mercoledì

NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA! LA NUOVA DEMOCRAZIA. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa



E' USCITA LA NUOVA EDIZIONE DEL LIBRO DI

ANTONELLA RANDAZZO

LA NUOVA DEMOCRAZIA. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa

EDIZIONI ESPAVO - Pagg. 519



Da quando è stata creata la zona euro, sembra che la potenza imperiale statunitense non abbia più potere sul nostro paese.
I mass media parlano poco degli Usa, e soltanto in alcune occasioni, ad esempio, in occasione dell’elezione del presidente o in casi di terrorismo, di interventi bellici o di visite diplomatiche.
Alcuni media, in particolare la rete Internet, parlano da tempo del presunto declino del potere Usa, e della perdita di valore del dollaro.
Ma è davvero così?
La superpotenza americana è in crisi?
E’ davvero lontana dai luoghi di potere dell’Unione europea?
Qual è la sua vera realtà e il suo potere nel mondo attuale?

L’edizione aggiornata del libro LA NUOVA DEMOCRAZIA fa luce sulla situazione degli Usa, con riferimento al rapporto con l’Europa e il resto del mondo.
Conoscere lo Stato dell’Impero significa capire molti fatti poco comprensibili, in primis i continui allarmi del cosiddetto “mercato”, e il controllo politico-economico che ha determinato l’aumento della povertà anche nei paesi europei.
La conoscenza della situazione degli Stati Uniti rappresenta una chiave necessaria per comprendere i più importanti eventi geopolitici del nostro Pianeta.


Con la sconfitta del nazifascismo, i vincitori ci hanno fatto credere che i peggiori dittatori fossero stati spazzati via dalla Storia.
Ma oggi, con l'apertura di nuovi archivi storici, alla luce di nuovi documenti e di nuove testimonianze, siamo in grado di sostenere che non è così. I crimini sono stati soltanto spostati dall'Europa alle aree del Terzo Mondo, col pretesto di "portare la libertà" ai popoli. In nome della libertà e della democrazia vengono ad oggi attuati innumerevoli crimini e genocidi.
Il titolo "La Nuova Democrazia", riprende la definizione che il dittatore Augusto Pinochet dette alla nuova situazione cilena creatasi dopo il massacro di migliaia di persone e la soppressione del governo eletto democraticamente di Salvator Allende. La Nuova Democrazia è una "democrazia senza popolo". Le "Nuove Democrazie" sono oggi tantissime, attuate e ancora, tragicamente, da attuare. Il mondo di oggi è tutt'altro che liberato da coloro che si arrogano il potere di commettere crimini, nel nome di un'ideologia che trova nel profitto e nel potere il suo unico Dio.

Questa sconcertante realtà ci viene resa incomprensibile dai media, che mostrano immagini raccapriccianti di bambini in fin di vita per la fame e non ci spiegano a cosa tutto ciò è dovuto. Impediscono l'emergere del paradosso di un Occidente che si professa evoluto e scientificamente avanzato, ma che non è capace di salvare molti esseri umani dalla morte per fame.
E' arrivato il momento di mettere tutti i tasselli del puzzle al loro posto, per rendere possibile la totale comprensione della realtà. Per capire cosa è realmente il "terrorismo", cosa sono i "mercati" e che caratteristiche ha quel potere definito "finanza internazionale".
Questo libro è oggi pubblicato senza alcuna censura, e aggiornato fino ai giorni nostri,
per chiarire quali sono gli equilibri geopolitici, e perché in un mondo che esalta i progressi tecnologici si muore per fame ed esistono numerosi focolai di guerra.
Nonostante il libro faccia impietosamente luce sugli orrori di cui alcuni esseri umani sono capaci, le conclusioni non sono pessimistiche. Al contrario, l'idea di fondo è che scovare i crimini sia il primo passo per non renderli impuniti e per realizzare un mondo migliore. Il libro non individua soltanto i crimini del gigante imperiale, ma anche i suoi piedi d'argilla.



