, provocò un numero sempre crescente di vittime. Il governo tedesco, allarmato da questa situazione, informò infine la Croce Rossa, il 1 febbraio 1945".(10)

Dunque, le persecuzioni e la morte nei lager degli ebrei servivano ad avallare il progetto sionista, indicando al mondo intero il "pericolo Olocausto", che in realtà vedeva le responsabilità degli stessi sionisti e delle autorità dei paesi che avrebbero vinto la guerra.

Oggi alcuni lamentano la presenza di troppi ebrei nelle stanze del potere, ad esempio, il 35% dei funzionari dell'allora presidente Bill Clinton apparteneva al B'nai B'rith (un'associazione ebraica di stampo massonico) sul 3% di ebrei negli Usa. Ma anziché discriminare tutti gli ebrei (anche quelli privi di potere) occorrerebbe chieder conto alle autorità statunitensi. I cittadini dovrebbero riprendere il potere di sovranità riconosciuto loro in ogni democrazia, e se temono che vi sia qualcosa di strano dovrebbero sollevare la questione e chiedere spiegazioni, anziché mettersi contro qualche gruppo e distogliere l'attenzione dal vero gruppo di potere. Indicare un gruppo sgradito e far derivare da esso ogni pericolo è funzionale a mantenere una democrazia di facciata, in cui soltanto gli stegocrati decidono le cose più importanti, e indicano il gruppo che sarà oggetto di discriminazione, che dunque diventerà un capro espiatorio.
Occorre ricordare che il gruppo dominante non impone soltanto un modello economico-finanziario ma anche una realtà in cui le emozioni sono manipolate per essere funzionali al sistema. In altre parole, le autorità fanno in modo che le caratteristiche mediatiche, culturali o sociali prevedano un gruppo (o gruppi) malvisto, quando non discriminato o guardato come "nemico". Il grado di odio indotto è da rapportare all'esigenza dello stesso gruppo stegocratico. Se esso ha organizzato una guerra instillerà odio al massimo grado, mentre si limiterà ad istigare razzismo quando ha soltanto bisogno di un capro espiatorio verso cui indirizzare il malcontento.
Sono dunque gli stessi media, e le stesse autorità occidentali a creare un clima di sospetto verso gli ebrei, e al contempo ad occultare la vera situazione in Palestina, e il genocidio del popolo palestinese, che ancora si sta consumando. Paradossalmente, si invitano gli europei a rispettare i minuti di silenzio per crimini passati, e al contempo a distogliere l'attenzione da quelli che stanno avvenendo oggi.
Il 1° maggio alle ore 10.00 gli israeliani vengono invitati ad osservare alcuni minuti di silenzio per commemorare la Shoàh. Oltre all'obiettivo di focalizzare l'attenzione sui crimini passati per occultare quelli presenti, c'è anche l'intento di tenere viva la perenne minaccia che si può riassumere in poche parole: "stai attento ebreo, perché ti odiano e potrebbe aversi un'altra Shoàh". Questo serve a tenere in scacco gli ebrei, facendo loro credere che gli altri popoli sono potenziali nemici, e soltanto attraverso lo Stato d'Israele possono evitare sofferenza e morte.
Con molti metodi (alcuni inscritti all'interno della loro stessa religione) gli ebrei vengono tenuti lontani dagli altri umani, e viceversa, i non ebrei vengono indotti ad alimentare verso gli ebrei diffidenza, sospetto, e in alcuni casi vero e proprio razzismo. I media che occultano la verità su Israele sono gli stessi che mostrano gli ebrei come "diversi" e divulgano questioni che li fanno apparire tutti come cospiratori, potenziali nemici, o comunque, come quelli che pongono un "problema". Questa prospettiva offerta dal sistema è di vecchia data. Moltissimi autori famosi (del passato e del presente) hanno trattato la "questione ebraica" oppure hanno indicato il gruppo degli ebrei, visto come unico e compatto, come motivato esclusivamente dal denaro o dal potere.
Pensare ad un unico gruppo omogeneo quale presunto "nemico" degli altri popoli significa essere fuorviati dal conoscere la verità sul gruppo reale degli stegocrati, che non appartiene ad una sola religione e pratica un'ideologia inconfessabile, basata sulla guerra e sul crimine. Alcuni ebrei possono essere partecipi attivamente a questi crimini, come del resto anche persone che si professano cristiane o di altre religioni. Dipende dalla scelta degli individui, e non dalla razza, dall'etnia o dalla religione. Gli stegocrati sono esperti nel seminare odio e divisione, e la religione ebraica viene ad oggi utilizzata per creare divisioni ed odio, come, all'occorrenza, possono essere utilizzate per lo stesso scopo anche altre religioni o ideologie. Ogni religione monoteistica professa l'esistenza di un solo Dio, e crea uno stato di privilegio (fino "all'elezione") per coloro che vi aderiscono rispetto a chi non vi appartiene. Questo fomenta un senso di superiorità del gruppo religioso rispetto agli altri, e rappresenta una situazione potenziale di divisione e di ostilità. La devozione con cui alcuni ebrei si dedicano alla loro religione in passato appariva come un pericolo al gruppo stegocratico, che in molti casi ha attuato persecuzioni e massacri. Ma oggi esso utilizza in modo assai più sottile la situazione ebraica, facendo in modo che molte persone (potenziali nemiche del sistema) identifichino negli ebrei il gruppo "nemico", per distoglierli dalla verità, e per offrire una facile identificazione dei responsabili dei crimini contro i popoli. In realtà non c'è nessun popolo "pericoloso". Le persone "pericolose" sono quelle che vorrebbero farcelo credere, distogliendo così l'attenzione su di esse, e seminando odio fra i popoli. E finché i popoli si odieranno, loro continueranno a dominare.