INDICE

INTRODUZIONE.....................................................................7

CAPITOLO I - QUANDO IL NEMICO ERA COMUNISTA...21

CAPITOLO II - LA CIA E I SUOI CRIMINI.........................113

CAPITOLO III - RELIGIONE E IMPERO...........................153

CAPITOLO IV - FINZIONE E REALTA' ............................177

CAPITOLO V - UTILI ESTREMISMI E FONDAMENTALISMI..245

CAPITOLO VI - I RIBELLI ALL'IMPERO..........................295

CAPITOLO VII - AMICI E NEMICI DI OGGI...................359

CONCLUSIONI...................................................................463

BIBLIOGRAFIA..................................................................483



INTRODUZIONE

Tutti noi ci siamo chiesti almeno una volta perché al mondo tante persone siano costrette a vivere in condizioni di estrema sofferenza: la fame, la guerra, la miseria e lo sfruttamento riguardano miliardi di persone. Capire e trovare risposte è possibile, ma implica necessariamente il prendere atto che dietro queste sofferenze ci sono dei precisi responsabili. Persone che hanno il potere di imporre al mondo intero un sistema iniquo, in cui il privilegio e l'avidità di pochi corrispondono alla sofferenza e alla condanna di molti.
Nel 1948, George Kennan, un funzionario del Dipartimento di Stato Usa, confessava:
"Possediamo il 50 per cento della ricchezza mondiale, ma solo il 6,3 per cento della sua popolazione. In questa situazione, il nostro vero lavoro nel periodo a venire è di escogitare uno schema di relazioni che ci permetta di mantenere questa posizione di disparità. Per farlo, dobbiamo abbandonare ogni sentimentalismo... dovremmo smetterla di pensare ai diritti umani, all'innalzamento del tenore di vita e alla democratizzazione" (1).
Questa verità viene tenuta nascosta, mentre vengono propagandate presunte motivazioni "etiche" e "umanitarie" della politica americana. Nella propaganda mediatica non contano i fatti ma le percezioni. Come sostiene George Bush junior, la verità non è ma "si costruisce", e "le percezioni contano più dei fatti"(2) . I media spostano l'attenzione per nascondere fatti e responsabilità. Chi indica i fatti diventa "'antiamericano", oppure "antioccidentale" o "antipatriottico". Allontanare i fatti e i responsabili dalla realtà mediatica fa parte del progetto di nascondere la verità sul mondo.
Alla fine della Seconda guerra mondiale il mondo usciva dall'incubo della guerra, con una grande fiducia di poter ricostruire ciò che era stato distrutto e, soprattutto, con la certezza di aver eliminato il "mostro" nazista. Si inneggiava a un mondo migliore, poiché i "cattivi" erano stati sconfitti. In questo contesto gli Usa apparivano come gli eroi vittoriosi che avevano liberato i popoli dal tiranno.
Il nazismo, l'Olocausto e Hitler vennero raccontati come il "male assoluto" , ovvero come dovuti a una forza oscura che misteriosamente si era impossessata di un governo eletto democraticamente, spingendolo a compiere crimini inauditi. Definendo Hitler "mostro", e l'Olocausto "male assoluto" (3), gli eventi nazisti vennero posti al di fuori della Storia stessa, estraniati da altri fatti che appartenevano al tempo storico. Ciò rendeva ancora più inaccettabile il nazismo, inteso come dovuto ad una perversione rinnegata dalla stessa Storia occidentale. Così si impediva la consapevolezza di realtà più ampie e preesistenti, strettamente collegate al nazismo. Si nascondeva che crimini così efferati erano già stati compiuti dagli europei nelle terre coloniali. I nativi americani erano già stati a lungo obiettivo di sterminio; nelle colonie africane e asiatiche gli europei avevano commesso parecchi genocidi, che non figuravano come tali soltanto perché gli indigeni non godevano degli stessi diritti dei coloni, essendo considerati inferiori.
L'idea di dover purificare la "razza" e di dover sterminare un gruppo di persone considerate senza valore o pericolose, apparteneva già alla cultura occidentale. Ad esempio, nel maggio del 1898, il primo ministro inglese Robert Arthur Salisbury, molto attento alla politica coloniale inglese (4), in un suo discorso alla Albert Hall prendeva atto cinicamente che "possiamo sommariamente dividere le nazioni del mondo in quelle che vivono e quelle che stanno morendo". Il modello che Hitler aveva seguito, come lui stesso ammetteva, era quello dello sterminio dei nativi americani. Molti di coloro che massacrarono gli indiani ricevettero medaglie al valore dai presidenti americani. Il Generale Philip Henry Sheridan (1831-1888) sosteneva che "l'unico indiano buono che io conosca è l'indiano morto". Quasi tutti i presidenti americani agirono in perfetto accordo con lui. Negli anni Trenta alcuni scienziati americani trovarono un modo efficace per sopprimere definitivamente le "razze inferiori"(5) attraverso tecniche eugenetiche, che furono legalizzate e applicate in molti Stati. Hitler nutrì una profonda ammirazione per gli studiosi americani, che in quegli anni pubblicarono diversi studi sulla "difesa della razza bianca dalle contaminazioni delle razze inferiori".
Quello che non veniva perdonato a Hitler, secondo lo scrittore Aimé Césaire, era "il fatto che ha applicato in Europa le pratiche coloniali che in precedenza erano state applicate solo agli arabi dell'Algeria, ai coolies dell'India e ai negri dell'Africa" (6). Hitler era stato avulso dalla Storia perché, rendendo la stessa Europa una terra da colonizzare, aveva privato i fatti storici di quelle legittimazioni "morali" che l'Occidente utilizzava per sottomettere e schiavizzare gli altri popoli. In altre parole, le regole e le leggi applicate nel mondo occidentale dovevano continuare ad essere diverse da quelle applicate nelle terre coloniali. Le crudeltà coloniali non dovevano essere considerate alla stessa stregua delle medesime crudeltà commesse in Europa: le crudeltà coloniali erano "legittime" mentre quelle commesse in Europa erano "male assoluto al di là della Storia". Hitler doveva, quindi, essere demonizzato, e considerato assai diversamente da tutti gli altri potenti occidentali. La sua ferocia era "mostruosa" perché diretta contro gli europei. Era un "mostro", nato dal "male" stesso, e non dalla Storia.
Questo serviva anche a nascondere che Hitler non avrebbe mai potuto fare nulla di ciò che ha fatto senza appoggi da parte di quei paesi che ora lo demonizzavano. Come affermò Peter Calvocoressi, Procuratore a Norimberga: "Gli industriali erano il motore dello Stato tedesco. Il vero asse portante della Germania non erano le forze armate, o almeno non solo loro, bensì la potenza industriale e finanziaria. Senza di essa non ci sarebbe stato nessun esercito".
La Seconda guerra mondiale venne spiegata all'interno della dinamica dittatura/democrazia. La fine del fascismo e del nazismo venne festeggiata come il ritorno agli ideali di libertà, democrazia e giustizia. A tutt'oggi molti pensano alla Seconda guerra mondiale come ad un conflitto fra "valori" diversi, come se gli Alleati fossero stati completamente estranei all'ascesa di Hitler e al rafforzamento delle sue mire espansionistiche. Alcuni studi storici (7) ci fanno capire che non è così. Le imprese e le banche occidentali, soprattutto quelle americane, avevano ricavato dalla guerra profitti enormi. Avevano giocato bene le loro carte finanziando l'ascesa di Hitler e la sua preparazione alla guerra. Non era la prima volta, né sarebbe stata l'ultima, che il potere economico e finanziario americano utilizzava un dittatore mostruoso per realizzare i suoi progetti. Alcune grosse imprese Usa (come la Ibm, la Ford Motor Company, la General Motors e la Standard Oil) avevano continuato a produrre per il führer anche durante la guerra, dimostrando palesemente che per loro gli alti profitti contavano più della vita umana. Durante la guerra avevano utilizzato ampiamente lavoratori coatti, che trattavano alla stessa stregua di oggetti senza valore. Un lavoratore anonimo scrisse in una lettera: "L'Ibm è un mostro internazionale... come i nazisti" (8).
La Ford, anche dopo l'entrata in guerra degli Usa, continuò a produrre materiale bellico, che sarebbe stato utilizzato contro gli americani. Le fabbriche americane in Germania non vennero mai bombardate durante la guerra. Le banche e le imprese americane si erano dichiarate "neutrali", e avevano tratto parecchi vantaggi dalla sanguinosa guerra, che avrebbe indebolito gli imperi europei e rafforzato l'impero americano. Oggi quelle stesse imprese e banche sono più forti che mai, e fomentano guerre in diverse parti del mondo, per i medesimi motivi: rafforzare il proprio dominio e avere grossi profitti.
E' legittimo chiedersi se l'imperialismo sia stato davvero sconfitto, come ci hanno fatto credere, oppure se sia stato eliminato soltanto l'imperialismo tedesco di Hitler.
Se per imperialismo intendiamo un sistema politico-militare-economico di una particolare nazione che si pone come superiore a tutte le altre e compie impunemente crimini terribili, allora i fatti storici ci dicono che esso non è mai morto, e che ha continuato a commettere genocidi e a scatenare terribili guerre. La differenza è che, dopo la Seconda guerra mondiale, il crimine e il genocidio sono stati riportati fuori dall'Europa, in quelle terre considerate da saccheggiare e da sfruttare. Terre in cui la vita umana non ha lo stesso valore che viene dato nei paesi ricchi.
Dopo Hitler, divenne chiaro che l'imperialismo produceva crimini terribili, e lo stesso termine venne messo al bando (9). Alla parola infamante di "imperialismo" veniva sostituita, del tutto impropriamente, la parola "democrazia" (10), e per molti anni i crimini imperialisti sono stati mascherati da "lotte per la libertà dei popoli", e per la "democrazia".
Dalla fine della Seconda guerra mondiale, la potenza Usa si prodigò ad accrescere le proprie risorse energetiche e ad impedire ovunque la nascita di un modello alternativo a quello capitalistico occidentale. La scia di guerre, violenze e crudeltà è lunghissima. La dicotomia dittatura/democrazia venne riproposta attraverso il "pericolo rosso", con cui gli Usa legittimarono interventi bellici in molte parti del mondo. Le operazioni di guerra attuate dagli Usa per imporre la propria egemonia sono state almeno 60 dall'ultimo dopoguerra a oggi. Col pretesto di "difendere i popoli dai tiranni", gli Usa hanno devastato molti paesi, che avevano la "colpa" di voler attuare un sistema politico-economico alternativo a quello americano.
Nel secondo dopoguerra venne creata ad hoc una realtà in cui sembrava che i crimini e i soprusi del potere appartenessero al passato. Il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, nella Carta Atlantica (1941), parlò per la prima volta di riscatto dei popoli colonizzati, di libertà e di autodeterminazione. Ma erano soltanto belle parole, che nascondevano l'intento di soppiantare il proprio dominio a quello europeo.
Gli ulteriori sviluppi storici svelano un volto dell'Occidente, e in particolare degli Usa, assai diverso da quello che la propaganda mediatica mostra. Le guerre di ieri contro il nemico "comunista", oppure quelle di oggi contro il nemico "terrorista", hanno nascosto e continuano a nascondere i paradossi del mondo occidentale ad egemonia Usa. Un mondo che professa di possedere istituzioni democratiche che, ad un'analisi approfondita, non rispetta affatto.
I paradossi e le contraddizioni dell'Occidente di oggi, ad egemonia Usa, sono tantissimi. Pensiamo al principio costituzionale dell'uguaglianza dei cittadini, difeso dal XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Tale principio (come i valori di "Giustizia", "Tranquillità" e "Benessere generale"), sostenuto nel Preambolo della Costituzione americana, non è rispettato nella realtà. Esistono precise caratteristiche del sistema economico americano che escludono la possibilità che di fatto vengano tutelati i valori costituzionali. Negli Usa il potere economico è nelle mani di un gruppo assai ristretto di persone. Il potere di stampare la moneta è nelle mani di un gruppo privato di banche, definite Federal Reserve, una denominazione che induce i più a pensare che si tratti di un'istituzione di governo. I cittadini americani pagano una tassa per questo assurdo monopolio privato che assorbe molte delle loro ricchezze.
Un gruppo esiguo di persone, che spesso sono le stesse che posseggono le imprese, possono decidere il destino di molti paesi, attraverso la negazione o l'elargizione di denaro. Ad un sistema economico oligarchico non può che corrispondere un sistema politico con le medesime caratteristiche. I presidenti americani sono tutti appartenenti alla classe ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono, entrambi i candidati, finanziamenti dalle stesse imprese e dalle stesse banche. Il sistema politico americano si basa sulla personalità dei candidati come fosse uno spettacolo, e i media creano i personaggi politici alla stessa stregua delle star di Hollywood. La democrazia è stata ridotta ad un "rito", celebrato per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa. Osserva Michel Chossudovsky: "Nessuna alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della politica economica e sociale dello stato" (11).
Dopo la fine della Guerra Fredda, l'élite economico-finanziaria americana ha acquistato la sicurezza e la ricchezza necessarie per dominare il mondo intero. La fama di aver liberato dalle dittature e di portare "democrazia e libertà" ovunque, permette loro di propagandare la cultura americana come una cultura "moralmente superiore", da diffondere in tutto il mondo. Ma oggi stiamo vivendo in un mondo in cui la propagandistica contrapposizione dittatura/democrazia sta costando troppo a molti popoli. L'élite ricca americana, in particolare negli ultimi due decenni, sta attuando piani di dominio mondiale, e non si tratta di un dominio che possa favorire l'umanità. Il piano di dominio e di distruzione è nascosto da motivazioni difensive e umanitarie. Gli Usa dicono di avere dei nemici "terroristi", ma poi uccidono cinicamente popolazioni inermi; dicono di svolgere "missioni umanitarie", ma poi condannano milioni di persone a morire di fame a causa delle loro politiche economiche, imposte furbamente attraverso istituzioni apparentemente Internazionali (Fmi, Bm, Wto). L'élite Usa non desidera un mondo in cui la ricchezza possa essere maggiormente ridistribuita, e non ama che i popoli possano avere voce in capitolo nelle questioni politiche ed economiche. Ha quindi trovato la formula per istituire un'apparente "democrazia", che nasconde e copre il vero potere.
La stessa parola "democrazia", utilizzata fino all'abuso dai presidenti americani, è stata privata dei contenuti a cui dovrebbe necessariamente essere associata: la sovranità popolare in tutte le questioni che riguardano il popolo stesso, il rispetto dei diritti umani, in primis il diritto all'autodeterminazione.
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di comandare... Allo stesso tempo la Nuova Democrazia rende più semplice per le multinazionali incrementare la loro influenza e per i media 'globali' (vale a dire occidentali) orientare l'opinione pubblica. (In questo modo) avremo dei leader nel paese prescelto che 'vogliono ciò che noi vogliamo'. Per cui non ci sarà bisogno di usare il bastone" (12).
Per "Nuova Democrazia", si intende la "democrazia" esportata dagli Usa. Il mito della Nuova Democrazia è stato espresso dal dittatore Augusto Pinochet, che, dopo il massacro di migliaia di persone e la soppressione del governo eletto democraticamente di Salvator Allende, con queste parole definì la nuova situazione cilena. La Nuova Democrazia è una "democrazia senza popolo". Le "Nuove Democrazie" sono tantissime, attuate e ancora, tragicamente, da attuare. Il libro percorre tutti i momenti significativi del dominio americano dall'ultimo dopoguerra ad oggi. Ne individua i paradossi, le tecniche per imporre il potere e per rafforzarlo, e la propaganda mediatica che ribalta significati e modifica i fatti. Sullo sfondo c'è l'atroce sofferenza dei popoli, costretti a subire miseria, guerra, torture e massacri.
L'opera spiega anche l'ennesima menzogna di indicare nella "globalizzazione" la via per il benessere mondiale. Lunghe divagazioni nelle Università o nei Convegni in materia economica non sono ancora giunte ad una definizione univoca del termine "globalizzazione". E' impossibile definirlo senza scoprire le magagne dietro le quali si nasconde l'Occidente che si professa civile e democratico, senza considerare l'avidità dei paesi ricchi verso quelli poveri, e senza spiegare come i primi abbiano attuato stratagemmi "legali" per imporre un nuovo tipo di colonizzazione, nascosto dalle false politiche di "aiuto e sviluppo".
Secondo l'economista Boris Kagarlitsky, "globalizzazione non significa impotenza dello Stato, ma rigetto da parte dello Stato delle sue funzioni sociali in favore di quelle repressive, quindi la fine delle libertà democratiche" (13).
Il sociologo Ulrich Beck, con riferimento alla parola "globalizzazione", osserva: "Più che una parola si tratta di una nebbia, di una parola-spettro,...Chiamo globalismo la dittatura neoliberista del mercato mondiale, che, in particolare nel Terzo mondo, toglie le basi - comunque precarie - dell'autosviluppo democratico.... intendo per globalizzazione non soltanto la globalizzazione economica, ma anche quella politica, sociale e culturale" (14). La globalizzazione esigerà prima o poi repressione e guerra. Afferma Michel Chossudovsky: "Guerra e globalizzazione non sono questioni separate... All'alba del terzo millennio la guerra e il "mercato libero" avanzano di pari passo" (15).
La globalizzazione è l'imposizione del potere dell'oligarchia ricca al mondo intero. Attraverso i processi di globalizzazione, l'élite delle banche e delle grandi imprese è riuscita ad imporre le proprie regole piegando a sé i governi. Il mondo è stato reso un luogo desolante e misero per la maggior parte della popolazione. Le politiche dell'élite hanno prodotto disoccupazione, costretto milioni di persone a lavorare con salari bassissimi, hanno eliminato le politiche sociali a favore dei più deboli, e hanno tolto il reale potere dalle mani dei rappresentanti del popolo. Ponendo il profitto al di sopra di ogni cosa, hanno fomentato nuove guerre e nuovi genocidi. Gli Usa oggi si pongono al di sopra di ogni legge, e considerano la Dichiarazione dei Diritti dell'uomo del 1948 una "letterina a babbo natale", come disse l'ambasciatore di Reagan, Jeane Kirkpatrick, riferendosi in particolare all'articolo 25, che parla dei diritti economici dell'uomo.
Le banche le imprese si arricchiscono con le crisi economiche e con le guerre. Le crisi sono create dalle stesse banche, tagliando i crediti ed esigendo pagamenti. Le guerre sono un'ineguagliabile fonte di profitti per le banche e le imprese, in quanto permettono di accrescere il debito dei paesi e di esportare grandi quantitativi di armi.
Il mondo di oggi è dominato dal potere dell'oligarchia Usa, un potere avido e basato sulla menzogna. Come osserva crudamente Gore Vidal: "I loro cuori sono chiaramente altrove, a far quattrini, lontano dai nostri finti templi romani, dove, ahimè, ci rimangono solo le loro teste, che sognano la guerra, preferibilmente contro paesi deboli e periferici" (16).
Oggi molti studiosi sostengono che la condizione degli Usa dovrebbe preoccupare il mondo intero. Ad esempio, scrive la studiosa americana Carolyn Baker:

"Se vogliamo confrontarci con le tormentate verità della storia americana, che siano relative all'11/9 od al genocidio dei nativi americani compiuto dagli europei americani nel 17° secolo, od a qualsiasi delle atrocità perpetrate dal governo USA delle quali ho riferito, siamo obbligati a confrontarci con la nostra falsa credenza, profondamente indelebile, distintamente amerocentrica che America la bella sia anche l'"America pura come la neve", o l'”America oltre il basso comportamento delle nazioni 'minori'”.
Tutto nella nostra cultura e la nostra educazione instillano in noi un senso di specialità riempito di arroganza ed automoralità in relazione al resto del mondo. Le “altre” nazioni sono corrotte, guardiamo con soddisfazione, indicando alcuni moralmente degradati dittatori latino-americani. Le “altre” nazioni uccidono e torturano i loro cittadini senza riguardo per il valore della vita umana - ma non in America. Noi usiamo la frase, “teoria della cospirazione”, quasi come sinonimo di “schizofrenia” per descrivere (e calunniare) teorie che sentiamo troppo insopportabili per crederci. Forse qualche altro governo in qualche terra lontana, guidato da tiranni con nomi dal suono strano trafficano in droga e riciclano i profitti attraverso le loro borse valori. In qualche altra nazione, non vi è la supremazia della legge, ed il governo permette che i suoi cittadini vengano massacrati in un istante per fabbricare e continuare una guerra per guadagni monetari e politici o per riaccumulare risorse naturali in rapida diminuzione" (17).