Ad oggi, in molti contesti sociali le minoranze tendono ad essere emarginate. In passato, anche nello stesso ambito cristiano, gruppi come quelli dei Valdesi sono stati emarginati o perseguitati, così come accadeva anche ai cattolici di essere oggetto di emarginazione nei paesi protestanti. In ambiti fortemente nazionalistici, chi fuoriusciva (per qualche caratteristica ideologica, religiosa o comportamentale) dall'appartenenza al gruppo nazionale veniva penalizzato o escluso. Più forte era il nazionalismo e più gli ebrei rischiavano di essere esclusi o emarginati, in quanto percepiti come stranieri.
Il razzismo spesso non è selettivo, e le persone che discriminano l'ebreo possono essere le stesse che esibiscono razzismo verso gli immigrati, oppure discriminano persone del sud rispetto a quelle del nord, i neri rispetto ai bianchi, ecc. Come la xenofobia, anche l'antiebraismo viene alimentato dall'intento di trovare in alcune persone la causa di problemi o di pericoli.

I semiti non sono soltanto gli ebrei, ma i popoli che vissero o vivono nel Medio Oriente e che parlano le lingue semitiche (attualmente, l'arabo e l'ebraico). Il cosiddetto "popolo ebraico" in realtà non costituisce un'unica "razza" poiché gli ebrei possono avere varie caratteristiche somatiche.
Del resto anche il temine “ariano” non può fare riferimento ad un unico compatto gruppo "razziale", ma indica soltanto i bianchi che invasero l’India all'epoca in cui era abitata da popoli di carnagione scura.
Il termine "antisemitismo" si riferisce all'avversione verso i semiti. Ma i semiti sono per oltre il 90% non ebrei e dunque sarebbe più esatto usare il termine "antiebraismo" per indicare l'avversione agli ebrei. Mentre il termine "antisemitismo" potrebbe essere utilizzato per indicare, ad esempio, le persecuzioni cui sono oggetto attualmente gli arabi di Palestina o quelli iracheni.
Gli ebrei non costituiscono un gruppo biologico-genetico compatto poiché nei secoli è stato inevitabile lo scambio genetico. Nei secoli essi hanno acquisito le caratteristiche genetiche dei popoli presso i quali hanno vissuto, e molti si sono convertiti al cristianesimo o hanno sposato cristiani, e molti cristiani possono avere antenati ebrei.
Oggi l'antisemitismo è più forte e violento che mai, ma, al contrario di ciò che i media propagandano, riguarda soprattutto gli arabi (palestinesi e non). I cittadini palestinesi sono costretti a vivere in condizioni da incubo, con il terrore di essere uccisi da un momento all'altro dai soldati israeliani, che nei checkpoint o nei posti di blocco dei territori occupati praticano violenze, terrore e umiliazioni di vario genere contro di essi. Ma anche altri arabi sono oggetto di durissime persecuzioni, basti pensare ai prigionieri in mano alle autorità statunitensi (col pretesto del "terrorismo") e alla pratica della tortura contro arabi o musulmani di molti paesi.(11)
(CONTINUA - PARTE SECONDA)


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