La politica neoliberale, imposta dalla fine degli anni '70, ha raggiunto oggi livelli di devastazione incredibili in moltissimi paesi. Il Fmi, la Bm e il Wto vengono spacciati come organizzazioni che lottano per i "paesi in via di sviluppo". Ma i paesi poveri non sono affatto "in via di sviluppo" perché il loro possibile sviluppo viene soffocato sul nascere dai paesi ricchi, proprio attraverso queste organizzazioni. Dei 143 paesi membri del Wto, soltanto i ventuno più ricchi possono porre linee di condotta. E il Fmi decide univocamente le politiche economiche da imporre ai paesi poveri. Lo storico Mark Curtis, presente a Doha al vertice del Wto del 2001, dichiarò:

"(La) Crescita economica (è) una trama emergente di minacce e intimidazioni nei confronti dei paesi poveri. E' stato veramente scandaloso, i paesi ricchi sfruttavano il loro potere per appoggiare sfacciatamente gli interessi del grosso business. L'argomento delle corporazioni multinazionali quali causa di povertà non era proprio all'ordine del giorno; era come una conferenza sulla malaria in cui non si discute neanche della zanzara" (18).

Il "The Guardian", del 6 novembre 2001, raccontò di un delegato africano intimorito e soggiogato dal potere dei paesi ricchi: "Se esprimo giudizi troppo severi il mio ministro riceverà una telefonata dagli Stati Uniti. Gli diranno che sto creando problemi agli Stati Uniti. Il mio governo non chiederà nemmeno 'cosa ho detto?'. Il giorno dopo si limiteranno a mandarmi un biglietto... così non parlo, per paura di far arrabbiare il padrone".
Barry Coates, del World Development Movement, disse: "Le nazioni ricche stanno ancora negoziando in primo luogo negli interessi delle loro maggiori multinazionali. E stanno ancora sbattendo le nazioni povere fuori dal processo negoziale. Gli osservatori del mercato più cinici dicono che questo è il modo in cui i negoziati sul commercio sono sempre stati portati avanti."(19)
Mentre la disuguaglianza tra ricchi e poveri cresce come non mai, il potere capitalistico mondiale celebra il progresso economico in Cina, in India o in Brasile. Con la misurazione del Pil di ogni paese non viene data la stima degli stipendi medi dei lavoratori, della percentuale di persone sotto la soglia di povertà, o del livello di disoccupazione; così viene propagandato un mondo diverso da quello che è realmente, e si festeggiano "progressi" anche laddove la gente si sta impoverendo o lavora in condizione semischiavistica.
Le lotte dei movimenti sociali, le denunce delle associazioni umanitarie, e le proteste dei popoli indigeni, sembrano agli Usa soltanto piccoli fastidi. La Cia chiama "vampa di ritorno", o "effetti collaterali" gli effetti non attesi delle politiche Usa. Oggi questa "vampa di ritorno" è devastante, riguarda ognuno di noi, e non può essere più ignorata.
Il mondo del lavoro, il benessere della gente comune, il futuro dei bambini, la protezione delle diverse culture, la tutela dei diritti dei più deboli, ecc. sono stati barattati con altri "valori". Osserva William Blum:

"La macchina della politica estera americana è stata alimentata non da una devozione a qualsivoglia tipo di moralità, ma piuttosto dalla necessità di servire altri imperativi, che possono essere riassunti qui di seguito:
1) rendere il mondo sicuro per le multinazionali americane;
2) abbellire i rendiconti finanziari degli imprenditori della difesa a casa che hanno contribuito generosamente nei confronti di membri del congresso;
3) impedire il sorgere di qualsiasi società che possa fare da esempio riuscito di un modello alternativo a quello capitalista;
4) estendere l'egemonia politica ed economica su di un'area la più ampia possibile, come si addice ad una "grande potenza".
Tutto questo in nome di combattere una supposta crociata morale contro ciò che freddi guerrieri si sono convinti essere, e hanno convinto il popolo americano, l'esistenza di una malvagia Cospirazione Comunista Internazionale, che in realtà non è mai esistita, malvagia o no" (20).

Oggi il mondo è nelle mani di circa 200 principali imprese Multinazionali e Transnazionali, che detengono la quasi totalità della ricchezza. Per queste imprese conta soltanto il profitto, e tutto è merce: il cibo, la salute, la cultura, l'acqua, l'educazione e persino la vita. Mentre la popolazione mondiale si impoverisce e milioni di persone vivono in gravi situazioni dovute alla disoccupazione, allo scarso reddito, o alla fame, le Corporation festeggiano successi economici mai visti prima. Le fusioni, le concentrazioni e le ristrutturazioni permettono loro di aumentare i profitti. Le imprese e le banche hanno un potere assoluto, e decidono le loro politiche economiche nel totale cinismo, e all'oscuro dei lavoratori. Oggi si possono compiere genocidi senza costruire campi di sterminio, basta privare milioni di persone del necessario per la sopravvivenza, oppure impedire l'accesso ai farmaci. Come spiega Susan George: "La scandalosa proibizione della fabbricazione e della distribuzione dei farmaci generici (contro l'Aids, la malaria, la tubercolosi ecc.) con il pretesto che si tratti di sostanze brevettate dalle transnazionali farmaceutiche non è altro che un contributo al genocidio e conferma agli occhi del mondo la dottrina che pone il commercio, la proprietà e il profitto al di sopra di ogni cosa, compresa la vita umana" (21).
Il modello neoliberale, ormai imposto come l'unico possibile, ha devastato il mondo intero. Oggi la povertà colpisce quasi l'80% degli abitanti del pianeta, e getta il mondo intero in balìa di un'insicurezza che riguarda ogni paese, e che non ha precedenti.
I movimenti sociali denunciano crimini e ingiustizie in molti paesi del mondo. Spesso chi denuncia i crimini e lotta contro la globalizzazione viene etichettato come "terrorista" o "antiamericano", e accusato di perseguire una sorta di "teoria del complotto" contro il potere libero e democratico degli Usa. In questo modo si offuscano pericolosamente gli intenti di difesa dei diritti umani, e si cerca di criminalizzare chi denuncia il crimine e non chi lo fa. La potente propaganda mediatica è assai efficace, e noi stessi possiamo trovarci, senza volerlo, ad etichettare chi fuoriesce dai suoi contenuti.
Il potere Usa spera in un mondo in cui i poveri accettino passivamente di farsi sfruttare, senza lottare e senza reagire. Sogna un mondo in cui le masse rimangano passive verso i crimini e le ingiustizie, sorrette dalla fede religiosa, che dona una speranza ultraterrena, l'unica loro concessa. Negli ultimi venti anni le classi povere americane hanno subito gravi tagli nei fondi per l'assistenza, e le loro condizioni sono gravemente peggiorate. Tuttavia, il Corporate Welfare (22), che comprende sovvenzioni e tagli fiscali alle imprese, è stato rafforzato. Le imprese e le banche sono diventate molto più ricche mentre i cittadini comuni continuano ad impoverirsi.
Quando i media occidentali si occupano di povertà, di solito trattano casi particolari, senza fare riferimenti precisi alla vere cause del problema e ai suoi responsabili. I paesi poveri appaiono in televisione come vittime della loro stessa sfortuna, di catastrofi naturali; oppure la povertà viene attribuita all'esistenza di lunghi conflitti interni. Non si spiegano mai le vere motivazioni delle guerre, né chi le finanzi. I media fanno in modo che nessuno si chieda perché mai, se i paesi poveri sono stati saccheggiati dall'Occidente, oggi abbiano debiti e non crediti. Non siamo abituati a pensare che ci siano precise responsabilità dietro la povertà, le guerre e la fame nel mondo.
Questo libro tratta i crimini della povertà e della guerra facendo precisi riferimenti, e senza occultare responsabilità né efferate crudeltà, che ancora oggi vengono commesse, talvolta dagli stessi paesi che le denunciano.
Gli Usa sono diventati il gendarme del mondo intero, con licenza di uccidere e torturare chiunque, in nome di presunte motivazioni "etiche".
Il concetto di "interventismo democratico" o di "imperialismo etico", che tende a legittimare la guerra, è stato elaborato negli anni '30 da Max Von Baden, futuro cancelliere del Reich. Diceva Von Baden: "Se vuol resistere alle tempeste della democrazia e alla sua rivendicazione di un miglioramento del mondo, l'imperialismo tedesco deve darsi un fondamento etico. Ora possiamo tranquillamente scrivere sulle nostre bandiere: Il diritto è con noi" (23). Egli era convinto che con le guerre si potesse migliorare eticamente il mondo. La sua convinzione era sorretta dalla sicurezza che la cultura e il popolo tedesco fossero decisamente superiori a qualsiasi altra cultura e altro popolo.
Oggi i presidenti americani sostengono che il popolo americano è superiore a qualsiasi altro, e che la cultura americana ha una missione da compiere nel mondo, una missione "etica", che deve essere portata a termine con qualsiasi mezzo.
La motivazione principale della guerra al "terrorismo globale", deriva dalla convinzione espressa dal consigliere di Madeleine Albright, Thomas Friedman: "Washington sa che, senza la sua egemonia militare, l'America non può costringere il mondo a finanziare il suo deficit di risparmio, condizione essenziale per il mantenimento artificiale della propria posizione economica" (24).
Il mezzo per mantenere l'egemonia Usa è dunque l'uso della forza; una forza sorretta dall'idea che si è sempre e comunque nel giusto. I crimini americani sono sempre stati commessi impunemente, e continuano ad insanguinare il mondo.


NOTE

1) Cit. in Pilger John, "Agende nascoste", Fandango libri, Roma 2003, p. 54.
2) Molinari Maurizio, "A Fallujah vittoria mediatica del Pentagono. pianificato l'impatto della battaglia sull'opinione pubblica", "La Stampa", 6 giugno 2005.
3) Il termine venne utilizzato da Winston Churchill, che così definiva Hitler in alcuni documenti del periodo della Seconda guerra mondiale, che oggi si trovano alla National Archives di Kew.
4) Egli fu primo ministro nel 1885; nel periodo 1886-1892; e nel periodo 1895-1902). Salisbury rese possibile l'annessione della Birmania nel 1885, e la conquista del Transvaal e dell'Orange nel 1899-1901.
5) Hitler dichiarò di aver tratto lezione dal libro di Henry Ford L'ebreo internazionale, un problema mondiale, pubblicato in Germania nel 1921, in cui Ford sosteneva che gli ebrei erano molto pericolosi.
6) Aimé Césaire, "Discorso sul colonialismo", Lilith, Roma 1999, p. 12.
7) Sutton Antony C., "Wall Street and the Rise of Hitler, Press", Seal Beach (California) 1976, e "Wall Street and Franklin Delano Roosvelt", Arlington House, New York 1975. Vedi anche Sanguinetti Oscar, "Le fonti finanziarie del comunismo e del nazionalsocialismo", Cristianità, anno I, 1985 pp. 39-52.
8) Minoli Giovanni, "La Storia siamo noi", Rai3, 1 febbraio 2006.
9) Furedi Frank, nel suo libro "The New Ideology of Imperialism", Pluto, Londra, 2004, osserva che "Le pretese morali dell'imperialismo non venivano quasi mai messe in discussione in occidente. L'imperialismo, espansione globale dei poteri occidentali, veniva dipinto in termini schiettamente positivi". Ma quando si capì che il nazismo non era altro che imperialismo, il termine acquisì caratteristiche funeste e non venne più utilizzato. Oggi i processi di globalizzazione possono essere definiti come "espansione globale dei poteri occidentali", ma vengono sempre denominati in modo da apparire come favorevoli a tutti i popoli, mentre di fatto avvantaggiano soltanto il potere occidentale, e sono sicuramente imperialistici.
10) Spesso lo stesso Hitler nei suoi discorsi utilizzava alla stessa stregua di "nazismo" la parola "democrazia".
11) Chossudovsky Michel, "Globalizzazione della povertà e nuovo ordine mondiale", Ega Editore, Torino 2003, p. 347.
12) Cit. Pilger John, "Agende nascoste", op. cit., p. 64.
13) Cit. Pilger John, "I nuovi padroni del mondo", Fandango Libri, Roma 2002, p. 12.
14) Beck Ulrich, "Libertà o capitalismo", Carocci, Roma 2001.
15) Chossudovsky Michel, "Globalizzazione della povertà e nuovo ordine mondiale", Ega Editore, Torino 2003, p. 26.
16) Vidal Gore, "Le menzogne dell'impero", Fazi editore, Roma 2002.
17) Baker Carolyn, "Non è mai accaduto", http://www.psicopolis.com/PSIPOL/segnalaz.htm
18) Cit. Pilger John, "I nuovi padroni del mondo", op. cit., p. 116-117.
19) Da SchNews, n. 332, del 23 novembre 2001.
20) Blum William, "Una breve storia degli interventi degli Stati Uniti, dal 1945 al presente", http://emperors-clothes.com/interviews/dekkers.htm
21) George Susan, "Fermiamo il WTO", Feltrinelli, Milano 2002, p. 78.
22) Il sistema del Corporate Welfare permette ad imprese private di poter gratuitamente sfruttare le risorse naturali del paese. A questo proposito vedi Stigliz Joseph E., "I ruggenti anni Novanta. Lo scandalo della finanza e il futuro dell'economia", Einaudi, Torino 2003.
23) "Il manifesto", 28 luglio 1998.
24) Cit. Samir Amin, "La Strategia del pugno invisibile", "Il manifesto", 29 aprile 1999.
Vedi anche "Times", 28 marzo 1999.


ALCUNI ARGOMENTI TRATTATI NEL LIBRO:
- Assetto geostrategico successivo alla Seconda guerra mondiale.
- Cos'è davvero il "terrorismo".
- In cosa consiste il potere finanziario e come viene utilizzato contro i popoli.
- Chi sono i BRICS e quali sono i loro obiettivi.
- Caratteristiche economiche, finanziarie e politiche dell'Occidente ad egemonia Usa.
- Caratteristiche, scopo e obiettivi dei media di massa.
- Significato del fondamentalismo religioso.
- Metodi di guerra psicologica.
- Significato della Guerra fredda.
- Cause della povertà nel Terzo mondo.
- Obiettivi e ideologia delle autorità statunitensi.
- Crimini dei servizi segreti occidentali.
- Chi era davvero bin Laden e chi ha creato la rete terroristica detta al Qaeda.
- Vero significato dell'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 e di altri attentati terroristici.
- La Russia e gli equilibri geopolitici dei giorni nostri.



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giovedì

RIVOLUZIONI E GUERRE. La verità sui conflitti del XX secolo



Antonella Randazzo

RIVOLUZIONI E GUERRE
La verità sui conflitti del XX secolo


Non si può capire appieno il presente se non si conosce il passato. Gli equilibri e le egemonie di oggi dipendono dai conflitti del XX secolo. Questo libro offre una nuova chiave di lettura delle guerre rivoluzionarie e controrivoluzionarie, scoppiate in moltissimi paesi durante lo scorso secolo. In seguito all’analisi dei documenti resi accessibili a partire dagli anni Novanta, sono emersi nuovi fatti assai chiarificanti.
Nella vecchia storiografia le guerre appaiono per alcuni aspetti imprevedibili, e dovute a intenti egemonici o al tentativo, da parte del popolo, di realizzare un sistema più equo. Oggi sono stati portati alla luce altri elementi, che svelano nuovi aspetti delle guerre "rivoluzionarie" o "controrivoluzionarie", e ci permettono di cogliere le molteplici motivazioni che hanno spinto ad attuarle, e gli effetti scaturiti.
Questo libro risponde a domande a cui la vecchia storiografia non ha mai risposto:
Perché le ideologie social-comuniste, diffuse già a partire dal XIX secolo, non portarono alla nascita di un sistema favorevole al popolo? Quali furono i veri motivi delle due guerre mondiali? Se si doveva combattere contro i tiranni, perché fu dichiarata guerra soltanto alla Germania nonostante anche l'Urss avesse aggredito la Polonia? Perché i cittadini americani di origine italiana subirono arresti e persecuzioni ancor prima che l’Italia entrasse in guerra?
Cosa ebbero in comune i peronisti e i castristi che in alcuni casi lottarono insieme?
In questo libro, che si basa su documenti ufficiali e su testimonianze dei protagonisti, emergono le vere cause delle guerre, e i fatti salienti che consentono di comprenderle in maniera approfondita.
L’opera analizza in maniera approfondita gli eventi bellici più importanti avvenuti nel secolo scorso, anche quelli mai trattati nei libri di scuola, come le guerre coloniali e le rivoluzioni dell’America Latina.
Le guerre del XX secolo, nella loro verità, svelano una storia mai raccontata di crimini e di lucida crudeltà, che fa crollare molte certezze, ma che permette di capire la realtà di molti fatti apparentemente incomprensibili.
Questo è un libro sulla guerra che si propone di rendere possibile la pace. Infatti, soltanto comprendendo le possibilità inscritte nel cambiamento personale e sociale si può far emergere che la vera rivoluzione deve ancora esser fatta: chi inneggia alla violenza come modo per produrre cambiamenti ripropone quello che da secoli è stato fatto, ma non appieno compreso. Oggi il mondo è pronto per un’altra chance: capire la guerra per rendere possibile la pace. Chi sostiene che la guerra è inevitabile, o ripropone l’uso della violenza, non ha ancora capito cos’è davvero la guerra.




INDICE


INTRODUZIONE...................................................................5

CAPITOLO I - CAUSE DELLE RIVOLUZIONI
E CONTROLLO DEI POPOLI …...................................…....13

CAPITOLO II - LE RIVOLUZIONI INGANNEVOLI.........34
Par. I - La rivoluzione in Cina
Par. II - L'ideologia nazifascista

CAPITOLO III – RIVOLUZIONI E CONTRORIVOLUZIONI
IN AMERICA LATINA .....................................…...............79
Par. I - Cuba
Par. II - Haiti
Par. III - Nicaragua
Par. IV - Guatemala
Par. V - El Salvador
Par. VI - Cile
Par. VII - Argentina

CAPITOLO IV – LE RIVOLUZIONI ANTICOLONIALI .134
Par. I - Rivoluzioni anticoloniali in Asia
Par. II - Vietnam
Par. III - Cambogia e Laos
Par. IV - Indonesia
Par. V - Timor Est
Par. VI - Rivoluzioni anticoloniali in Africa
Par. VII - Congo
Par. VIII - Ghana
Par. IX - Tanzania e Burkina Faso
Par. X - Angola
Par. XI - Algeria
Par. XII - Le Rivoluzioni anticoloniali dei popoli Islamici
Par. XIII - La Nakba Araba
Par. XIV - Iraq
Par. XV - Siria, Libano e Iran

CAPITOLO V – LE CONTRORIVOLUZIONI DELLE BANCHE
E DELLE IMPRESE NEL PRIMO MONDO.....................228
Par. I - La Prima guerra mondiale
Par. II - Il primo dopoguerra
Par. III - La guerra di Spagna
Par. IV - La Seconda guerra mondiale
Par. V - Il secondo dopoguerra
Par. VI - La guerra in Jugoslavia
Par. VII – I Veterani

BIBLIOGRAFIA.................................................................349




INTRODUZIONE


Questo libro racconta le guerre dello scorso secolo come nessuno le ha mai raccontate, considerando aspetti che sono stati tenuti nascosti, per non svelare responsabilità e crimini di chi le ha volute e organizzate.
Raccontare la verità sulle guerre, smascherando le mistificazioni, consente di capire gran parte della realtà di oggi, privandola delle gravi alterazioni che l'élite egemone ha interesse a creare per proteggere il suo potere.
Dire tutta la verità sui fatti storici significa anche distruggere molti luoghi comuni, e scoprire che spesso la realtà non è così lineare, semplice o evidente come i testi scolastici ci hanno insegnato. Nella vecchia storiografia, le guerre appaiono per alcuni aspetti imprevedibili, e dovute a intenti egemonici o al tentativo, da parte del popolo, di realizzare un sistema più equo. Oggi sono stati portati alla luce diversi elementi, che svelano nuovi aspetti delle guerre "rivoluzionarie" o "controrivoluzionarie", e ci permettono di cogliere le molteplici motivazioni che hanno spinto ad attuarle, e gli effetti, in gran parte previsti e voluti da chi le ha pianificate. In questo libro, che si basa su documenti ufficiali e su testimonianze dei protagonisti, emergono le vere cause delle guerre, e i fatti salienti che consentono di comprenderle in maniera approfondita.
La vecchia storiografia, oltre a non considerare adeguatamente i documenti emersi a partire dagli anni Novanta, non collegava opportunamente alle scelte militari alcuni fatti di natura politica, economica e finanziaria, privando importanti eventi della loro vera causa. All'interno di una prospettiva ampia, che tiene conto di tutti i fattori in gioco (finanziari, economici, politici, egemonici, ecc.), anche fatti incomprensibili acquistano il loro significato. Ad esempio, perché fu dichiarata guerra soltanto alla Germania nonostante anche l'Urss avesse aggredito la Polonia? Oppure, cosa ebbero in comune i peronisti e i castristi che in alcuni casi lottarono insieme? E ancora, perché i cittadini americani di origine italiana subirono arresti e persecuzioni ancor prima che l’Italia entrasse in guerra? Questo libro risponde a queste e a molte altre domande su enigmi rimasti senza risposta, chiarendo fatti mai raccontati dalla Storia ufficiale.
Il termine “rivoluzione” indica una serie di eventi straordinari, che causano cambiamenti radicali nell’ordine politico-sociale. Ciò può avvenire per effetto di nuove conoscenze, per l’emergere di una nuova sensibilità culturale o politica, oppure attraverso un atto violento precedentemente organizzato. Se la rivoluzione ha successo, produce cambiamenti anche di ordine giuridico ed economico.
L'etimologia della parola, che deriva dal latino "revolutio", "revolvere" o "rivolgere", indica il "volgere nuovamente", ovvero, un cambiamento di direzione. La rivoluzione non è dunque originariamente intesa come guerra, anche se la Storia moderna e contemporanea ha visto numerose rivoluzioni cruente. Ciò ha impedito, come questo libro spiega, reali modifiche nell'assetto politico-economico. La vera rivoluzione non è, dunque, armata, e le rivoluzioni armate servono ad impedire le vere rivoluzioni, fiaccando gli entusiasmi popolari e rendendo materialmente impossibile ogni vero cambiamento.
Secondo Persio Tincani, occorre distinguere la rivoluzione dal “colpo di Stato”, che consiste “nella presa del potere da parte di un gruppo attraverso un’azione militare”, mentre la rivoluzione è “un processo che conduce al sovvertimento traumatico dell’ordine politico attraverso una massiccia partecipazione popolare”.(1)
La differenza è che il colpo di Stato viene attuato all’interno delle stesse autorità statali, mentre la rivoluzione richiede l’operato del popolo, che è “esterno” al potere statale. Le rivoluzioni sarebbero dunque attuate dai popoli, tuttavia, i popoli, nella maggior parte dei casi, non hanno tratto alcun vantaggio da guerre considerate rivoluzionarie.
Dall’analisi delle rivoluzioni, a partire dalla Rivoluzione francese fino alle rivoluzioni social-comuniste, osserviamo che, a parte alcune eccezioni, il risultato è stato l’instaurarsi di un nuovo assetto elitario. Se durante queste rivoluzioni c’è stata la sollevazione popolare e la lotta contro il sistema precedente, cosa è avvenuto “dopo”? La partecipazione popolare poteva garantire di per sé risultati favorevoli al popolo?
Osserva lo studioso Herbert Hart: “Benché implichi sempre la violazione di alcune delle norme dell’ordinamento esistente, (la rivoluzione) può portare soltanto la sostituzione giuridicamente non autorizzata di un nuovo gruppo di individui al governo, e non una nuova costituzione o un nuovo ordinamento giuridico”.(2) In altre parole, anche se c’è l’intenzione popolare al cambiamento, esso non è garantito dalla guerra rivoluzionaria.
Questo libro prende in analisi le cause delle rivoluzioni armate, chiarendo i motivi che hanno convinto i popoli a lottare, e in che modo l'élite dominante ha reagito alle speranze di rinnovamento delle classi popolari.
Il libro distingue le rivoluzioni “ideologiche” o “ingannevoli” dalle rivoluzioni anticoloniali. Le “rivoluzioni ingannevoli” o “ideologiche” sono quelle che, pur partendo da ideologie apparentemente favorevoli alle classi popolari, non sono andate a vantaggio dei popoli che le hanno fatte. In queste rivoluzioni, le masse sono state attivate da motivazioni e promesse che non saranno affatto rispettate dal gruppo che salirà al potere.
Le ideologie che indussero i popoli alla guerra rivoluzionaria nacquero in seguito all’Illuminismo. A partire dal Settecento, i popoli diventarono sempre meno propensi ad accettare le ideologie (sangue blu, potere divino, ecc.) che giustificavano l’iniquo potere di un gruppo di persone. Nell’Europa dell’Ottocento si diffusero le idee social-comuniste, che convinsero sempre più i popoli della possibilità di poter cambiare la realtà a proprio favore, per eliminare lo strapotere delle classi alte. In realtà, numerosi documenti provano che alcune ideologie a favore delle classi deboli furono elaborate e utilizzate dall'élite ricca per ingannare e istituire un sistema di potere soltanto in apparenza diverso da quello precedente.
L'ideologia marxista creava odio fra le classi, e divisione sociale, per scatenare la guerra, che avrebbe avvantaggiato l'élite. Quest'ultima, esperta nel preparare e condurre guerre, in Russia e in Cina, utilizzerà la rivoluzione per imporre una dittatura.
Il successo del marxismo fra le classi povere era dovuto alle condizioni di miseria e di frustrazione delle masse europee, che videro in questa ideologia la possibilità di realizzare un futuro migliore. In seguito all’industrializzazione, si era formato un gruppo compatto di persone sfruttate e costrette a vivere in miseria (operai). Il marxismo puntò a contrapporre tale classe a quella degli sfruttatori, sostenendo la necessità storica della guerra rivoluzionaria. Molti operai non si interessarono granché allo studio approfondito del sistema elaborato da Marx, essendo attratti soprattutto dal messaggio di cambiamento, che dava loro speranza di essere liberati dall’oppressione e dallo sfruttamento.
Molti proletari europei, a partire dalla fine del Settecento, organizzarono sollevazioni e proteste contro il sistema iniquo. Nell’Ottocento tali lotte furono estese e organizzate in molti paesi, e subirono sanguinosissime repressioni ovunque. Le classi povere lottavano per ottenere risultati concreti: un salario più alto, orario di lavoro ridotto, situazioni lavorative più umane ecc., e le teorizzazioni filosofiche relative al “materialismo storico” oppure “dialettico”, non interessavano loro granché.
Le rivoluzioni “comuniste”, come quella sovietica e cinese, furono organizzate e dirette da persone che servivano l’oligarchia, e che da essa ricevevano finanziamenti.

Prima della diffusione dei sistemi social-comunisti, il popolo veniva di solito coinvolto emotivamente nelle guerre attraverso i simboli della Patria, della Nazione, e facendo leva sul concetto di dover difendere la libertà dallo straniero. Tutti gli inni nazionali pongono l’accento sul prendere le armi contro il nemico che vuole togliere la libertà: “All’armi cittadini, formate i battaglioni, marciate… si armano contro di noi… quei despoti sanguinari… Sacro amore per la Patria, guida, sostieni le nostre braccia vendicatrici. Libertà, cara libertà”.(3) Gli inni delle nazioni sono incitazioni alla guerra. Col formarsi delle masse diseredate tali argomenti risultarono secondari rispetto all’esigenza di combattere la miseria e non morire di fame. Occorrevano dunque altri argomenti, altre ideologie che presentassero le guerre come favorevoli agli interessi delle classi povere, e come decisive per cambiare la realtà di sfruttamento e miseria.
Il pericolo che le ideologie social-comuniste nascondessero un inganno è stato sostenuto da tutti i teorici di questi sistemi, Marx compreso. Alcuni teorici, come Pierre-Joseph Proudhon, notarono che anche dopo le rivoluzioni si insediavano governi a difesa del vecchio sistema:

"Se il popolo, a ogni rivoluzione, seguendo le ispirazioni del suo cuore, ha creduto di correggere i vizi del suo governo, è stato invece tradito dalle sue stesse idee: credendo di ripristinare il potere a suo favore, in realtà se lo è ritrovato sempre contro; invece che a un protettore, esso si è consegnato a un tiranno".(4)

A partire dall'Ottocento, i popoli iniziarono ad alimentare sentimenti assai negativi contro i sovrani o le autorità che prima avevano ammirato e invidiato, e coglievano la cattiveria e il dispotismo di un'oligarchia che li disprezzava ed era disposta ad uccidere per rimanere al potere. Il gruppo dominante doveva ormai nascondersi per poter continuare ad esercitare il suo potere totalitario e opprimente. Le autorità, siano esse religiose o secolari, si indebolirono notevolmente lungo il secolo XIX, e nel secolo XX avranno bisogno di mascherare il loro potere dietro governi fantocci, e parlamenti apparentemente eletti dal popolo. Nel corso del XX secolo, il gruppo egemone riuscirà ad acquisire nuovo potere grazie alla strumentalizzazione delle nuove ideologie, oppure scatenando sanguinosissime guerre controrivoluzionarie.
Nel XIX e XX secolo, moltissimi proletari europei furono attratti dal movimento anarchico. Tale movimento è da sempre trattato dai media come un tabù terribile. La stessa parola “anarchia” è stata gravata dei significati più nefasti, ancor più che il termine “comunismo”. Gli anarchici venivano descritti come sovvertitori dell’ordine, ribelli alle leggi, estremisti, violenti e pericolosi per il quieto vivere. Varie importanti personalità del movimento anarchico, come Bakunin, pur dotate di carisma, non diventarono mai delle icone popolari, come sarebbe accaduto a personaggi come Garibaldi o Che Guevara. La censura e la criminalizzazione contro di loro era massiccia, e proveniva in molti casi persino dalle stesse formazioni social-comuniste.
L’anarchismo, storicamente, appare come la vera ideologia del popolo e per il popolo. Non propugna necessariamente una lotta armata, ma fa sempre emergere un nuovo modo di intendere i rapporti politici e sociali. Un modo decisamente rivoluzionario, ma non bellico. Gli anarchici ritengono assai nefasto ogni rapporto di dominio, perché distrugge la libertà, la crescita e la vita stessa. Essi non accettavano la lotta teorizzata da Marx, in quanto essa risultava come una sostituzione di un sistema di potere con un altro. Se il potere rimane nelle mani di pochi, sarà istituito uno Stato repressivo, che continuerà a saccheggiare le ricchezze pubbliche e a proteggere se stesso anche con la guerra.
Il comunismo e l’anarchismo, tuttavia, non furono antitetici. Nella misura in cui il primo rinunciava allo statalismo e alla dittatura, poteva essere del tutto conciliato col secondo. Infatti, gli anarchici ritenevano che la distribuzione equa delle ricchezze fosse un requisito fondamentale per evitare che un determinato gruppo acquisisse talmente potere da dominare sugli altri.
Il comunismo, inteso come sistema di redistribuzione equa delle ricchezze, risulta essere, agli occhi di molti anarchici, il sistema economico ideale per una società libera e capace di autodeterminarsi. Gli anarchici non erano affatto contrari alle forme di organizzazione liberamente scelte dal popolo, ciò che avversavano era lo Stato come manifestazione del potere di un gruppo di persone che si trova a possedere la maggior parte delle risorse economiche e finanziarie. Tale gruppo non ha alcun interesse a che il popolo sia libero di scegliere ciò che vuole, poiché il loro potere e la loro ricchezza non avrebbero alcuna realtà senza la sottomissione e lo sfruttamento del popolo. Quindi, il gruppo egemone è sempre un gruppo di potere, e agisce sempre a favore del proprio interesse e per preservare il potere. Il militarismo e l’esercizio della forza appaiono agli anarchici come del tutto negativi. Scrive Errico Malatesta:

"Il terrore è sempre stato strumento di tirannia. In Francia servì alla bieca tirannia di Robespierre e spianò la via a Napoleone ed alla susseguente reazione. In Russia ha perseguitato ed ucciso anarchici e socialisti, ha massacrato operai e contadini ribelli, ed ha stroncato insomma lo slancio di una rivoluzione che poteva davvero aprire alla civiltà un’era novella. Il terrore… piuttosto che servire a difendere la rivoluzione serve a screditarla, a renderla odiosa alle masse e, dopo un periodo di lotte feroci… si arriva sempre alla costituzione di un governo forte, il quale assicura agli uni la pace a spese della libertà e agli altri il dominio senza troppi pericoli".(5)

Durante il XX secolo, il socialismo fu uno strumento per generare larghi consensi. Persino le formazioni nazifasciste lo utilizzarono per convincere le masse di avere a cuore i diritti dei lavoratori. Mussolini, Hitler e altri dittatori, utilizzarono termini e concetti tipici delle rivendicazioni socialiste. Ad esempio, “plutocrazia”, “potere ai lavoratori” o “cambiamenti rivoluzionari”. Il nazifascismo è stato l’esempio più evidente della strumentalizzazione delle idee socialiste per instaurare un regime occultamente dominato dall’élite. Nella logica paradossale della difesa ad oltranza del vecchio sistema, le controrivoluzioni diventarono rivoluzioni. Mussolini era convinto di realizzare una rivoluzione, che chiamava “rivoluzione fascista”. E anche il bolscevismo fece altrettanto, chiamando una guerra che avrebbe insediato un nuovo sistema tirannico, "rivoluzione comunista".
Rivoluzioni sono state anche quelle dei tanti patrioti africani e asiatici, che combatterono contro l’asservimento coloniale. Molte guerre rivoluzionarie hanno insanguinato l’America Latina: con innumerevoli colpi di Stato militari furono massacrate milioni di persone.
I rivoluzionari anticoloniali, anche quando erano disposti a percorrere vie pacifiche e civili, si trovarono all'interno di una spirale di persecuzioni, arresti, torture e morte. Furono accomunati da questa sorte molti politici del Terzo Mondo, che avevano come unico obiettivo il benessere del loro popolo, come Patrice Lumumba, Thomas Sankara, Achmed Sukarno, Salvator Allende e Aung San.
Le guerre controrivoluzionarie sono le guerre organizzate e dirette dall’élite dominante per piegare il popolo e indebolirlo politicamente ed economicamente. Questo libro spiega come le guerre controrivoluzionarie sono servite a rafforzare privilegi e potere. Anche le due guerre mondiali firono guerre controrivoluzionarie, come le più recenti documentazioni, che questo libro analizza, fanno emergere.
Per molti anni, le due guerre mondiali sono state raccontate in modo ingannevole, per insabbiare responsabilità e per mantenere la propaganda favorevole ai vincitori. Le due guerre mondiali sono state descritte all'interno della retorica della "difesa della libertà" o della lotta per i valori democratici, ma in realtà esse furono progettate anni prima dalle Imprese e dalle banche, per impedire cambiamenti in ordine alle idee social-comuniste e anarchiche e per accrescere il potere oligarchico.
Questo libro svela numerosi retroscena che permettono di capire il vero senso che le due guerre mondiali hanno avuto, e le vere motivazioni che le hanno provocate, facendo emergere fatti che nessun libro scolastico racconta.
L’oligarchia che progettò le due guerre mondiali, ebbe, grazie ai conflitti, vantaggi enormi, cambiando profondamente la società e acquisendo un potere che in precedenza non aveva. Dopo le guerre, la situazione cambiò a tal punto che l'élite poteva imporre il sistema elettorale partitico, attraverso cui tenere sotto controllo tutte le formazioni politiche. Come osservava Carlo Pisacane, “Finché la società verrà composta da molti che lavorano e da pochi che dissipano, e nelle mani di questi pochi sarà il governo, il popolo deriso col nome di libero e di sovrano, i molti non saranno che i vilissimi schiavi”.(6)
Le rivoluzioni e le controrivoluzioni del XX secolo, dunque, nella loro verità, svelano una storia mai raccontata di crimini e di lucida crudeltà, per impedire ai popoli l'autodeterminazione e la libertà, e affinché pochi gruppi si dividessero le ricchezze e il potere. Comprendendo in profondità cosa sono davvero le guerre è possibile confutare l’idea che esse siano fenomeni inevitabili.


NOTE

1) Tincani Persio (a cura di), "Viva la rivoluzione! Come dire no al potere. Da Robespierre a Che Guevara", Edizioni BUR, Milano 2006, p. 8.
2) Hart Herbert, "Il concetto di diritto", Einaudi, Torino 1965, p. 71.
3) La Marsigliese di J. Rouget de l’Isle, in Tincani Persio, op. cit. p. 185.
4) Proudhon Pierre-Joseph, "Critica della proprietà e dello Stato", Elèuthera, Milano 2001.
5) Malatesta Errico, "Il buon senso della rivoluzione", Elèuthera, Milano 1999.
6) Pisacane Carlo, "Saggio sulla rivoluzione", Einaudi, Torino 1944.


ALCUNI ARGOMENTI TRATTATI NEL LIBRO:
- Quali sono le ideologie che hanno motivato le guerre.
- Chi sono i gruppi che ricavano vantaggi dalle guerre.
- Caratteristiche storiche, economiche, finanziarie dello scorso secolo.
- Cosa sono il colonialismo e il neocolonialismo.
- Ruolo degli Istituti internazionali nel provocare le guerre.
- Significato delle “rivoluzioni” e delle “controrivoluzioni”.
- Significato delle lotte anticoloniali in Africa, Asia e Sudamerica.
- Eventi rimasti sconosciuti della Seconda guerra mondiale.
- Rivendicazioni dei popoli islamici.
- Cos’è la Nakba Araba.
- Situazione in Medio Oriente.
- Cos’è accaduto negli anni Novanta nei territori della ex Jugoslavia.
- Patologie psichiche prodotte dalla guerra.
- La situazione dei paesi trattati è aggiornata fino ai nostri giorni.

Antonella Randazzo si è laureata in Filosofia all’Università di Pavia, città nella quale ha insegnato. Si occupa da tempo di Storia Moderna e Contemporanea, Scienze dell’Educazione e Diritti Umani.
Ha vinto il Premio Ibiskos con il saggio "Se il futuro è nero. L'Africa che nessuno racconta", in cui analizza le caratteristiche più significative del colonialismo e del neocolonialismo, nel tentativo di trarre una maggiore comprensione dei problemi dell'Africa di oggi. Nel 2006 ha scritto il libro "Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943" (Kaos Edizioni), e nel 2009 ha pubblicato la ristampa del volume "Dittature. La Storia Occultata" (Espavo). Ha pubblicato anche "Il travagliato Travaglio. Lo strano caso di un informatore disinformato", "Pirati & Mafiosi. La vera Storia del crimine organizzato" e "Dissimulazioni Massoniche" (Espavo 2010).
Da alcuni anni si occupa anche di giornalismo d'inchiesta, con particolare riferimento alle violazioni dei diritti umani, e cura la pubblicazione del periodico NUOVA ENERGIA http://antonellarandazzo.blogspot.com/2010/01/campagna-abbonamenti-2010.html.


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